la Repubblica, 1 luglio 2017
L’amaca
C’è un neonazista eletto in Consiglio comunale a Monza. Tanto per la chiarezza: fa parte della maggioranza vittoriosa, quella che appoggia il sindaco di centrodestra. È un riverito capo degli ultras locali. Magari è un’amabile persona e uno squisito conversatore, ma non è questo il punto. Il punto è che questo, da tempo, non è più un paese antifascista (ammesso che lo sia mai stato) e forse è arrivato il momento di fare due conti con il fenomeno, e valutare se il reato di “apologia del fascismo” non sia una di quelle insegne che è meglio riverniciare oppure riporre nel retrobottega: così com’è, è esposta al dileggio dei passanti e agli sputi dei camerati.
Monza è tutt’altro che un caso isolato: da Roma al Veneto, dalla Lombardia alla Sicilia, è un pullulare di mani tese, saluti al Duce, compleanni di Hitler. A conferma che la domanda è fortissima, l’offerta è sempre più varia e sofisticata: CasaPound, Forza Nuova, Lealtà e Azione (speriamo poca azione), più una miriade di sigle e siglette. E tutti sotto le fronde ospitali del vecchio radicato neofascismo parlamentare (dal Msi a Fratelli d’Italia), in splendida forma. La destra, quanto a larghezza di vedute, non ha i problemi della sinistra. Un nazista? Embè?