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 2017  giugno 30 Venerdì calendario

Sfida in Giappone per l’arredo. Sempre più aziende aprono negozi o avviano partnership con distributori locali

È uno dei quattro settori industriali del made in Italy – con meccatronica, automotive e aerospazio – su cui il governo italiano intende investire per aumentare gli scambi tra il nostro Paese e il Giappone, come annunciato nell’ultima missione istituzionale a Tokyo, lo scorso novembre.
Le premesse sono buone, a cominciare dalla ripresa del Pil giapponese, che nel primo trimestre dell’anno è cresciuto oltre le attese, a un tasso annualizzato del 2,2%. Le esportazioni di arredo-design italiano in Giappone sono aumentate del 37,4% tra il 2010 e il 2016, arrivando l’anno scorso a un valore di quasi 122 milioni di euro. Né preoccupa, spiega il presidente di FederlegnoArredo Emanuele Orsini, il calo registrato nel 2016 (-3,7%), sia perché arrivato dopo un 2015 di forte crescita, sia perché il 2017 è già ripartito con un’accelerazione, registrando a gennaio un aumento del 20,6% nelle vendite verso Tokyo.
«Guardiamo sul medio-lungo periodo – spiega Orsini – scommettendo su due fattori soprattutto: la ripresa degli investimenti avviata dal nuovo governo giapponese, che sta spingendo anche il mercato immobiliare e delle costruzioni; e i Giochi Olimpici del 2020 a Tokyo, che porteranno ulteriori investimenti immobiliari».
Con vantaggi non soltanto per il settore dell’arredamento e dell’illuminazione, ma anche della filiera legno-arredo nel suo complesso, che in Giappone esporta 133 milioni di euro e può giocare la carta della sicurezza antisismica: non è un caso che l’industria dell’edilizia in legno abbia registrato nell’ultimo anno un aumento del 28,2%, con una crescita addirittura del 148% rispetto a sei anni prima.
Certo, si parla ancora di volumi relativamente piccoli. Nonostante le affinità stilistiche e culturali tra il design italiano e quello giapponese (basti pensare ai tanti designer giapponesi che lavorano per le aziende italiane del mobile), la distanza geografica e la diversità di regole e certificazioni tra i due Paesi – con le conseguenti difficoltà logistiche e distributive – hanno finora frenato l’export verso il Giappone. Che si ferma infatti al 22° posto nella classifica dei mercati di sbocco per i prodotti del comparto. Ma le potenzialità ci sono, spiega Orsini: «L’Italia è l’ottavo fornitore del Giappone nel settore ed è il primo se si guarda all’arredamento di fascia alta».
Da qui l’interesse delle imprese, che trova conferma nelle tante iniziative private avviate negli ultimi mesi sul piano della logistica e della distribuzione e in quelle promosse da FederlegnoArredo, che ha realizzato lo scorso febbraio una missione B2B a Tokyo e che si prepara ad accogliere, il prossimo autunno, una delegazione di operatori giapponesi in Italia. «Non ci sono i volumi di Stati Uniti o Cina – aggiunge il presidente Fla – ma è un mercato molto interessante, anche nella logica di una diversificazione dei mercati che, in questi anni di forti tensioni e incertezze politiche internazionali, è fondamentale per le aziende italiane». Senza contare che il Giappone può funzionare come testa di ponte anche per raggiungere i mercati emergenti del sud-est asiatico, dall’Indonesia alla Malesia.
Sul fronte della distribuzione, i brand più noti del made in Italy sono presenti da tempo in questo Paese. Altri stanno arrivando e altri ancora stanno rivedendo la strategia distributiva, che sempre più spesso passa attraverso vetrine monomarca o shop-in-shop dedicati all’interno di negozi multibrand, allo scopo di consolidare e valorizzare l’identità dei marchi, e attraverso il contract, sfruttando in particolare il ritrovato fermento dell’edilizia.