Libero, 30 giugno 2017
I cretinetti non vanno in vacanza
L’argomento più semplice e efficace sarebbe chiedere all’onorevole Emanuele Fiano (Pd) se in Commissione giustizia non abbiano niente di più urgente da affrontare, altro, cioè, che non sia «il problema dell’aggravante telematica all’apologia del fascismo» e cioè un disegno di legge che punirebbe anche i collezionisti di cimeli mussoliniani; una cosa per cui su internet, per esempio sul sito Ebay, si possano finalmente punire i manigoldi che vendono magliette col profilo del duce o i pericolosissimi scemotti di 13 anni che si fanno fotografare mentre fanno il saluto romano. Ma questo è un argomento retorico, giusto? Anzi, come si dice: è «benaltrismo». Beh, sino a un certo punto. Sostenere che il nodo della legittima difesa per esempio sia un po’ più più attuale che vietare il sangiovese con l’etichetta del duce, beh, non pare tanto retorico, ma questo è il problema di Emanuele Fiano: la sua doppia anima. Una è ragionevole perché Fiano è persona ragionevole e intelligente e l’altra è quella, da trattare con la massima delicatezza, d’essere lui membro fattivo della comunità ebraica milanese e figlio di un deportato ad Auschwitz che fu l’unico superstite di tutta la sua famiglia. E questo può portare a credere che, in un ruolo di memoria e di vigilanza, non si faccia mai abbastanza: un attivismo da rispettare, almeno l’onorevole Fiano ne ha uno. Ma una cazzata in buona fede resta una cazzata: prevedere fino a 2 anni e 8 mesi di carcere per i vecchietti che alle fiere militari vendono cimeli per rincoglioniti nostalgici (Fiano, da anni, si batte perché ogni commercio di gadget mussoliniani rientri tra i divieti della legge Scelba) oltre a essere completamente inattuale suona anche come una monomania personale. Le domande sorgono spontanee: davvero c’è fretta che le riproduzioni di atti e simboli dell’allora partito fascista rientrino come reati specifici nel codice penale? Dovremmo temere armamentari da quattro soldi e immagini d’antan con pose grottesche e marziali? Ora, poi, c’è appunto la variante internettiana, che riguarderebbe ma questo è già un altro tema i siti con contenuti di propaganda ideologica nazifascista ma nondimeno il merchandising online di oggetti di quel periodo storico.
Chi non è d’accordo? I nazifascisti dichiarati o nascosti? No, anche altri ebrei come Filippo Bolaffi, amministratore dell’omonima casa d’aste nata con la filatelia più d’un secolo fa: «Lo dico dal punto di vista di chi, ebreo, ha avuto un nonno partigiano: io non terrei mai in casa reperti del genere, ma proibirli significa negare la storia». Così disse sulla stampa nel gennaio 2016. Ora: tra gli appassionati potrebbe anche esserci un revival mussoliniano (è vero che sono scaduti i diritti editoriali a settant’anni dalla morte, e che ben cinque case editrici, di destra e di sinistra, hanno ripubblicato i diari della Grande guerra) ma poi il problema si potrebbe estendere a busti e gagliardetti, paccottiglia varia, poi ci sarebbe il problema dei francobolli e delle monete e delle riviste e dei manifesti, le foto, i vestiti, tutto il collezionismo, l’arte, sinché poi che facciamo, abbattiamo l’Eur? Senza contare un altro argomento retorico che l’onorevole Fiano conoscerà benissimo, e che è appunto retorico, ma sino a un certo punto: se vietiamo le memorabilia fasciste, niente da dire su quelle staliniane o maoiste? Ecco: siccome siamo nel 2017 e il discorso porterebbe lontano, forse sarebbe meglio non partire proprio.