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 2017  luglio 03 Lunedì calendario

Il mio romanzo oggi è più vero come fiction. Intervista a Margaret Atwood

Faccio anch’io un piccolo cameo: la scena dove le nuove ancelle subiscono il lavaggio del cervello, rinunciano alla loro identità e scoprono l’orrore dei loro doveri. La più ribelle è messa alla gogna al centro di un cerchio, insultata dalle compagne. Ebbene: anche se l’autrice di quella scena sono io, anche se quelle donne erano attrici e anche se presto avremmo fatto una pausa caffè, ero a disagio, avevo paura. Recitavamo, certo: ma quante volte è già successo? E soprattutto: può succedere ancora?». Era il 1985 quando Margaret Atwood, la scrittrice canadese che oggi ha settantasette anni, scrisse il racconto dell’ancella: dove immaginava il vertiginoso calo delle nascite a causa dell’inquinamento e l’America trasformata in una teocrazia populista, le donne ridotte a mero strumento riproduttivo. Dopo l’elezione di Donald Trump quel libro – appena ripubblicato in Italia da Ponte alle Grazie – è tornato a scalare le classifiche americane al fianco di altri romanzi distopici come 1984 di George Orwell e Da noi non può succedere di Sinclair Lewis. Anche la serie tv in dieci puntate, che in America ha debuttato il 26 aprile sulla piattaforma digitale Hulu, è stata esaltata da critica e pubblico. Ci voleva Donald Trump per rilanciare il libro e far da traino alla serie?«Purtroppo Il racconto dell’ancella è più rilevante oggi di trentadue anni fa. All’epoca lo definirono inverosimile. Ma tutto quel che c’è nel romanzo e nella serie tv è rigorosamente ispirato a fatti accaduti, anche se in luoghi e epoche storiche disparate. Contiene un monito che con l’avvento di Trump è stato colto da molti: i diritti acquisiti non vanno mai dati per scontati. Ogni conquista può essere cancellata in una notte. Tutto può accadere ovunque se non si vigila abbastanza».Non teme che chi guarda la storia in tv poi non senta più il bisogno di ricorrere al romanzo?«Sta avendo l’effetto opposto. Chi vede la serie legge il libro e chi ha letto il romanzo apprezza la serie: che abbiamo attualizzato aggiungendo elementi assenti nel libro vecchio di tre decenni, ma sempre seguendo la regola di cose accadute davvero. Se un film o una serie sono buoni, e nel mio caso è stato fatto un lavoro eccezionale, avvicinano alla lettura del romanzo originale».Prima della tv il suo racconto, tradotto in oltre quaranta lingue, era stato trasformato in opera teatrale, film, perfino un balletto: il messaggio è rimasto sempre lo stesso?«Ogni epoca e ogni declinazione ne hanno cambiato il significato: ma questo è parte della sua universalità. A epoche e luoghi diversi corrispondono visioni diverse: penso a quando mostrammo a Berlino la versione cinematografica di Volker Schlöndorff, sì, il regista premio Oscar de Il tamburo di latta. Il Muro era appena caduto e noi lo proiettammo nei due settori della città. Ricordo benissimo le diverse reazioni del pubblico: a Ovest si parlò di estetica. La regia, gli attori. A Est la gente diceva “questa è stata la nostra vita finora”. Allora non era la misoginia a emergere: ma il fatto che in un sistema totalitario non sai di chi fidarti, chiunque può essere un informatore. In quello si sentivano rappresentati».Oggi è invece la misoginia che scuote i lettori?«Il racconto dell’ancella è un romanzo che ossessiona innanzitutto me perché le sue pagine diventano continuamente vere. Sì, oggi la misoginia trova eco nella realtà. E pensare che se prima delle elezioni qualcuno avesse descritto la presidenza Trump in un romanzo, quel libro sarebbe stato massacrato dalla critica perché irreale».Ci fa un esempio?«Penso a come Trump ha oggettivato le donne. O alle parole che ha usato per colpire Hillary Clinton, che sembravano estratti dei processi per stregoneria del Diciassettesimo secolo: Hillary era il demonio, le attribuiva poteri negativi sovrannaturali. E poi naturalmente c’è questa riforma sanitaria che cancella ogni protezione alla donna e vuol negare il diritto all’aborto».Da Washington al Texas le donne stanno protestando proprio contro queste nuove proposte di legge vestite come le ancelle della serie tv. Che effetto le fa?«È una forma di protesta eccezionale: entrano abbigliate a quel modo, danno un messaggio chiarissimo, ma siccome restano in silenzio non possono cacciarle. Così il costume delle ancelle è diventato un simbolo forte e immediato. Non hanno fatto cambiare idea ai legislatori ma hanno messo quelle leggi in una cornice oscura».Nel racconto i ribelli fuggono in Canada, il suo paese natale, che anche nella realtà ha aperto le sue frontiere ai rifugiati… «Da sempre i rifugiati da noi sono rispettati. Ma non siamo perfetti. La nostra collocazione geografica non ci fa patire i problemi che sta affrontando l’Europa. Questo rende qui la gente aperta e generosa, ma non so cosa potrebbe accadere se il numero dei rifugiati aumentasse».La Corte suprema americana ha appena reinserito il bando anti musulmani di Trump. Una sconfitta?«Non sono pessimista, per quanto molti credono che gli autori distopici lo siano. Ero bambina quando lessi 1984 di Orwell e quella lettura non mi ha mai più abbandonata. Non tutti lo sanno, qualche studioso ancora ne discute, ma Orwell termina il libro con un’appendice dove si riferisce agli eventi descritti usando il passato e quindi aprendo alla possibilità che la società del Grande Fratello sia stata distrutta. Nell’Ancella ho fatto lo stesso, indico che Gilead non esiste più. Questo per dire che ogni ingiustizia incontra resistenza: e la resistenza alla lunga vince. Nessuna dittatura, nessuna legge ingiusta vince la sfida del tempo».Il “New Yorker” l’ha recentemente definita “profetessa”. Si riconosce in questa definizione?«No, il futuro non può essere predetto: anche perché eviteremmo le cose peggiori. Ma mi interessano le implicazioni di tutto ciò che è nuovo, offrono chiavi per immaginare il futuro».Sono argomenti di cui parla spesso su Twitter...«Twitter è il mio show personale, dove invito ospiti a esprimere le loro opinioni, discuto di libri, di scienza, e appunto, provo a immaginare il futuro…».Le serie tv le piacciono?«Viaggio molto e faccio come tanti: le scarico e guardo le puntate tutte insieme».Ha letto Elena Ferrante? Sa che realizzeranno una serie tratta dalla sua tetralogia “L’amica geniale”?«L’apprezzo molto. Aspetterò con curiosità la serie: anche se per la sua trama particolare mi auguro abbia buoni attori e una buona regia, altrimenti rischia di essere un flop. Trovo positivo che i libri siano trasformati in serie tv, tanto più che in passato anche le pubblicazioni erano a puntate. Se poi la serie ti appassiona, puoi divorarla in una notte: e andare in libreria a comprare il libro il mattino dopo». ?