la Repubblica, 3 luglio 2017
Il ritorno di Diabolik
Nel 1962 il fumetto, con Diabolik, perse la sua innocenza. Quello che fino ad allora era stato un linguaggio destinato solo ai giovanissimi e che secondo le regole degli educatori doveva raccontare come il bene trionfi sempre sul male, per la prima volta mostrava un’altra faccia: era per adulti e mostrava le avventure di un uomo che agiva contro il mondo ricco, indifferente e superficiale che aveva intorno.
Diabolik, il re del terrore, fu inventato dalle sorelle Giussani, due bellissime signore di Milano non ancora quarantenni (Angela era stata una fotomodella e Luciana Miss Sport 1947). Pare sia stato un romanzo di Fantomas dimenticato su un treno a far scattare l’idea ad Angela, moglie dell’editore Gino Sansoni che aveva già provato senza successo la strada del fumetto. Poi l’idea prese forma guardando i pendolari della stazione Nord di Milano, vicino a piazza Cadorna. Bisognava trovare qualcosa di appassionante, veloce e comodo perché potessero leggere durante gli spostamenti in treno. Nacque così il re del terrore, e nacque all’improvviso, senza uno studio approfondito, senza una programmazione. Ma la concorrenza era tanta e quando si aveva un’illuminazione non c’era tempo da perdere. E di novità da proporre ce n’erano parecchie, a cominciare dal formato: così piccolo che l’occhio non si sarebbe perso tra le vignette neppure lunga una improvvisa frenata di treno. Un formato (per l’appunto il formato Diabolik) che avrebbe rivoluzionato il fumetto e aperto per decenni un nuovo spazio nelle edicole italiane.
Esce così nel novembre del 1962 “Il re del terrore”. I disegni sono davvero approssimativi, tanto che nel 1964 le Giussani vollero ripubblicare le prime due storie, rimesse a posto da affidabili professionisti. E sono queste le versioni che, colorate, vengono proposte nel primo volume della collana di Repubblica. Nelle prime pagine, Diabolik non appare mai, è solo un’ombra di paura tra gli ospiti nel castello della Marchesa Eleonora de Semily. Si parla di un uomo galante, dagli occhi irresistibili, che è l’incarnazione del demonio. Un vero genio del male che parla dieci lingue e conosce un’arte segreta per trasformarsi.
La lunga avventura di Diabolik è cominciata, e anche la sua infinita rivalità con Ginko, bravissimo ispettore che però arriva sempre un attimo dopo il suo antagonista. Eva Kant farà la sua prima apparizione nel secondo volume, ovvero nel terzo episodio: sarà un colpo di fulmine, ma ci vorrà del tempo prima che la coppia cominci a funzionare davvero (diciamo intorno all’undicesimo volume, quando già si saranno scambiati una manciata di baci). Ed Eva a quel punto non sarà un’eterna fidanzata o una spalla, ma una vera coprotagonista, sullo stesso piano del suo uomo anche per coraggio e abilità. E continuerà a discutere con il suo uomo sulla reale necessità della violenza nelle loro missioni impossibili. Nell’ottavo volume, ad esempio, la vedremo disubbidire a Diabolik dopo aver salvato degli uomini che il re del terrore voleva eliminare, e anche rischiare grosso per questa scelta. Ma poi con il tempo il re del terrore cambierà, diventerà un po’ come lo vuole lui, anche per far rifiatare le sorelle Giussani, alle prese con continui sequestri e processi. Tanto che negli anni passati Diabolik è stato credibile testimonial di campagne contro la droga e sulla sicurezza in strada.
Ma ritornando agli inizi, solo un dubbio attanagliava le Giussani: meglio Diabolicus o Diabolik? La leggenda è vaga riguardo i motivi della scelta, ma non c’è dubbio: scegliendo la “k” hanno cambiato anche un pezzo di storia italiana.