La Stampa, 1 luglio 2017
Pitigliano, il borgo incantato sfregiato da due opere incompiute
Un antico paese, adagiato su una rupe mozzafiato, con vicoli pieni di fascino e di storia. È Pitigliano, uno dei borghi più conosciuti della Maremma toscana, uno dei simboli di quell’incredibile bellezza che, in Italia, è disseminata un po’ ovunque. Ma anche in una realtà così piccola – il paese conta circa 4mila anime – capita di imbattersi in uno dei vizi più comuni nel Belpaese: quello delle opere incompiute o comunque sospese in un limbo di indeterminatezza, in attesa di risorgere a nuova vita. Impossibile, in tutta onestà, dare la colpa a qualcuno: le vicende che determinano questo stato di “non finito” sono sempre intricatissime, caratterizzate da imprevisti, carte bollate, vicissitudini delle più varie. Nel caso del borgo maremmano, di opere sospese ce ne sono due. Una è un ex carcere, da più di due anni passato dal Demanio al Comune e al momento ancora inutilizzato. L’altra è un imponente stabilimento termale: i residenti di Pitigliano lo aspettano a gloria dal 2000, ma ormai hanno smesso perfino di sognarlo. Due belle sfide per il giovane sindaco, Giovanni Gentili, eletto da una manciata di giorni con una lista civica.
Cominciamo dall’ex carcere. Si tratta di un anonimo casermone a due chilometri dal paese, sulla strada piena di curve e di scorci incantati che, attraversando il cuore dell’Etruria, porta fino a Viterbo. Dal punto di vista architettonico è tutt’altro che un capolavoro – c’è chi lo definisce senza mezzi termini una bruttura – ma per costruirlo, nel 1980, furono spesi sei miliardi di lire: soldi pubblici buttati al vento, mormora la vox populi di Pitigliano. I lavori per la sua realizzazione procedettero con grande lentezza e in effetti non c’era molta fretta: fu utilizzato solo per diciassette anni, dal 1987 al 2004, e fu chiuso perché ci si accorse che non serviva a molto e che, per gestirlo, ci volevano un sacco di soldi. Per vigilare i quindici detenuti che le celle potevano accogliere, era infatti necessario garantire la presenza di una trentina di guardie. Così quella della chiusura divenne una scelta obbligata: nel 2008 il carcere fu soppresso e un anno dopo divenne patrimonio dello Stato. Dopo una lunga attesa densa di interrogativi, nel 2015, l’Agenzia del Demanio ha trasferito l’edificio al Comune di Pitigliano. Sull’onda dell’entusiasmo, l’ex sindaco Pier Luigi Camilli, parlò della possibilità di ristrutturarlo e convertirlo in un ostello per i giovani turisti. L’altra ipotesi era quello di metterlo a disposizione della Protezione Civile. Poi sono saltati fuori problemi di accatastamento imprevisti, mura di cemento armato difficilmente riutilizzabili. Insomma, il casermone è ancora lì. «Stiamo studiando la situazione – dice il neo sindaco, che ha intenzione, come il suo predecessore, di lanciare un concorso di idee – tutto dipende dall’arrivo dei finanziamenti esterni visto le ingenti spese che comporta la riqualificazione».
L’altra grande incompiuta riguarda invece le Terme del Tosteto, la cui costruzione era prevista nella verdeggiante zona del Pantano: un nome che si è rivelato tristemente veritiero.
L’imponente impianto termale doveva lanciare Pitigliano nel business, sempre più fiorente in Maremma, del turismo del benessere. Del progetto si cominciò a parlare nel 2000 e di quell’edificio di lusso, che comprendeva anche un albergo con quasi 50 suites, oggi rimane solo un complicato avvicendarsi di ricorsi, di aste andate deserte e una struttura che è diventata una tana per cinghiali. L’idea, nata dall’iniziativa di un imprenditore privato, era quella di concludere i lavori entro due anni e di creare una struttura in grado di dare lavoro a una sessantina di persone. La strada dei sogni, però, è costellata di ostacoli e il progetto si è arenato per il motivo più antico del mondo: la sopraggiunta mancanza di finanziamenti. L’edificio è finito più volte all’asta, ma finora non si è fatto avanti nessuno. A complicare le cose, una battaglia legale sulla licenza di sfruttamento delle acque termali, con ricorso ancora pendente al Tar. E intanto Pitigliano aspetta ancora le sue terme.