2 luglio 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - IL PIANO DI MINNITI-GENTILONI PER I MIGRANTIREPUBBLICA.ITCHE COSA È SUCCESSO A TALLINNTALLIN - L’Italia chiede all’Unione europea di comportarsi come tale, sollevandola dalla solitaria accoglienza dei migranti
APPUNTI PER GAZZETTA - IL PIANO DI MINNITI-GENTILONI PER I MIGRANTI
REPUBBLICA.IT
CHE COSA È SUCCESSO A TALLINN
TALLIN - L’Italia chiede all’Unione europea di comportarsi come tale, sollevandola dalla solitaria accoglienza dei migranti. La Commissione esprime massima comprensione per la richiesta di aiuto di Roma, ma i tempi della risposta non saranno brevi. Perché, dopo l’immediato smarcamento della Francia di Macron, disposta a fare la sua parte solo sulla gestione dei richiedenti asilo, da Tallin, capitale dell’Estonia che si appresta al suo semestre di presidenza dell’Unione, adesso giungono le parole del ministro Andres Anvelt, che il 6 e 7 luglio guiderà la riunione informale dei ministri dell’Interno Ue, dalla quale il premier Paolo Gentiloni si aspettava un primo "sbocco" all’invocata solidarietà europea. "All’Italia non daremo nessuna risposta", mette in chiaro Anvelt, ma "ascolteremo quali sono stati i cambiamenti" che quest’ultima settimana hanno indotto Roma a minacciare la chiusura dei suoi porti alle navi delle ong straniere, per vedere "come affrontare la questione della protezione delle frontiere, dei porti e le relazioni con la Libia".
L’Estonia intende condurre la discussione dando prioritario impulso a "un primo segnale sulla protezione delle frontiere, la riduzione al massimo dell’immigrazione illegale e i rimpatri - spiega ancora il ministro Anvelt - poi sarà più facile procedere sul resto", come i ricollocamenti e la riforma del sistema d’asilo europeo. "Il file più complicato è quello della solidarietà - ammette - ma ci dobbiamo muovere con capacità di comprensione per gli altri", aggiungendo che "forse non sono state sfruttate al massimo tutte le possibilità che l’Ue ha" in termini economici e diplomatici, dalla cooperazione con i Paesi terzi come la Libia all’ulteriore rafforzamento delle competenze di Frontex ed Easo (l’agenzia Ue per i richiedenti asilo, ndr)".
Più tardi il governo di Tallin ha diffuso una nota in cui sottolinea che "prende molto seriamente le preoccupazioni dell’Italia" e assicura che "la situzione sarà al primo punto dell’agenda dell’incontro informale del 6 e 7 luglio". "Sebbene nessuna decisione ufficiale possa essere presa in una riunione informale, deve essere trovata rapidamente una soluzione per ridurre il flusso proveniente dalla Libia e alleviare il peso sugli stati membri alla frontiera, in particolare l’Italia".
Anche l’Estonia, dunque, sembra focalizzare la sua attenzione sugli sforzi da fare per arginare le partenze, quando l’Europarlamento si aspettava invece da Tallin ben altro impegno rispetto alla precedente presidenza Ue maltese, almeno sulla riforma del Trattato di Dublino per una responsabilità realmente condivisa sui richiedenti asilo. Come rimarca la parlamentare europea Elly Schlein (Possibile), relatrice ombra della riforma di Dublino per il gruppo S&D. "Da tempo stiamo conducendo una battaglia per cancellare il criterio ipocrita del primo Paese d’accesso e sostituirlo con un meccanismo centralizzato e permanente di ricollocamento. Trovo vergognoso che l’unica cosa su cui i governi europei riescano a trovare un accordo sia l’esternalizzazione delle frontiere e delle responsabilità sull’accoglienza, parlando solo di accordi con la Libia e i Paesi terzi per evitare l’arrivo dei migranti, mentre non fanno un passo avanti su Dublino".
