La Stampa, 3 luglio 2017
Da Conte al record. Le panchine d’Italia conquistano l’Europa. I nostri allenatori presenti in tutti i maggiori campionati: mai successo
Il salto da un’isola all’altra è stato molto complicato, ma c’era da aspettarselo. Nulla è normale quando si parla di allenatori a Palermo, a maggior ragione subito dopo un bizzarro «closing» appena saltato. Alla fine, però, il contratto con Roberto De Zerbi è stato risolto e il bresciano liberato è potuto passare dalla Sicilia a Gran Canaria. Di fatto era già il nuovo tecnico del Las Palmas da inizio giugno, ha orientato il mercato, ha sollevato qualche dubbio in Spagna per il suo curriculum troppo smilzo: a 38 anni, alle spalle ha soltanto due stagioni in Lega Pro con il Foggia e le 14 panchine (con un solo successo) nella scorsa, disgraziatissima Serie A rosanero, tra l’ingaggio di settembre e l’esonero di novembre.
Da Prandelli a De Zerbi
Al Las Palmas, però, piace osare. Ha scommesso su un tecnico ambizioso, dal calcio aggressivo. S’è iscritto alla scuola che in questo periodo è più di moda in Europa: quella italiana. L’annuncio ufficiale è questione di ore. I nostri allenatori vincono dappertutto, ormai. Per restare alle conquiste più recenti: il miracolo di Ranieri con il Leicester del 2016; i titoli della stagione appena conclusa del Chelsea di Conte, del Bayern di Ancelotti, dello Spartak Mosca di Carrera, persino dell’Honved ungherese di Marco Rossi e dello Sheriff moldavo di Bordin, senza dimenticare il quasi Triplete juventino di Allegri. La tendenza è evidente, insomma. Con l’approdo di De Zerbi nella Liga si arricchisce di un record tutt’altro che trascurabile: l’Italia sarà l’unica nazione rappresentata sulle panchine delle cinque maggiori leghe europee ed è anche la prima volta che le riesce l’en plein. In due circostanze lo aveva sfiorato, ma nella scorsa annata mancava un tecnico nella Ligue 1 francese, mentre nel 2013/14 il buco era in Bundesliga.
Tecnici da esportazione
Adesso, il tricolore sventola ovunque si faccia calcio di club al top. E, considerato che il nostro massimo campionato è sempre più esterofilo sui giocatori ma resta autarchico in fatto di allenatori, italiano è pure il primato della quantità, oltre a quello della qualità: abbiamo ben 23 dei 98 tecnici impegnati tra Serie A, Premier League, Liga, Bundesliga e Ligue 1. Diciotto giocano in casa (mai così tanti dal 2012), cinque sono in trasferta. Anche questo è un record, però solo eguagliato. Perché la scorsa stagione si partì con Ancelotti in Germania più Ranieri, Conte, Mazzarri e Guidolin in Inghilterra. Poi, proprio mentre quest’ultimo veniva licenziato dallo Swansea, il Valencia assumeva (non per molto...) Prandelli. Si ricomincia, adesso. Con i campioni in carica Conte e Ancelotti, con la scommessa De Zerbi e con altre due nuove avventure da seguire. Estremi che si toccano, tra Nantes e Schalke 04. In Francia torna Claudio Ranieri, che tra il 2012 e il 2014 portò il Monaco dalla Ligue 2 al 2° posto dietro il Psg. Va per i 66 e ha avuto bisogno di una deroga per poter allenare in un campionato che non accetta gli Over 65.
Ma l’autore della più bella favola calcistica recente non poteva proprio essere censurato. In Germania, invece, debutta tra i «big» uno che potrebbe essere suo figlio. Domenico Tedesco compirà 32 anni il 12 settembre. Quando ne aveva 2 lasciò la Calabria per raggiungere, con il resto della famiglia, il papà che aveva trovato lavoro dove lo portava... il cognome. Il ragazzo ha studiato, è diventato ingegnere, lo ha assunto la Mercedes, ma ha sempre coltivato la passionaccia per il pallone. La stoffa da allenatore s’è vista subito. Tedesco ha bruciato le tappe, nei vivai di Stoccarda e Hoffenheim. Fino alla chance colta al volo dallo scorso 8 marzo: chiamato dall’Erzgebirge Aue, ultimo in B, lo ha salvato facendo 20 punti in 11 partite. Fuori dalle coppe dopo sette anni, lo Schalke con lui ha subito rialzato l’asticella: «Obiettivo minimo l’Europa League». Con il «made in Italy», evidentemente, si può.