La Stampa, 1 luglio 2017
L’ira spagnola: troppi favoritismi all’Italia. Dalle banche all’energia alle autostrade, cresce il malessere contro Roma
In Spagna non passa la rabbia: l’Italia ha salvato le banche venete con l’intervento pubblico, mentre alla Spagna non è stato concesso. Il caso del Banco Popular venduto a un euro al Santander senza alcun esborso statale, è troppo recente per non essere un termine di paragone. Titoli di giornale aggressivi, forte malessere del governo, telefonate furiose a Francoforte.
Ma quello della banche è solo l’ultimo fronte di una rivalità sotto traccia che, di quando in quando, sfocia in polemiche aperte. I capitoli di un rapporto increspato sono tanti: in primo luogo ci sono gli investimenti italiani nella penisola iberica (149 aziende acquistate dal 2000), matrimoni visti con diffidenza crescente, a partire da Enel-Endesa (39 miliardi per il 70% in mano italiane) per finire con quello più recente, ancora da definire, tra Atlantia e Abertis. Quando si tocca il tema dei colossi dell’energia, Enel-Endesa, il governo di Madrid abbandona il linguaggio prudente. Il ministro dell’Energia ha commentato così la chiusura di due centrali a carbone: «Si fanno gli interessi degli azionisti italiani sulla pelle dei consumatori spagnoli – ha detto Álvaro Nadal – per fare politica occupazionale in Italia creano disoccupazione in Spagna, per fare politica ambientale in Italia, fanno perdere competitività alla Spagna».
Gli effetti di questa polemica durissima, seppur indirettamente, sono finiti sul groppone ad Atlantia, che nella trattativa con Abertis si è trovata di fronte un interlocutore poco incline alla fiducia. Così il gruppo guidato da Giovanni Castellucci ha dovuto cedere su alcuni punti, sede decisionale a Barcellona, pagamento cash e via libera agli affari spagnoli in America Latina. Morale: non deve finire come l’altra volta.
«Non esiste un sentimento anti-italiano – dice José Carlos Díez, economista dell’Università di Segovia – c’è il fatto che l’Italia sa negoziare in Europa e noi no e questo ci rende invidiosi. Gli spagnoli si sono presentati un pomeriggio a Francoforte dicendo di non avere più liquidità. L’Italia aveva preparato il terreno con più efficacia». Al centro del dibattito l’interpretazione delle norme comunitarie: «L’Italia non ha violato le regole europee – precisa l’economista Xavier Vidal- Folch ed ex vicedirettore del Pais – piuttosto è lo spirito della legge che non era questo. La Spagna soffre il fatto di essere stata sempre il laboratorio di ogni esperimento finanziario, fu così nel 2009 con i salvataggi e si ripete con il Popular. Non siamo gelosi, ma nell’aria c’è un po’ di invidia per come l’Italia gioca le sue partite in Europa».
Anche la politica ha subito e in parte alimentato questo clima. Con Renzi a Palazzo Chigi le incomprensioni sono state tante: il governo Rajoy non gradiva i continui paragoni macro-economici dell’attuale segretario del Pd. Se la Spagna cresceva (e cresce) il triplo dell’Italia, il premier sottolineava il tasso ancora altissimo della disoccupazione spagnola. Ai vertici europei e nelle riunioni del G20 i contatti erano ridotti al minimo. Con Gentiloni le cose sono migliorate. «Avete un concetto di apertura del mercato particolare – conclude Vidal Folch – siete favorevoli quando si tratta di andare all’estero e cambiate atteggiamento quando le cose non vi favoriscono».