la Repubblica, 30 giugno 2017
Il cardinale Pell incriminato per abusi sessuali su ragazzi. Il Papa lo mette in congedo
Una stanza dietro l’altare, sul retro della cattedrale di San Patrizio a Melbourne. Fine anni ‘90, inizio 2000. È qui che si gioca la storia del cardinale George Pell e di un pezzo, importante, del Vaticano. Secondo il Magistrates Court, il tribunale australiano, in quella stanza Pell avrebbe abusato in più occasioni di minorenni. Alcuni dei quali, in questi ultimi mesi hanno testimoniato davanti alla polizia di Vittoria che da anni indaga sugli abusi nella Chiesa. Tanto da aver lanciato un numero verde per raccogliere le accuse nei confronti di Pell e di altri esponenti della chiesta australiana. «Sono innocente, aborrisco gli abusi e vado in Australia a difendermi» ha detto ieri Pell, che ha chiesto e ottenuto dal Papa un periodo di congedo, pur restando per il momento nel suo ruolo di vertice delle finanze vaticane.
Da tempo il nome di Pell era nell’occhio del ciclone. Prima dell’incolpazione ufficiale, il cardinale era stato convocato dai magistrati australiani ma, per motivi di salute, aveva fatto sapere che non si sarebbe potuto muovere tant’è che i poliziotti di Melbourne dovettero prima sentirlo in video conferenza e poi venire in Italia dove il cardinale rispose a tutte la domande. Le sue risposte, però, evidentemente non sono bastate visto che la polizia ha deciso comunque di metterlo sotto accusa. «Le incolpazioni sono diverse» ha detto ieri il vice commissario di polizia Shane Patton.
Le nuove, come detto, riguardano principalmente quanto accaduto nella cattedrale di Saint Patrick. Tutto nasce dalle rivelazioni, fatte prima ai media e poi alla polizia, da alcuni ragazzi. E nello specifico da due di loro, studenti del collegio di San Kevin, che subito dopo lasciarono sia gli studi sia il coro. Uno è poi morto nel 2004 e, per circoscrivere le accuse, è stato determinante il racconto della madre del ragazzo. Il nome di Pell era finito già in altre occasioni nello scandalo della pedofilia nella Chiesa in Australia, seppur senza mai accuse specifiche. Ma il suo atteggiamento era stato definito «poco cristiano» nel 2015 dai giudici della Royal Commission.
Le prime accuse a suo carico sono partite infatti nel 1978 quando Pell era vicario a Ballarat, la città nello stato di Vittoria dove aveva trascorso la sua infanzia. Proprio Ballarat è stato il centro del terremoto pedofilia: qui esercitava Gerard Ridsale, il sacerdote accusato di una cinquantina di stupri di bambini. Pell lo conosceva bene, per un periodo hanno anche vissuto insieme ma ha sempre raccontato di non aver mai avuto sentore di quell’orrore. Alcuni testimoni hanno raccontato altro, però. David Ridsale, nipote di Gerald, per esempio, ha detto di aver chiesto l’aiuto di Pell per gli abusi ripetuti ai quali era sottoposto. «Mi disse di stare zitto». Un altro bambino ha raccontato di essere stato violentato da Ridsale davanti a un altro prete che viveva con lui: si poteva trattare di monsignor McMahon. Oppure dell’allora reverendo Pell. «Quando Pell ci veniva a trovare a scuola» ha invece messo a verbale Lyndon Monument, raccontando della Sant’Alipio – una delle scuole sotto la giurisdizione di Pell dove secondo quanto accertato dalla commissione governativa venivano coperti gli episodi di pedofilia sui bambini – «giocavamo a fare i tuffi, ma quando ci lanciava ci toccava sempre nelle parti intime».
