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 2017  luglio 01 Sabato calendario

Prima Mustariya, etiope. Ecco la hit «anti Forbes» dei più poveri al mondo

QUESTA non è una vanity fair, ma una fiera dell’umanità. Dimenticata, martoriata, umiliata. Però sempre viva, colma di speranza, nonostante le difficoltà che la vita ha riservato a queste persone. Fund of Peace, una ong americana fondata nel 1957, ha lanciato giorni fa online una classifica “anti-Forbes”. E cioè i “Bottom 100”, cento poveri della Terra, nemesi dell’annuale top 100 della celebre rivista dei ricchi. Con un obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica sulla disumana e spesso invisibile disperazione nel mondo provocata da guerre e ingiustizie.
Perché qui non ci sono Jeff Bezos, Bill Gates o Warren Buffett. Al loro posto, la 13enne Stephanie del Congo, il giovane Zaher del Pakistan, l’anziana Binda del Nepal, la sfortunata Mary del Sud Sudan, la disgraziata Josephine del Burundi. Non li conosce nessuno. Ed è proprio per questo, secondo Fund of Peace, che dobbiamo guardare e ricordare questi dimenticati della Terra. «È troppo facile pensare ai miliardi di poveri in astratto», spiega il direttore esecutivo della ong, J.J. Messner, «speriamo che gettando luce su un piccolissimo numero riusciremo a dare un volto alle sofferenze e alle diseguaglianze che schiacciano tante persone».In realtà, la top 100 di Fund of Peace, non è neanche una vera classifica. I cento prescelti ruotano nelle posizioni a ogni clic della pagina www.bottomhundred. org. Qui non c’è una gara di ricchezza. Sono tutti uguali e ognuno offre il proprio volto per mostrare la disperazione e la speranza del mondo. Mustariya Jamal Adam, per esempio, ha 22 anni, è etiope. Sino a oggi non ha visto altro posto se non il campo profughi di Kakuma, in Kenya, dove è nata. Sogna di fare la modella. Ma prima l’università.
Perché molte di queste persone chiedono solo di studiare, poi si vedrà. Come Stephanie, 13 anni, del Congo, nata tra i rifugiati in Tanzania, poi il Burundi e alla fine, in uno spietato destino, ancora in un campo profughi dove studia in una classe con altri 80 ragazzini. Vorrebbe fare il medico per aiutare la sua gente.
Ziarmal, invece, insegnava inglese in una piccola scuola dell’Afghanistan rurale. Poi un giorno sono arrivati i Taliban e gli hanno detto di smettere. Ma Ziarmal no, non ha ceduto agli estremisti. Ed è dovuto scappare al confine, dove si trova tuttora con alcuni vestiti e il passaporto.
Rukia, invece, è una donna somala. Sedici anni fa a Kismayo una milizia gli uccise i genitori nel sonno. Nel 2013 anche suo marito. È fuggita con i suoi due figli e ora vive da sfollata con un dollaro al giorno lavando vestiti dei ricchi. Patrick è dell’Uganda, uno dei Paesi più omofobi del mondo. È una transgender e per questo nella sua nazione “merita” la pena di morte. È scappata a Nairobi, ma è stata perseguitata anche lì. Si è rifugiata in un campo profughi per continuare a vivere. Sotto ogni protagonista, il sito ha un pulsante dove si può inserire il proprio reddito e capire quanto ricchi siamo noi occidentali: con 20mila euro all’anno, secondo il portale, si è nel 10% dei più abbienti del mondo. Ci sono miliardi di persone, insomma, che stanno molto peggio. L’avessimo dimenticato.