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 2017  luglio 04 Martedì calendario

E ora arriva la Brexit della pesca

La confusione, le insidie politiche e le difficoltà economiche provocate dalla decisione di lasciare l’Unione europea – nonché lo stallo del negoziato avviato con i Ventisette – non devono essere sembrati un problema abbastanza grande a Theresa May e ai suoi. Il governo britannico ha deciso di imbarcarsi in un’altra trattativa biennale, quella mirata all’uscita dalla Convenzione firmata nel 1964 per disciplinare e garantire l’accesso alle acque territoriali dei pescherecci di dieci Paesi, Italia compresa. «Vogliamo riprendere il pieno controllo della nostra attività in mare», hanno annunciato a Londra, scatenando l’immediata reazione degli alleati comunitari, a partire da Paesi Bassi, Spagna e Francia.
È una partita non ricchissima, vale 17 milioni di sterline di business ittico l’anno su un fatturato complessivo da 775 milioni, e può diventare un affare dimezzato qualora dovessero partire le ritorsioni, se qualcuno decidesse di impedire alle seimila navi da pesca di Sua Maestà di spingersi oltre le acque internazionali. Fa niente, devono aver ragionato a Londra, tutti presi da una sorta di «Britain First» che pare un gesto di debolezza, un modo per tenere alto il consenso della base euroscettica e nazionalista. Ovvero, l’ennesima ricetta che tonifica forse gli spiriti scissionisti, ma complica lo scenario, soprattutto economico.
I dati statistici dicono che il clima sta cambiando oltre la Manica. La scorsa settimana è arrivato il dato della crescita nel primo quarto del 2017 (+0,2% trimestre su trimestre), il peggior risultato dell’Unione europea. Allo stesso tempo, la propensione al risparmio delle famiglie è crollata all’1,7%, confermando uno tendenza che si manifesta da oltre un anno. In sostanza, il Paese è fermo e i cittadini britannici hanno sempre meno soldi da mettere da parte. Con prospettive che non annunciano un miglioramento delle circostanze.
Nel caos negoziale e congiunturale c’è chi pensa a smontare un accordo di 53 anni fa e chi si sta convincendo che la Brexit non succederà mai. Nessuno spiega come e forse nessuno lo sa. Eppure l’aria che tira è che alla fine l’eurodivorzio non avverrà, perlomeno non come ce lo saremmo aspettati un anno fa. La gestione minima di umori e trattative è sintomo di crescente nervosismo, di un clima in cui inseguire oggi piccole soluzioni che si realizzeranno magari fra due anni serve solo a tappare le falle di una nave, quella della Brexit, che tiene il mare ogni giorno peggio.
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