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 2017  luglio 04 Martedì calendario

«Atene in mano alla Cina», ora Merkel lancia l’allarme

MILANO L’asse privilegiato tra Grecia e Cina – cementato dagli aiuti e dagli investimenti di Pechino ad Atene nell’era dell’austerity – finisce nel mirino dell’Europa. E a lanciare l’allarme, a testimonianza della preoccupazione con cui Bruxelles guarda alle mosse di Xi Jinping sotto il Partenone, è Angela Merkel in persona. «Sono preoccupata della dipendenza di Atene dalla Cina – ha detto in un’intervista a un settimanale tedesco -. La Ue deve lavorare per proteggere le proprie aree di influenza e soprattutto deve parlare a Pechino come un blocco unico». Il premier ellenico Alexis Tsipras – è il timore della Cancelliera – rischia di essere una voce fuori dal coro perché «la forza economica del Paese asiatico può mettere sotto pressione i partner più fragili dell’Unione».
La frittata, nel caso della Grecia, è già stata fatta. Negli ultimi sette anni l’Europa ha obbligato Atene a varare una serie di manovre fiscali lacrime e sangue che hanno bruciato il 27% del Pil nazionale, costringendo il governo a lanciare un aggressivo piano di privatizzazioni di cui – a dire il vero – hanno beneficiato anche i tedeschi, mettendo le mani su aeroporti regionali e porto di Salonicco. Il “soft power” cinese ha fiutato l’opportunità. E ha aperto una breccia sul fronte meridionale europeo, facendo della capitale ellenica il baricentro mediterraneo del progetto multimiliardario per la nuova via della seta.
I soldi – come capita sempre – hanno cementato l’alleanza. Cosco, il primo operatore marittimo cinese, ha comprato il 51% del Pireo, che sotto la sua guida ha moltiplicato per quattro il traffico merci. Pechino ha rastrellato titoli di Stato ellenici negli anni più duri della crisi e le sue banche hanno aperto 4,1 miliardi di linee di credito agli armatori del Partenone. State Grid, il gigante pubblico dell’elettricità orientale, ha rilevato il 24% della rete elettrica ellenica mentre la Ppc, l’Enel locale, ha affidato alla China Machinery la costruzione di una nuova centrale a carbone nel nord del Paese. Un matrimonio d’interesse destinato a durare, visto che Tsipras e Xi Jinping hanno appena firmato un accordo di sviluppo per i prossimi tre anni che prevede «miliardi di investimenti in telecomunicazioni, infrastrutture ed energia».
Le buone relazioni, oltretutto, pagano. La prova? Il veto con cui Atene ha bloccato all’Onu nei giorni scorsi la mozione della Ue che chiedeva alla Cina il rispetto dei diritti umani. Mossa applaudita dagli alleati di Pechino («apprezziamo chi non strumentalizza temi delicati come questi», ha detto il ministero degli Esteri) e che ha fatto scattare l’allarme a Bruxelles, dove Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron stanno preparando uno scudo per proteggere le aziende strategiche del Vecchio continente dagli appetiti dei colossi – spesso pubblici – di Pechino.
Il rischio è che le barricate vengano alzate quando ormai è troppo tardi. La Grecia non è stata negli ultimi anni l’unica beneficiaria di aiuti e investimenti dalla Cina: Xi Jinping ha dato una mano anche a Ungheria, Polonia e Slovacchia, che non a caso sono state determinanti a bloccare i durissimi comunicati preparati da Bruxelles dopo la condanna di Pechino in una disputa territoriale con le Filippine al Tribunale dell’Aja.
Il sogno della nuova via della seta, del resto, è unire con un’unica infrastruttura il Pireo con l’Europa centrale per inondare il Vecchio continente di merci cinesi. E molti tasselli di questo disegno, con buona pace di Berlino e Parigi, sono già andati a posto.