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 2017  luglio 01 Sabato calendario

L’eterna Balena Bianca del pallone, come funziona il modello Germania

Benjamin Henrichs ha 20 anni e, all’inverso rispetto ai fratelli Boateng, ha padre tedesco e madre del Ghana. Dopo la sgambata d’esordio in nazionale maggiore contro San Marino, ha giocato altre due volte per Löw, l’ultima due giorni fa contro il Messico, nella semifinale di Confederations Cup dominata dai bianchi. Dei quattordici scesi in campo a Sochi, sette avrebbero potuto giocare per età la finale dell’Europeo U21, vinta ieri dalla Germania sulla Spagna con un gol di Mitchell Weiser.
Allo stesso tempo, quattro degli undici titolari andati in campo a Cracovia hanno già avuto frequentazioni con la nazionale maggiore. Il più assiduo di loro, Max Meyer, ha 7 presenze con la Mannschaft e già 122 in Bundesliga. Lo batte comunque il capitano dell’U21 Max Arnold, classe 1994, 126 volte in campo col Wolfsburg. Tre storie esemplari e utili a illustrare un concetto molto evocato sui giornali tedeschi: sostanzialmente, la nazionale maggiore e l’U21 tedesca impegnate nei due contemporanei tornei internazionali, per età, qualità, esperienza internazionale, potenza di fuoco sono di fatto intercambiabili. Löw e Kuntz non hanno dovuto litigarsi i talenti, la Federazione non ha dovuto chiedere a uno dei due di sacrificarsi, non ha pregato nessuno. Risultato: due finali, la prima dell’U21, contro la Spagna. L’altra domani, Germania-Cile, per la Confederations Cup.
La Grande Balena Bianca sta sguazzando nel mare del calcio degli anni Dieci promuovendo se stessa come modello su molti piani. Innanzitutto, quello del reclutamento. Dopo l’ormai datato fallimento sportivo (e solo sportivo) del Mondiale di casa del 2006, anzi già dal 2002-2003, la Dfb ha messo in piedi il cosiddetto Talentförderprogramm, “programma di raccolta (o per meglio dire, convogliamento) di talenti”. Impressiona, a questo proposito, la mappa della Germania, visibile sul sito della Dfb, punteggiata di verde: sono i 366 Stützpunkte, le scuole calcio federali, nelle quali vengono impegnati 1.300 allenatori di base. Non ci sono Länd più svantaggiati di altri, la diffusione è geometrica e capillare. In queste accademie, anche grazie alla legge sulla cittadinanza introdotta dal governo Schröder nel 2002, abbondano i figli di immigrati, soprattutto turchi e polacchi, “germanizzati” grazie al principio, introdotto allora, dello Ius soli. Il collegamento con i club è diretto e coordinato da 29 mediatori. E non si dimentichi che in Germania molti club, come in Spagna, hanno una sorta di squadra B, collocata non più in alto della Regionalliga, che è più di un campionato Primavera, meno di un campionato professionistico. Nella lega regionale della Baviera appena il 15 per cento dei calciatori non è eleggibile per la nazionale tedesca. Nel campionato Primavera italiano, gli stranieri arrivano al 20 per cento. Nella Premier League Two (U23) si arriva al 40 per cento di non inglesi. Numeri che ovviamente non aiutano la nazionale.
Torniamo a Heinrichs: dall’età di sette anni ha sempre e solo indossato la maglia rossonera del Bayer Leverkusen. Arnold non si è mai mosso da Wolfsburg. Mayer da sempre è fedele alla maglia dello Schalke: il prossimo anno avrà come allenatore Domenico Toscano, classe 1985, baby-fenomeno alla Nagelsmann della panchina, origini italiane, meticoloso sperimentatore.
Nelle accademie almeno inizialmente non ci sono ruoli prefissati. Fino ai 14 anni tutti fanno tutto, dal portiere alla punta. La specializzazione arriva in seguito ed è a totale discrezione dei tecnici. I baby-calciatori possono anche proseguire gli studi: in tutta la Germania i club stipulano delle convenzioni con le Eliteschulen des Fussballs.
Le migliaia di ragazzi che non sfonderanno nel mondo del calcio, avranno un avvenire assicurato. La struttura tiene perfettamente, anche grazie al miliardo di euro in diritti televisivi piovuto in modo estremamente democratico sui club di Bundesliga, con percentuali strette nella forchetta, rispetto al totale, compresa tra il 7% (Bayern) e il 4% (Darmstadt).
Di certo, non si può dire che la Bundesliga sia un campionato equilibrato. Il potere economico del Bayern, la cui rosa da sola valeva nell’ultima stagione un quinto dell’intero valore totale delle rose delle 18 squadre, non è arginabile, se non episodicamente. Ma a livelli di nazionali, nessuno può competere con i numeri della Germania. Che può vincere o arrivarci vicino. Ma, come si dice, è sempre là.