la Repubblica, 3 luglio 2017
Da Parigi un messaggio a chi dice ancora no al flusso dei profughi
Il commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza Dimitri Avramopoulos ha minacciato sanzioni per i paesi inadempienti. Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha elogiato Italia e Grecia per i grandi sforzi fatti in tutti questi anni nell’accoglienza esortando tutti i leader del Continente a non lasciarle da sole. Ma la verità, testimoniata dai numeri, è ben diversa. C’è un’Europa che dice no ai profughi, che non rispetta le quote dei ricollocamenti, che inasprisce le proprie leggi interne allo scopo di vietare o scoraggiare l’arrivo di migranti. E che, qualche volta, ha proprio blindato le proprie frontiere (Austria e Paesi balcanici) pur di evitare l’assalto dei “disperati”. Nel frattempo, per quanto riguarda l’Italia, gli ultimi numeri del Viminale confermano che il 2017 sarà un nuovo anno record di sbarchi con una previsione di arrivi superiore alle duecentomila persone.
Ventimiglia e Calais Macron, linea dura
I respingimenti alla frontiera di Ventimiglia. Il no alla riapertura di un centro d’accoglienza a Calais. Il mandato di Macron si è aperto come si era chiuso quello di Hollande: con la linea dura della Francia sui migranti e un muro quasi impenetrabile alzato ai confini con l’Italia. Gli impegni presi più di un anno fa da Parigi con la Ue prevedevano l’accoglienza e il ricollocamento di 7.115 rifugiati dall’Italia. Da allora Parigi ha messo a disposizione solo 990 posti ma le persone effettivamente ricevute sono state solo 330, il 4,6% del previsto. Il governo ha promesso un nuovo piano migranti entro poche settimane. Il vero obiettivo è quello di accelerare le procedure di richiesta d’asilo.
Ettore Livini
Leggi più severe sui respingimenti
Nell’estate dei profughi 2015 Angela Merkel ha stabilito che la Germania non porrà alcun tetto agli ingressi. La cancelliera difende il principio che se un migrante fa una richiesta d’asilo, deve essere analizzata.
Ma da allora ha reso molto più severe le leggi su respingimenti e ricongiungimenti. Merkel ha approfittato del blocco delle frontiere di Austria e Paesi balcanici. E ha dato una prima prova di cosa intende quando dice di voler “agire sulle frontiere esterne con la Ue”, attraverso l’accordo con la Turchia. Ma la Germania non chiude le frontiere anche perché sa che la sua situazione demografica impone di lasciar arrivare una quota piuttosto alta di migranti ogni anno.
Tonia Mastrobuoni
No secco alle quote imposte dall’Ue
I Paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) sono da sempre contrari all’idea di far dipendere la distribuzione dei fondi europei dall’adesione alla politica comune verso i migranti e non accettano la ripartizione delle quote.
Tanto che il 14 giugno scorso la Commissione Ue ha deciso di aprire una procedura di infrazione proprio contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca per i mancati ricollocamenti dei profughi provenienti da Italia e Grecia.
Il gruppo di Visegrad si oppone anche alla riforma del trattato di Dublino, che oggi impone il dovere dell’accoglienza solo al primo Paese d’arrivo.
(vla. po)
L’isola non dà l’ok all’arrivo delle navi
Da quattromila a zero in quattro anni. Nonostante siano le più vicine, sulle coste maltesi da qualche tempo non arrivano più migranti. Com’è possibile?
Le Ong non attraccano preferendo i porti italiani. E non perché, giurano, alcune di esse hanno lavorato e lavorano con ex militari maltesi. «È la Capitaneria a dirci dove andare». «Ma quasi mai – dicono dall’Italia – Malta dà l’ok alle barche» Esiste poi un secondo problema: i migranti non hanno alcuna intenzione di stare a Malta. I tempi per ottenere l’asilo e potersi muovere in Europa sono lunghissimi. E quando i campi d’accoglienza erano aperti le associazioni avevano sempre denunciato condizioni pessime di vita.
Giuliano Foschini
E la Norvegia paga chi se ne va
I Paesi scandinavi per anni sono stati all’avanguardia nell’accoglienza e integrazione.
Ma negli ultimi tempi le loro politiche sono cambiate, all’insegna della chiusura, con la reintroduzione dei controlli alle frontiere. Il governo danese ha varato un pacchetto di norme sui richiedenti asilo che prevedono la possibilità di sequestrargli denaro e oggetti eccedenti il valore di 10mila corone (circa 1.350 euro) «per contribuire alle spese di mantenimento e alloggio». E da qualche tempo la Norvegia offre 10mila corone (circa mille euro) ai migranti che decidono di andarsene dal Paese. Il 28 gennaio 2016 il ministero degli Interni svedese si è detto pronto a espellere 80.000 richiedenti asilo.
vla. po.
Insieme al Marocco per fermare l’esodo
Nonostante siano ancora nitide le immagini dei migranti che cercavano discavalcare le reti a Ceuta e Melilla, le due enclavi spagnole in Marocco, negli ultimi anni Madrid ha visto diminuire gli arrivi. Dipende dal mutamento delle rotte migratorie, ma soprattutto dal rapporto che la Spagna ha stabilito con il Marocco di Mohammed VI, che sta facendo per Madrid quel che Gheddafi faceva per l’Italia. Le ong denunciano violazioni dei diritti dei migranti, intercettati e respinti sul suolo marocchino senza alcuna tutela legale. E anche in Spagna è passata la linea dura dei respingimenti, iniziata già con il governo del socialista Zapatero.
Cristina Nadotti