Intanto, dopo la tempestiva uscita del presidente Macron, da Parigi si registra una precisazione del ministero degli Esteri che sfuma quello che suonava come un netto "no" ai migranti economici. Come si evince da quanto dichiarato dal portavoce del dicastero in conferenza stampa, che alla domanda sulla disponibilità della Francia ad accogliere nei propri porti le navi umanitarie impegnate nel soccorso dei migranti, ha spiegato che la risposta alla richiesta d’aiuto dell’Italia "deve essere europea". La posizione francese e la distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici portata avanti da Macron anche in questa difficile fase, preoccupa Romano Prodi, ex presidente della Commissione Ue. "Immaginate uno che fugge per motivi politici, o anche per reddito basso, e rimane in un campo profughi per due, tre anni. E poi viene qui. Ma come facciamo a distinguere chi è rifugiato?" chiede il Professore da Bologna, esortando l’Unione a "un’operazione di ampio respiro". "Credo che la Germania sia orientata a farla - spiega ancora Prodi -. Le dichiarazioni di ieri di Macron mi pongono un punto interrogativo, ma vediamo quello che succede nei prossimi giorni. Certamente se sono 6mila persone al giorno, l’Italia non basta, non può bastare".
Cronache di ordinaria emergenza: oggi a Brindisi sono stati sbarcati da un cacciatorpediniere inglese 402 migranti, tra cui sei bambini non accompagnati e 67 donne, di cui cinque incinte. Altri 60 risultano dispersi nel Canale di Sicilia a seguito del capovolgimento dell’imbarcazione su cui navigavano alla volta dell’Italia, secondo quanto hanno raccontato i sopravvissuti al personale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).
All’attuale presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, in visita proprio al governo estone, è stato chiesto come l’organismo abbia intenzione di aiutare l’Italia, dove gli arrivi di migranti dalla Libia sono aumentati di un terzo rispetto a un anno fa. "Vedrò con il primo ministro italiano e con il primo ministro greco la prossima settimana quali ulteriori sforzi la Commissione possa attuare per aiutare l’Italia e la Grecia nelle loro difficili sfide", le parole di Juncker. Che anche a Tallin ribadisce di considerare gli sforzi di entrambi i Paesi "eroici" e aggiunge di aver discusso della questione ieri a Berlino con il primo ministro Paolo Gentiloni e con i leader dei Paesi del G20. "Ho detto che Italia e Grecia non possono essere lasciati soli".
Stessa frase, "non possono esseri lasciati soli", pronunciata oggi dal portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, a segnalare quella disponibilità tedesca a promuovere uno sforzo europeo cui accennava Prodi. "La nostra posizione è molto chiara - aggiunge il portavoce dell’esecutivo tedesco -. I Paesi che sono colpiti particolarmente dal fenomeno non possono essere lasciati soli con un alto numero di profughi e di migranti. Responsabilità e solidarietà degli altri stati Ue devono andare insieme. L’Ue e il governo tedesco lavorano in modo intenso per cercare una soluzione comune in Ue, ma è chiaro che non siamo arrivati ancora all’obiettivo". "La cancelliera - sottolinea ancora Seibert - ha assicurato sostegno all’Italia, lo facciamo già, mandando esperti di asilo e partecipando alla ricollocazione dei profughi: offriamo all’Italia, come a Turchia e Grecia, ogni mese, fino a 500 posti". Tornando all’incontro di ministri dell’Interno della settimana prossima a Tallin, Seibert conclude: "Verificheremo se si possa aiutare anche in altro modo".
Chi promette di lavorare su Macron è il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. "La Francia deve essere protagonista nel risolvere il problema delle migrazioni, non può dire semplicemente che è un problema che riguarda l’Italia - dichiara Tajani all’AdnKronos - Ma sono convinto, e ne parlerò con Emmanuel Macron alla prima occasione, magari anche domani a margine della cerimonia al Parlamento Europeo per Helmut Kohl, che non è sollevando muri che si risolve il problema dell’immigrazione in Europa. Serve invece un impegno maggiore della Francia, che deve essere protagonista".
DEL RIO (GIORNALE.IT)
Ancora sbarchi, ancora emergenza e ancora polemiche politiche. Con i porti siciliani e campani ormai allo stremo da mesi, continua inarrestabile l’ondata di arrivi di migranti sulle coste italiane.
