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 2017  luglio 02 Domenica calendario

«Meno costi e più sviluppo. Per il Gruppo 24 Ore la svolta ora è avviata». Intervista a Franco Moscetti

MILANO «Adesso possiamo guardare avanti con più tranquillità». Giovedì l’assemblea del Gruppo 24 Ore ha approvato il bilancio, l’aumento di capitale e la cessione del 49% dell’Area Formazione ed Eventi. «Era importante arrivare davanti agli azionisti con questi risultati», spiega l’amministratore delegato Franco Moscetti, lasciando trasparire un cauto ottimismo. Cauto perché sa che questa è solo la prima svolta di un percorso ancora lungo, che però ora vede da una prospettiva diversa e con maggior chiarezza: «Nel 2018 ci avvicineremo al pareggio, per poi arrivare al 2020 a una marginalità dell’ordine del 15%».
Non è presto per parlare di svolta?
«In questi sette mesi con il presidente Giorgio Fossa abbiamo fatto un lavoro per poter tornare a impostare un percorso di crescita: abbiamo agito sulla redditività, sui ricavi, sui margini, e naturalmente sull’organizzazione e sui processi. Abbiamo fatto ordine nelle diverse aree di business ed i risultati iniziano a vedersi».
Era necessario cedere subito l’Area Formazione ed Eventi con la business School 24 Ore, considerando il buon posizionamento in un mercato in crescita?
«Abbiamo cercato di valorizzarla vendendo il 49% ma mantenendo il 51%. Continueremo quindi a consolidare i risultati. Le attività sono state valutate 80 milioni, e i 40 milioni che incasseremo sono tutta plusvalenza».
Che situazione ha trovato?
«Una situazione rappresentata nel bilancio 2016, chiuso con 90 milioni di perdite in una congiuntura economica tutt’altro che favorevole».
Perché ha accettato? In fin dei conti da manager aveva già avuto le sue soddisfazioni.
«Ho accettato l’incarico con lo spirito del civil servant e l’idea di voler salvare un pezzo della storia economica di questo Paese. La prima cosa da fare era restituire credibilità a questa azienda».
Per voltare pagina prima bisogna chiudere i conti con il passato, non crede?
«La magistratura sta indagando e la Consob ha fatto un lavoro importante. Come ha anche ricordato il presidente Fossa in assemblea, se emergeranno responsabilità oggettive verrà promossa un’azione di responsabilità nei confronti delle passate gestioni»
Intanto sono iniziati i tagli...
«È impossibile avviare una strategia di sviluppo senza aver fatto prima pulizia in casa. Non sono per la macelleria sociale ma va trovato un equilibrio tra le esigenze di chi lavora nel Gruppo e la necessità di un’azienda alle prese con importanti problemi da risolvere per garantire la continuità. Al 30 giugno 2019 sono previsti risparmi strutturali del 30% sul costo del lavoro. Me ne sono assunto la responsabilità. L’obiettivo è di sviluppare il Sole in un’ottica di lungo periodo».
Tagliare è l’unico modo per tornare alla redditività?
«Ristrutturare significa tagliare i costi per migliorare l’efficienza e porre le basi per lo sviluppo. Il primo semestre del 2017 è stato dedicato alla riduzione dei costi, nel secondo ci dedicheremo di più allo sviluppo dei ricavi: nei primi 3 mesi il fatturato è calato di 9 milioni per i minori investimenti pubblicitari, ma abbiamo migliorato di 3,1 milioni l’Ebitda rispetto all’anno precedente. L’azienda è diventata più efficiente e i prossimi trimestri lo confermeranno».
Come pensa di aumentare i ricavi?
«È difficile trovare nuovi ricavi solo con il giornale, che però resta un fondamentale strumento per creare fiducia nel lettore e rafforzare la brand reputation per poter esplorare altri ambiti. Il Gruppo non ha solo il quotidiano ma anche la Radio, l’agenzia di stampa, la divisione Tax & legal, la formazione, la cultura, per cui da questo punto di vista siamo posizionati meglio di altri perché siamo specializzati e ci rivolgiamo a un pubblico formato da professionisti, manager, aziende. Mondi a cui siamo in grado di fornire prodotti e servizi adeguati».
E il digitale?
«Quello che nasce su carta deve continuare a vivere online con continui aggiornamenti. Cambiando il modo e il tempo di fruizione di una notizia però anche la produzione deve adeguarsi. Investire nel digitale vuol dire migliorare i prodotti e utilizzare i big data per profilare meglio i nostri lettori e abbonati. Il futuro per i media è anche questo, non solo la carta»
Bastano 50 milioni di aumento di capitale?
«I 50 milioni in realtà diventano 90 con la vendita del 49% della Formazione, su cui abbiamo anche una put che all’occorrenza ci permetterà di vendere l’altro 51% e incassare altri 40 milioni. Ecco perché possiamo guardare avanti con più tranquillità. Certo, ci sono ancora cose da fare. È come una scalata in montagna: siamo arrivati in cima e ora abbiamo iniziato a scendere, ma anche la discesa ha le sue insidie».