Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  luglio 04 Martedì calendario

Pd, decreto banche a rischio: 700 emendamenti

Matteo Renzi prova a raffreddare i bollenti spiriti dei dem, spostando l’attenzione dalle formule ai contenuti. Su Twitter il leader pd elenca i numeri dei suoi «#millegiorni» al governo e li paragona all’ipotetica cifra di quanti si appassionano al tema dei rapporti a sinistra. «Oggi 350 persone parlano di alleanze, coalizioni, legge elettorale – annota Renzi su Facebook, polemizzando indirettamente con Bersani e Pisapia, Prodi e Franceschini, Orlando e Cuperlo —. Nel frattempo in 350 mila ottengono l’Ape social, 350 mila 18enni scaricano il Bonus cultura e addirittura 3,5 milioni di persone con le pensioni minime vedono arrivare la quattordicesima...». L’obiettivo è far risaltare il contrasto fra «la politica delle chiacchiere, dei salotti, delle ideologie e la politica dei risultati».
Rinfrancato dai numeri non esplosivi della sinistra, sabato in piazza Santi Apostoli, Renzi spera che giovedì in direzione gli oppositori interni abbasseranno i toni. «L’insuccesso della piazza e la monopolizzazione culturale di Mdp rispetto a Pisapia mettono fuori gioco chi chiede la coalizione», è la lettura di Ettore Rosato, che non sembra temere dichiarazioni di guerra da parte di orlandiani o franceschiniani. Ma chi si augura un confronto indolore potrebbe restare deluso, visto il nuovo ed esplosivo fronte di scontro aperto da Michele Emiliano sul decreto che riguarda le banche venete. 
Con una lettera a Palazzo Chigi il governatore della Puglia lo definisce «invotabile» e chiede di stopparlo: «Tradisce i risparmiatori e comporta per lo Stato un onere spaventoso». Oltre a Renzi e Gentiloni l’attacco è a Padoan, contro le cui politiche si batte il braccio destro del governatore, Francesco Boccia. Ma i contrasti all’interno del Pd non sono il solo rischio per il decreto: sono 700 gli emendamenti al testo all’esame della Commissione Finanze della Camera. La maggior parte, 450, viene dal M5S. Oggi si decidono quelli ammissibili, il voto inizia domani con l’obiettivo di mandare il testo in Aula lunedì 10.
Visto il quadro generale complesso, il Nazareno spera di far slittare il dibattito sulle alleanze a settembre, quando si tornerà a parlare di legge elettorale. Al bivio tra proporzionale e maggioritario – sono convinti i renziani – anche i più recalcitranti dovranno rendersi conto che l’unica soluzione del rebus sarà votare con i sistemi usciti dalla Consulta. «Una cosa saggia l’ha detta D’Alema», commentano malvolentieri al Nazareno. E cioè che «se Mdp avrà successo alle elezioni sarà possibile riaprire un discorso con il Pd».
Per quanto Renzi provi a schivare le formule, le risse continuano. Andrea Orlando a Radio anch’io risponde a Speranza («decida tra il Pd e Pisapia) e nega di voler lasciare il Pd. Per il ministro chi deve decidersi sono Pisapia e Bersani: «Se vogliono un campo di centrosinistra largo mettano da parte i veti, se invece vogliono fare una ridotta contro Renzi...». Orlando, che gioca da pontiere, sprona il Nazareno a lavorare a una legge maggioritaria e a costruire «un clima diverso» con Pisapia e Bersani.
A far litigare i dem è ancora la provocazione di Orlando, di un referendum su larghe intese con Berlusconi. Il ministro definisce «strana l’irritazione di Renzi» e sospetta che non tutti i nodi siano sciolti. Sul tema assai irritato col Pd è anche Bersani: «Per non fare il governo con Berlusconi ho rinunciato a Palazzo Chigi».