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L’Ue fa solo promesse
Ma, se nei giorni scorsi il ministro dell’Interno Marco Minniti aveva ventilato l’ipotesi di chiudere i porti italiani alle navi straniere, oggi il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha subito congelato l’idea del blocco navale. "Nessun porto chiuso - ha spiegato in una intervista al Corriere della Sera - lo dico da responsabile della Guardia costiera e delle operazioni di soccorso ai migranti. Non stiamo rinunciando a quei princìpi di umanità che l’Italia ha messo in campo con Renzi e Gentiloni".
Minniti non ha usato mezzi termini, ieri mattina, per descrivere la situazione italiana. "Molti leader europei dicono che il tema che poniamo è giusto - ha detto - bene, ai temi giusti si risponde con i fatti. Il tempo delle parole purtroppo si è consumato". Negli ultimi tre giorni l’Italia ha avuto un picco particolarmente alto con un affaollamento dekke navi delle organizzazioni non governative, delle missioni europee e della Guardia costiera che facevano avanti e indietro dalle coste libiche ai porti italiani. "In 25 porti del nostro Paese stiamo facendo assistenza a queste navi - ha riferito nelle scorse il titolare del Viminale - è uno sforzo straordinario". Da qui il passo formale del governo italiano con l’Unione europea avanzando l’ipotesi di chiudere i porti alle navi che battono bandiera straniera.
A distanza di poche ore da quel passo formale, però, Delrio ha assicurato in una intervista al Corriere della Sera che "non verrà chiuso alcun porto". "La nostra fermezza e la protesta di queste ore - ha aggiunto il ministro delle Infrastrutture - è per chiedere che l’Inno alla gioia si suoni anche quando sbarcano le navi dei migranti e non solo per celebrare il sogno europeo. Vogliamo risposte - ha continuato - perché gli sbarchi sono aumentati del 14% e per le condizioni terribili di povertà e instabilità dei Paesi di provenienza, come Siria e Libia". All’unione europea, quindi, Delrio chiede "il grande piano Marshall per l’Africa" già suggerito dalla cancelliera Angela Merkel.
LASTAMPA DI STAMATTINA
Per governare il dramma dell’immigrazione che tumultuosa arriva dalla Libia, il governo sta seguendo le indicazioni del Rapporto finale della commissione d’inchiesta senatoriale sulle Ong, quello redatto da Nicola Latorre, Pd, e votato all’unanimità.
I tecnici di tre ministeri (Difesa, Interno e Infrastrutture) sono al lavoro. E la Guardia costiera è stata incaricata di passare dalle parole ai fatti. Hanno già iniziato a preparare un nuovo regolamento sulle operazioni di salvataggio in mare. Nel regolamento ci saranno le nuove prescrizioni che le Ong dovranno rispettare, in termini di trasparenza sui finanziamenti, sulle spese, e sulle dotazioni, per essere accreditati presso la Guardia costiera. Chi non le rispettasse, potrebbe vedersi negato l’attracco in un porto italiano. Addirittura qualcuno ipotizza il sequestro delle navi inadempienti, come accadde nel 2004 alla nave Cap Anamur, di una Ong tedesca, i cui ufficiali furono arrestati e processati ad Agrigento proprio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Quel precedente peraltro ci ricorda che i cinque imputati furono assolti e che è quasi impossibile, dal punto di vista della legalità nazionale e internazionale, opporsi a un salvataggio in mare.
Nel nuovo regolamento ci sarà anche un capitolo cruciale dedicato a una cabina di regia attiva, sempre in capo alla Guardia costiera, per disporre in mare le imbarcazioni e finirla con l’anarchia attuale. Il tutto, però, dovrà essere condiviso anche con le istituzioni internazionali, a cominciare dall’Oim (Organizzazione internazionale delle migrazioni) e l’Imo (Organizzazione internazionale del mare).