Altre accuse riguardano invece un periodo successivo, nell’estate tra il 1986 e il 1987. «Eravamo al Torquay life saving club» ha raccontato Les Tyack. «Andai negli spogliatoi e incontrai Pell, che si asciugava la schiena. Sono andato a fare una doccia e lo trovai questa volta con l’asciugamano sopra le spalle e proprio di fronte a tre ragazzi che non avranno avuto più di dieci anni. Gli dissi di vestirsi e di non tornare mai più. E che se lo avessi visto ancora lì, avrei chiamato la polizia».
«Tutte falsità» ha detto ieri il cardinale. «Questo è un accanimento senza tregua, ora potrò replicare vigorosamente alle accuse davanti alla Corte per difendere l’onore del mio nome» ha aggiunto Pell. Che però potrebbe anche avvalersi dell’immunità diplomatica del Vaticano.
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«Ma il vero errore è stato nominarlo». Intervista a Marie Collins
ROMA «Non conosco le motivazioni dell’accusa, e non giudico colpevole una persona prima che venga processata. Ciò che tuttavia è certo è che il cardinale Pell è colpevole di non aver trattato nel modo giusto i casi di pedofilia commessi da preti quando era arcivescovo in Australia. La sua nomina in Vaticano fu uno schiaffo anzitutto per le vittime australiane, poi per chi nella Chiesa lavora contro la pedofilia. Pell non doveva nascondersi Oltretevere senza rispondere alle vittime. Il suo congedo, seppur positivo, arriva a mio avviso troppo tardi».
La sospensione di Pell non rappresenta una rivincita contro la Curia romana, per Marie Collins, l’irlandese vittima di pedofilia da parte del clero che nel marzo scorso si dimise dal suo incarico vaticano per le resistenze interne al suo lavoro di pulizia, ma «seppur tardivo resta il segno che qualcosa sta cambiando».
Il congedo di Pell doveva arrivare prima?
«Per me sì. Pell doveva essere trattato secondo le procedure che prevedono che quando si viene accusati si lasciano gli incarichi fino a prova contraria. In ogni caso, ora che esiste un’accusa esplicita su di lui, al di là delle altre accuse di non aver trattato nel giusto modo i casi dei preti quando era il responsabile di diocesi australiane, il congedo è una buona notizia».
Cosa non funziona in Vaticano?
«È stato deciso che i vescovi negligenti nella lotta agli abusi siano rimossi. Ancora non mi risulta che questa disposizione è stata mai applicata. Perché? Erano solo belle promesse? O cosa?».
Mesi fa era impensabile che un alto prelato della Curia romana si facesse da parte per rispondere ad accuse di pedofilia?
«Credo di sì. È la prima volta che a essere accusato è un cardinale della Curia romana. In passato anche altre figure di rilievo nella Chiesa hanno subìto accuse, ma qui si tratta di una personalità con un incarico di primissimo piano a Roma».
Cosa pensa dell’indagine e delle accuse australiane?
«Non so nulla in merito e non mi pronuncio. Insisto però nel dire che tornare in Australia e prendersi del tempo rispetto al lavoro ordinario è decisivo. Significa che forse si è capito che dalle accuse non bisogna mai fuggire, ma rispondere. L’obiettivo deve sempre essere quello di arrivare alla verità, cercarla e ad essa puntare. L’accusa permetterà tutto ciò e la cosa non potrà che essere positiva sia per Pell sia per la Chiesa».
La vicenda ha qualche attinenza con le accuse mosse da lei circa le resistenze interne?
«Non c’entra con Roma, ma è semplicemente inerente a un porporato che risiede a Roma. Ma i fatti, da verificare, sono avvenuti altrove e parecchi anni fa».
Per Francesco cosa rappresenta tutto ciò? Anche per lui non è facile fare pulizia?
«Per Francesco non è facile, è evidente. Ma se l’impunità non è concessa ad alcuno, neanche ad un cardinale importante come Pell, Francesco non ha nulla da temere. Questa è l’unica strada da percorrere, anche di fronte al dolore delle tante vittime. La cosa importante è non fuggire, non coprire. In questo senso l’annuncio di ieri del congedo rappresenta una svolta».
( p. r.)