Corriere della Sera, 4 luglio 2017
L’arte del cronista Zavoli davanti alle lacrime di Eddy Merckx
Mentre è appena iniziato il Tour de France (un tour che, per come è stato disegnato, assomiglia molto al Giro), Rai Storia ha trasmesso domenica un frammento fondamentale della storia del ciclismo, ma più ancora della storia della tv italiana (ore 19,30). In «Diario di un cronista», abbiamo potuto rivedere il pianto di Eddy Merckx, trovato positivo dopo la tappa Parma-Savona del 1969, ma soprattutto abbiamo rivisto all’opera una grande cronista.
Quando la mattina del 2 giugno viene annunciata la positività anche alle controanalisi dell’antidoping, Sergio Zavoli piazza il suo microfono davanti a Merckx, piagnucolante in una camera d’albergo di Albisola. La domanda fa rabbrividire chi ascolta: «Signor Merckx, lei ha sempre sostenuto di non essersi mai sottoposto a doping. Cosa può dirci ora che è stata riconfermata la sua positività anche alle controanalisi?».
Altri tempi. Le squadre al Giro si chiamavano Molteni, Salvarani, Sanson, Scic, Filotex, Max Meyer (erano tempi in cui gli industriali italiani si appassionavano al ciclismo) e i corridori famosi erano Gimondi, Zilioli, Dancelli, Bitossi, Altig. Le squadre e gli uomini li avevamo scoperti grazie al «Processo alla tappa», uno dei 10 programmi più importanti dell’ormai lungo cammino della Rai. Erano commenti del dopocorsa, un modo diverso di raccontare le fatiche dei ciclisti, carpendo le emozioni più nascoste ad atleti sfigurati dalla fatica, poco avvezzi alle luci della ribalta.
Zavoli era formidabile nel cavar loro le parole, senza mai mettersi in sussiego o mettere loro a disagio. Per Merckx, Zavoli convoca in studio Bruno Raschi, Giampaolo Ormezzano, Gianni Brera e, in collegamento, Indro Montanelli e Enzo Biagi. Tutti se la prendono con Indro che sul Corriere aveva difeso il belga a spada tratta. Gli altri, quelli al seguito, sapevano cosa circolava in gruppo? Dalle risposte che danno a Zavoli parrebbe proprio di sì.