I tempi per modificare il regolamento del salvataggio in mare, insomma, necessariamente saranno lunghi e il governo ne è consapevole. Nell’immediato occorre sbloccare la risposta europea. E così l’incontro di oggi a Parigi tra ministri dell’Interno di Francia, Italia e Germania, alla presenza del commissario europeo Dimitris Avramopoulos, dovrebbe servire a preparare un progetto dei 3 Grandi in vista del vertice successivo di Tallin, previsto giovedì. L’idea del ministro Marco Minniti è che i francesi potrebbero iniziare a dare il buon esempio accogliendo almeno i naufraghi che vengono soccorsi dai mercantili e dalle navi delle Ong che battono la loro bandiera.
Occorre poi che sia cambiato il meccanismo inceppato della redistribuzione dei richiedenti asilo. Matteo Renzi è più che d’accordo e anzi rilancia: «Nel 2018 si dovrà fare il bilancio europeo per il 2020-2026: io sono per dire che chi non rispetta le regole sui migranti non può avere i soldi che mettiamo ogni anno, 20 miliardi di euro, sul bilancio. Smettiamo di darli a quelli che costruiscono i muri».
Piuttosto che minacciare la chiusura dei porti, su cui anche i ministri sono divisi, il governo ha ritrovato la sua compattezza sull’offensiva in Europa. E non solo il governo. «È chiaro - ha detto Pier Luigi Bersani intervenendo sul palco con Giuliano Pisapia - che bisogna organizzare un corridoio umanitario gestito dall’Ue. Non lo fanno? Per me si lascia la sedia vuota finché non si convincono. Bisogna puntare i piedi non sui migranti, i nostri valori non ce lo permettono, ma sull’ignavia di chi ci sta lasciando soli».
CORRIERE DI STAMATTINA
ROMA Si apre la settimana-chiave che porterà al G20 di Amburgo (7-8 luglio), ma la questione migranti terrà banco già questa sera, a Parigi, nel vertice tra i ministri dell’Interno di Italia, Francia e Germania, a cui prenderà parte anche il commissario Ue per le Migrazioni, Dimitris Avramopoulos. La linea che il ministro italiano, Marco Minniti, esporrà al collega francese Gerard Collomb e al tedesco Thomas de Maiziere è netta: per fronteggiare l’emergenza sbarchi servirà subito un protocollo di azione, con regole più severe per le navi delle Ong straniere.
Eppoi una più equa distribuzione dei migranti che arrivano via mare, visto che gli accordi di rilocation , finora, in Europa sono rimasti lettera morta. Il tempo degli indugi è senz’altro scaduto: nei primi 6 mesi di quest’anno, secondo i dati del Viminale, sono già giunti in Italia 83.360 migranti, con un balzo del 18,7% rispetto al 2016. E solo durante lo scorso fine settimana, riporta l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, sono sbarcati da noi in 12.600. L’ultimo attracco, ieri, ha portato a Catania, sulla nave militare svedese Bkv002, 653 persone: a bordo c’erano anche nove morti annegati, cinque donne e quattro uomini.
Perciò, l’obiettivo minimo del vertice di oggi è strappare un’intesa preliminare a tre, per arrivare giovedì e venerdì alla riunione informale dei ministri dell’Interno Ue, fissata a Tallin, in Estonia, con un piano condiviso tra Italia, Germania e Francia. Perché la strada si presenta tutta in salita, dopo le parole di due giorni fa del ministro estone, Andres Anvelt, che a Tallinn farà gli onori di casa: «Ascolteremo l’Italia, ma non daremo nessuna risposta». E l’Italia, invece, vuole un sostegno concreto dagli altri Stati membri: sblocco di fondi, lavoro comune in Libia e con i Paesi di origine in Africa, aiuti nelle operazioni di registrazione delle persone già presenti nel nostro Paese. Eppoi, se è vero che le norme impongono di soccorrere chi rischia la vita in mare, portandolo nel porto sicuro più vicino, anche altri Paesi potrebbero essere chiamati in causa. Innanzitutto, Malta.
Si presenta, invece, assai più delicata da percorrere la strada del blocco dei porti, che trova nello stesso governo italiano opinioni contrastanti, in primis quella del ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, preoccupato per l’incolumità dei migranti e degli stessi soccorritori, sulle navi eventualmente trattenute al largo.
