la Repubblica, 3 luglio 2017
La fuga di Biancaneve, cerva candida e magica, che se n’è andata via dalla pazza folla
DUBINO (SONDRIO) Con due salti eleganti, ha salutato tutti e se ne è andata in alto, in Valtellina o a Sankt Moritz, chi lo sa. Quindi, se durante una gita in montagna da quelle parti avvistate una cerva bianca, non è un miraggio, e nemmeno una leggenda. È vera, si chiama Biancaneve, tutti la cercano e nessuno la trova, stanca dei troppi appostamenti «e di tutte quelle signore di Milano e di Como, che venivano qui tra le canne, e dicevano “ma dov’è Biancaneve, dov’è”», lei se ne è andata, animale magico, mantello candido, una rarità, ne nasce uno ogni ventimila, più o meno, e questo è nato nella riserva naturale del Pian di Spagna.
«Avrà tre anni, credo. Di sicuro ha già partorito. Albina? Penso piuttosto che sia un caso di leucismo, cioè una questione genetica, infatti mantiene gli occhi scuri, non rossi come negli esemplari albini». Comunque sia, «un animale affascinante, dopo aver visto almeno 20mila cervi in tutta la mia vita, finalmente ho visto la più rara». Marco Testa è il comandante della polizia provinciale di Como. Ex guardiacaccia, ora «affondato tra le scartoffie e le riunioni», ogni tanto gli prende l’istinto e va a guardare gli animali, «si fanno appostamenti notturni, con i visori termici e ad amplificatore di luce, servono per i censimenti».
La riserva è un posto speciale, 15 chilometri quadrati sulla punta del lago di Como, a metà con la provincia di Sondrio. Un posto silenzioso, dove si sentono le rane e gli uccelli d’acqua, lo svasso e la strolaga, nel fitto dei salici e delle robinie si nascondono i cervi che una volta non c’erano, sono arrivati «all’inizio degli anni Novanta. Hanno scacciato i caprioli, ora la comunità oscilla tra i cento e i 220 esemplari, dipende dalle stagioni», spiega Testa.
Biancaneve ha carattere, niente da dire. «Più schiva degli altri, all’inizio pensavo che a causa del colore venisse tenuta in disparte. Invece no, sta nel branco. Ma è guardinga, sa di essere una preda facile facile, soprattutto d’estate». Grazie a lei resiste sulle Alpi il mito dell’animale candido, come è l’unicorno. Immacolato e puro, sacro a molti antichi compresi i cristiani, per i quali il cervo bianco, magari con una croce d’oro tra le corna, è Gesù Cristo. Ma prima era il dio Lugh, per i Celti. E Merlino, nelle leggende dei druidi. Poi è diventato l’insegna di molti ristoranti di montagna, e spesso finisce in pentola “al civet”, perché ormai il cervo si è moltiplicato e ci sono gli abbattimenti consentiti dalla legge.
Infine, ci sono i bracconieri. Un animale così raro può ben attirarli, Biancaneve sarebbe un bel trofeo da appendere, ma ucciderla porta male, è la bestia sacra anche a Diana, pensano i cacciatori, e quindi si immagina che qualcuno l’abbia pure centrata nel mirino, come nel Cacciatore, e poi ci abbia ripensato, come fece Robert De Niro, ma per motivi meno nobili. Un meraviglioso suo simile, rintracciato qualche anno fa nelle Highlands scozzesi, venne poi ritrovato decapitato, la carcassa appesa a un albero. Era l’unico esemplare in Inghilterra, da tempo. Poi ci sono altri predatori, forse i soli sportivi, quando si parla di animali selvatici. «Per me è stata un’emozione grande, quella mattina che l’ho inquadrata», racconta Andrea Resta, fotografo di 27 anni da Chiavenna, «professionista, nel senso che lavoro ai matrimoni e nel commerciale, ma la passione vera è per questa fauna, fin da bambino». Così, Andrea lo scorso dicembre si è appostato come un cecchino nella steppa gelata della riserva, e dopo qualche giorno l’ha vista: «Ero lì dalle quattro del mattino e non ne potevo più dal freddo. Ero incollato alla terra gelata e pensavo “arriverà, arriverà”». È arrivata, un balzo fuori dalle stoppie bruciate, erano le 7, chiarore, neve per terra, due scatti e via, «un colpo al cuore, anche perché avevo le dita gelate. Ma l’ho presa».
Nella gara per trovarla, e fotografarla, Andrea è arrivato primo, con il suo teleobbiettivo «Canon 300 fisso più moltiplicatore che arriva fino a 600 mm». Poi non è più sceso al Pian di Spagna, «ormai ce l’avevo. Spero solo che sia salva, perché una sera un amico mi ha chiamato, “per poco non l’investivo, la tua cerva bianca, ha attraversato la provinciale ed è salita sulla montagna”». Biancaneve, cerva scaltra, ha capito che era ora di andarsene, verso pascoli più freschi, e soprattutto lontano dalla pazza folla. Che «ci vuole molta pazienza, e costanza, e spirito di sacrificio, per osservare i selvatici, e magari gioire di una volpe con due cuccioli, avvistati su un sentiero dove un attimo prima è passato un podista», dice Resta. Per vivere quella sua stessa emozione, la gente sciama nelle riserve, schiamazza e bercia richiami come con il cane di casa. Gli animali se ne vanno, magari a morire sulla provinciale.