La Stampa, 3 luglio 2017
La Turchia spaccata in due dalle marce. Il Gandhi di Ankara sfida Erdogan
Al presidente della Repubblica turca Erdogan non è rimasto altro che ricorrere alle accuse e alla diplomazia, in attesa delle maniere forti. La Adalet Yürüyüsü, la Marcia per la Giustizia, iniziata 19 giorni fa, si è trasformata in un successo insperato per il leader dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, che qualche anno fa il quotidiano «Hurriyet» aveva definito il Gandhi della politica turca, e adesso il capo di Stato deve rilanciare.
Quasi tre settimane fa, il leader della minoranza ha iniziato a camminare da Ankara a Istanbul, da solo, sotto un sole cocente e con un cartello con su scritto Adalet, giustizia. Lo ha fatto dopo l’arresto di Enis Berberoglu, deputato del Partito repubblicano del popolo, di cui Kilicdaroglu è il segretario, ma soprattutto ex direttore del quotidiano «Hurriyet», licenziato il giorno prima che Erdogan fosse eletto presidente della Repubblica.
Quella che sembrava l’iniziativa di un folle, è diventata un movimento di protesta a cui stanno partecipando in migliaia dentro e fuori la Turchia, tanto che Erdogan è stato costretto a chiedere alla Germania di Angela Merkel di disincentivare tentativi di imitazione sul suolo tedesco, aggiungendo che Berlino dovrebbe chiudere la moschea liberale, che ha aperto i battenti nella capitale teutonica il mese scorso e che per lui sarebbe contraria ai principi dell’Islam.
La Adalet Yürüyüsü, poi, arriva a pochi giorni dal primo anniversario del golpe del 15 luglio, quando una minoranza delle forze armate, legate all’ex imam Fethullah Gulen, cercò di deporre il capo dello Stato e l’Akp, il Partito per la giustizia e lo sviluppo che guida il Paese dal 2002. Il golpe fallì ed Erdogan nei mesi successivi ha operato un repulisti, tuttora in corso, che non ha precedenti nella storia della Turchia moderna e del quale hanno fatto le spese soprattutto insegnanti, docenti universitari, burocrati, militanti e deputati curdi e giornalisti, accusati di esser parte di Feto, un’organizzazione terroristica che farebbe capo proprio a Gulen. Lo scorso 16 aprile, il leader islamico, ha vinto di misura e fra le accuse di brogli un referendum costituzionale che gli garantisce per legge un potere pressoché illimitato e difficile da contrastare. Nel fine settimana, il presidente ha accusato anche gli organizzatori della marcia di avere legami proprio con Gulen e di fare parte del suo network terroristico.
Ma a Erdogan non basta e la piazza è proprio l’unico terreno dove non accetta di essere messo in discussione. Per questo, il prossimo 11 luglio, quando inizieranno le celebrazioni per la commemorazione del golpe sventato, che dureranno una settimana, chiederà al suo popolo di scendere in piazza nelle principali città della Mezzaluna. Prima, però, bisogna fermare Kilicdaroglu. Alcuni quotidiani di opposizione hanno pubblicato l’indiscrezione che la Adalet Yürüyüsü potrebbe venire bloccata con la forza prima del suo arrivo a Istanbul, previsto per il prossimo 9 luglio.