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 2017  luglio 03 Lunedì calendario

Le serie tv tratte da romanzi

La parola preferita dei televisivi italiani è “traino”. È un termine che deroga all’assunzione di responsabilità stabilendo che, se il tuo programma è andato male, è colpa di chi c’era in onda prima di te e, col suo successo, non ha trainato il tuo. Per la serialità, il traino non è un programma ma è la fama del romanzo alle cui vendite ci si aggancia. Da Camilleri a Gomorra fino a Elena Ferrante, le nostre storie a puntate sono tratte da libri da classifica.
Con alcune eccezioni – Il Trono di Spade, per dirne una non minore – i libri da classifica americani finiscono al cinema, da Dan Brown a L’amore bugiardo. La televisione cerca storie, non necessariamente già scoperte dal grande pubblico anche se già pubblicate, e spesso è lei a fare da traino ai romanzi. Liane Moriarty non era esattamente la scrittrice più famosa del mondo, prima che la Hbo decidesse di trarre la miniserie dell’anno dal suo Big Little Lies. Adesso è diventata abbastanza nota da vendere il catalogo: dal suo I segreti di mio marito, che Mondadori aveva pubblicato nel 2015, stanno preparando un film.
Chissà se ci permetterà di dire la frase preferita dal pubblico: era meglio il libro. Il successo di Big Little Lies (la serie) è stato tale che le spettatrici hanno recuperato un romanzo fin lì ignorato e iniziato a cercare le differenze: che fine aveva fatto la storia di bambina molestata del personaggio di Zoë Kravitz?, chiedevano trasformando i social in un gigantesco club del libro. Tanta vivacità è stata premiata: la serie avrà una seconda stagione, anche se era stata concepita per concludersi con la prima, e Moriarty a cinquant’anni si ritrova autrice popolare. Forse sarà la tv a salvare le vendite dei libri.
Di alcuni, non tutti: non c’è esattamente stata ressa nelle librerie per approfondire le origini di The Leftovers (pubblicato da e/o, trasmesso da Sky). L’autore Tom Perrotta, tuttavia, non morirà di fame: ha cosceneggiato l’adattamento, uno dei più criptici di tutti i tempi. Damon Lindelof, responsabile del telefilm ( come già era stato di Lost: un penchant per le sceneggiature oscure), ha di recente caldeggiato la candidatura agli Emmy con alcuni post su Instagram che, ironicamente ma neppure troppo, ricordavano come il punto di forza della serie fossero le ( frequenti) scene di seminudo dell’assai belloccio protagonista Justin Theroux. Un caso in cui nessuno ha detto che era meglio il libro non illustrato.
Usare come spunto un libro che non è (ancora) un bestseller ti dà una certa libertà di movimento, senza provocare le ire dei fan, nel caso in cui il successo moltiplichi le stagioni. Il superamento della storia originale non è avvenuto solo per Big Little Lies: alla prima stagione, Orange Is The New Black ( Netflix) era il memoir di Piper Kerman, la biondina borghese che finisce in carcere e scopre strati sociali a lei ignoti; alla quinta stagione, la storia si è ovviamente dilatata, ma a Kerman resta un titolo di consulente con cui incassare senza più bisogno di scrivere niente.
Un altro che può vivere di rendita è Michael Dobbs: era un autore di romanzi politici molto stimato in Inghilterra e ignoto all’estero; finché una Netflix allora agli inizi decise che la miniserie inglese tratta vent’anni prima dal suo House of Cards meritasse un rifacimento. Anche ora che la versione americana del suo primo ministro inglese è arrivata alla quinta stagione, e ha quindi superato ogni colpo di scena da lui romanzato, sua resta l’idea iniziale e quindi il fruttifero titolo di produttore esecutivo d’una serie venduta in tutto il mondo.
Il Trono di Spade ha estremizzato questi meccanismi. Prima delle stagioni, si sono moltiplicati i libri: George R. R. Martin aveva concepito una trilogia, adesso invece sono previsti sette romanzi. Solo che ne ha pubblicati per ora solo cinque, e quindi nelle ultime stagioni ( la settima e penultima comincia il 16 luglio su Sky Atlantic) gli sceneggiatori hanno sviluppato trame e personaggi al di là di quanto già raccontato nei libri. È ragionevole pensare che il rapporto quindi si invertirà: gli ultimi due romanzi saranno un adattamento di quel che è già andato in onda in televisione.
Naturalmente i libri con la forza del traino non sono esclusi per principio dalla serializzazione americana: i romanzi di Neil Gaiman erano dei successi nel settore fantasy prima che American Gods diventasse un telefilm. E I Love Dick (Neri Pozza) fu un caso di stagione ( più di quanto riesca a essere la serie, che pure ne ha chiaramente l’intenzione). Tuttavia più spesso sono pretesti: Il Nix ( pubblicato da Rizzoli) è una scusa per vedere finalmente Meryl Streep in una serie ( l’anno prossimo); mentre The Last Tycoon, in streaming dal 28 luglio su Amazon Prime, viene da un romanzo addirittura incompiuto – di un certo Francis Scott Fitzgerald.