Infine, ecco di nuovo l’arrivo spontaneo in stazione Centrale a Milano di famiglie con bambini da Siria e Iraq e dai campi profughi greci e turchi: un fenomeno arrestatosi, almeno nei grandi numeri, un anno e mezzo fa, ma tornato a affacciarsi nelle ultime settimane. Il Comune e la Fondazione Progetto Arca hanno già attivato un hub mobile notturno per dare loro assistenza.
Fa. C.FABRIZIO CACCIA SUL CDS DI STAMANE
ROMA Fu un’idea della Comunità di Sant’Egidio quella dei «corridoi umanitari», il sistema per far arrivare in Italia, senza più barconi o traversate impossibili, i profughi siriani accampati in Libano, dopo la fuga dalle città distrutte dalla guerra. C’era una norma, nascosta da qualche parte, l’articolo 25 del regolamento sui visti dell’Ue, passata inosservata: fu scoperta da quelli di Sant’Egidio, che l’hanno messa in pratica. È così che in un anno sono arrivati in Italia 800 profughi siriani. «E mercoledì — annuncia soddisfatto il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo — si aprirà il primo corridoio anche in Francia, con l’arrivo a Parigi di 15 migranti dal Libano. Poi, a settembre, partirà il corridoio dall’Etiopia con la Cei e ospiteremo qui in Italia altri 500 profughi dal Corno d’Africa...».
Ora però a Sant’Egidio hanno scovato un’altra norma che, se applicata a dovere, potrebbe risolvere una volta per tutte la questione della ripartizione dei migranti tra i Paesi dell’Ue.
È così, presidente Impagliazzo?
«Noi speriamo che lo sia. E dunque ci appelliamo qui al governo italiano e al Parlamento europeo affinché, invece di chiudere i porti, prenda in considerazione la nostra proposta».
Di che si tratta?
«È una direttiva Ue del 20 luglio 2001, la numero 55, pensata dopo la crisi jugoslava per far fronte, così c’è scritto, a un afflusso massiccio di sfollati. Non è forse la medesima situazione in cui ci troviamo ora, nel Mediterraneo?».
Continui.
«La direttiva prevede la concessione della protezione temporanea agli sfollati — attenzione, non lo status di rifugiato — e nello stesso tempo, così c’è scritto, promuove l’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze della loro accoglienza».
E perché dovrebbe essere così risolutiva, per l’Italia?
«Perché supera una volta per tutte il blocco di Dublino 3, secondo cui il migrante deve aspettare il riconoscimento di rifugiato nel Paese dov’è stato accolto. E ormai il 90% degli sbarchi avviene in Italia. Invece, in virtù della direttiva 2001, tutti i Paesi europei si prendono una parte dei migranti e riconoscono loro la protezione temporanea, che assicura comunque l’assistenza sanitaria, l’istruzione scolastica. Non è, insomma, una tutela minore».
Il nostro governo, allora, cosa dovrebbe fare?
«Due cose. Presentare subito formale istanza alla Commissione Juncker di portare questa proposta di adozione del piano di protezione temporanea (un anno, ndr ) al Consiglio europeo, alla riunione dei capi di Stato e di governo. In modo che, se i Paesi dell’Unione intendono prestar fede all’articolo 80 del Trattato Ue, che prevede spirito di solidarietà verso i richiedenti di protezione e tra gli Stati stessi, lo mostrino per davvero».
Per recepire la direttiva occorre una maggioranza qualificata: almeno il 55%dei voti, cioè 14 Paesi su 27.
«Ecco, appunto. La seconda cosa che potrebbe fare il nostro Paese, allora, è concludere accordi intergovernativi con alcuni Stati per applicare da subito la direttiva e sgombrare dal campo tante ambiguità. Penso ai distinguo di Macron sui migranti economici che non vuole ospitare. Non sono mica migranti economici, quelli che vengono dalla Libia e subiscono torture di ogni tipo. Quella è solo gente che ha tutto il diritto di ricevere protezione umanitaria. In altre parole, la direttiva è la via legale per pretendere dall’Ue una solidarietà vera».
Fabrizio Caccia