Notizie tratte da: Maria Falcone, Monica Mondo, Giovanni Falcone. Le idee restano, ed. San Paolo, Milano, pagg. 144, € 15, 2 luglio 2017
LIBRO IN GOCCE NUMERO 140 (Giovanni Falcone. Le idee restano) Vedi Biblioteca in scheda: manca Vedi Database in scheda: manca LE TRACCE DEL DENARO Opera
LIBRO IN GOCCE NUMERO 140 (Giovanni Falcone. Le idee restano)
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LE TRACCE DEL DENARO
Opera. Giovanni Falcone, appassionato di opera. Verdi e Mozart su tutti.
Colomba. «Il primo ricordo di Giovanni risale proprio alla sua nascita. Lo vedo nel letto accanto a mamma con i pugni chiusi. Preciso, lo potrei pure disegnare. Ci avevano mandato dalle zie ad aspettare il lieto evento, al piano di sotto; poi ecco il grido, – è maschio, è maschio! – e sono salita a vederlo. Nel terrazzo, avevamo una stanzetta adibita un po’ a ripostiglio, quando nacque Giovanni vi entrò una colomba bianca, fece il giro della stanza di mamma e poi si accomodò in quel vano, e non se ne volle più andare. Andavamo a darle da mangiare, briciole e semi, ci sembrò un segno di fortuna» (la sorella Maria).
Trapani. A Trapani, all’ inizio della sua carriera, Falcone era impegnato come sostituto procuratore, poi giudice istruttore. In questo ruolo si trovò, per la prima volta, a rischiare la vita: ostaggio di un terrorista, nel carcere di Favignana. Ma il vero banco di prova fu il caso Licari. Don Mariano, «un boss di rango, un patriarca trapanese. Lo vidi in dibattimento, in Corte d’ Assise. Era sufficiente osservare come si muoveva per intravedere subito il suo spessore di patriarca: correttissimo, cortese, correntemente dimesso. Mai uno scatto d’ira. Offriva così all’esterno
un’ immagine accattivante, che nascondeva opposti propositi: quello, innanzitutto, di minare le basi del processo» (S. Mugno, Quando Falcone incontrò la mafia, Di Girolamo Editore).
Berlinguer. «Non fu mai legato a un partito, anche se l’ hanno apparentato a tante diverse sigle; era, diremmo oggi, un riformista, ma la sua posizione non si poteva capire in un ambiente dove sinistra significava cosacchi pronti a mangiare i bambini. Io allora non riuscivo a capacitarmi: comunista? Ma non ti importa della libertà? Non è come gli altri, Berlinguer è diverso, mi spiegava Giovanni. E se dovessi sbagliarmi, diceva, vuol dire che torneremo in montagna!» (la sorella Maria).
Mafia. «Ma tu Falcone credi davvero che esista la mafia?» (l’accoglienza di un collega più anziano sulle scale, nei primi giorni del suo nuovo lavoro nel pool antimafia al Palazzo di Giustizia).
Palermo. «Dopo tredici anni di assenza, sono tornato a Palermo nel 1978 e ho trovato una città che aveva cambiato faccia. Il centro storico era stato quasi abbandonato. E nella Palermo liberty, le ultime splendide ville erano state demolite per far posto a brutti casermoni. Ho trovato quindi una città deturpata, involgarita, che in parte aveva perso la propria identità. Sono andato ad abitare in via Notarbartolo, una strada che scende verso via della Libertà, il cuore di Palermo. L’amministratore dello stabile, per prima cosa, mi ha spedito una lettera ufficiale che, in relazione alla mia presenza in quell’ immobile e nel timore di attentati, ammoniva: “L’amministrazione declina ogni responsabilità per i danni che potrebbero essere recati alle parti comuni dell’ edificio...” Un giorno, arrivato davanti a casa, con il mio solito seguito di sirene spiegate, purtroppo, di auto della polizia e di agenti con le armi in pugno, ho avuto il tempo di sentire un passante sussurrare: “Certo che per essere protetto in questo modo, deve aver commesso qualcosa di malvagio!”» (Giovanni Falcone in Cose di Cosa Nostra).
Morte. «Un uomo di cui si poteva comperare solo la morte» (il giudice Gaetano Costa, ucciso il 6 agosto del 1980 dalla mafia, secondo un amico).
Soldi. Falcone, solito ripetere ai suoi: «la nostra filosofia di giudici palermitani deve essere questa: se l’ eroina finisce negli Usa e se questa viene pagata in dollari, a noi non resta che cercare dove finiscono quei dollari. La droga può anche non lasciare tracce, il denaro le lascia sicuramente...»
Chinnici. Rocco Chinnici, il giudice che creò il pool antimafia a Palermo, appuntò dettagliamente ogni incontro e ogni rimprovero nel suo diario, ritrovato e pubblicato dopo la sua morte. Chinnici annota che il presidente della Corte d’Appello lo chiamò un giorno dicendogli: «All’Ufficio Istruzione stiamo rovinando l’ economia palermitana, disponendo indagini e accertamenti a mezzo della Guardia di Finanza» e gli impose chiaramente di affidare a Falcone i processi semplici in modo tale da non scoprire nulla, «perché i giudici istruttori non hanno mai scoperto nulla».
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 2/7/2017