la Repubblica, 4 luglio 2017
Da Versailles la rivoluzione di Macron. «È tempo di cambiare la Francia»
PARIGI Ridurre il numero dei parlamentari per migliorare il processo legislativo. Eliminare la Corte di giustizia affinché i ministri rispondano dei propri atti. Combattere il terrorismo ma revoca dello stato d’emergenza. E poi riforma del diritto d’asilo, il rilancio dell’Europa, l’impegno per l’ambiente e soprattutto per la pace. All’insegna di tre principi fondamentali, «Efficacia, rappresentatività e responsabilità» da affiancare ai classici valori repubblicani di libertà, uguaglianza e fratellanza. Sono solo alcuni dei tanti temi toccati nel lungo discorso che il neo-presidente francese Emmanuel Macron ha pronunciato ieri pomeriggio a Versailles davanti alle due camere riunite in Congresso.
Il presidente è apparso in un’aula alle 15 in punto, dopo aver attraversato, serissimo, la galleria dei busti della celebre reggia fatta costruire da Luigi XIV nel 1683. Un luogo simbolo di fasto e assolutismo che pur non essendo stato scelto appositamente – è la sede storica dell’Assemblea – è certo l’ennesimo “set” suggestivo dell’immaginario macroniano, dopo la Piramide del Louvre sotto cui celebrò la vittoria e gli Champs Elysées attraversati su un’auto militare il giorno dell’insediamento.Quella di tracciare ieri la road map della presidenza davanti al Congresso è stata d’altronde una novità assoluta, visto che la prerogativa di permettere al presidente di parlare a camere riunite (introdotta nel 2008) è stata usata finora solo in casi d’emergenza da Sarkozy e da Hollande. Una scelta che ha fatto storcere il naso a molti e che ha spinto i deputati de La France Insoumise, i comunisti, qualche socialista e qualche repubblicano a disertare l’appuntamento. Ai critici Macron ha risposto in maniera dura: «È preoccupante quando rappresentanti del popolo si sottraggano alle regole della Costituzione che li ha fatti eleggere».
«Voglio parlare del mandato che il popolo mi ha conferito, delle istituzioni che voglio cambiare, dei principi di azione che voglio seguire…». Il neopresidente esordisce così, al termine del minuto di silenzio che l’aula dedica a Simone Veil, l’ex presidente del Parlamento europeo morta venerdì. «I francesi hanno mostrato insofferenza verso un mondo politico troppo litigioso o ambizioso. Ci chiedono di percorrere una strada radicalmente nuova». Una strada che lui mostra di avere ben chiara e che conferma molte delle sue promesse. Innanzitutto le riforme elettorali: «Ridurre di un terzo il numero di parlamentari nelle assemblee costituzionali» e «la modifica del modo in cui vengono eletti, introducendo una dose di proporzionale». Promettendo «azione» ed «efficienza» a tutti i livelli perché «un parlamento meno numeroso ma rafforzato negli strumenti è un parlamento dove il lavoro è più fluido». Tempi più efficaci, ma non culto della velocità: solo, «la capacità di rispondere alle esigenze». E un’invocazione costante a tutti: «Senso di realtà». Ammettendo che se su certe misure non si trovasse accordo entro un anno, potrebbe ricorrere «allo strumento del referendum». Non entra nel merito della riforma del lavoro, ma invita tutti a partecipare alla costruzione della nuova società. Parla di poveri, di aspirazioni sociali della necessità di rilanciare «una vera politica dell’inclusione». E poi di lotta al terrorismo, annunciando che lo stato di emergenza si concluderà in autunno ma nel frattempo si vareranno nuove misure. In tutto questo bisogna rilanciare un’Europa che «ha perso la bussola per colpa del dilagare della burocrazia. Capisco lo scetticismo di molti: ha bisogno di una nuova generazione di leader». La Francia, pensa ancora il suo presidente, può diventare un punto di riferimento in materia di politiche ambientali: «difenderemo il Pianeta dal surriscaldamento globale». E ribadisce l’impegno per la pace nel mondo, annunciando di volersi occupare subito di Ucraina e Siria, non senza una stoccata al presidente americano Donald Trump: «Ribadiamo la nostra fedeltà ai nostri alleati».
Il discorso che nelle sue dichiarate intenzioni verrà ripetuto ogni anno, sul modello “Stato dell’Unione” americano, termina con quella che suona quasi come un’invocazione: «Dobbiamo essere all’altezza delle speranze dei francesi di cui siamo i servitori. Dobbiamo compiere una vera rivoluzione». C’est ne que en debut, come quel vecchio slogan del 1968.