la Repubblica, 29 giugno 2017
Dal nucleare ai gay, le giravolte di Angela leader post-ideologica
BERLINO «Quanto potrà sopportare ancora la Cdu», il partito di Angela Merkel? Se lo chiedeva ieri il quotidiano conservatore Welt dopo l’ennesima svolta della cancelliera. Pensando di prendere in contropiede la leader conservatrice su un tema su cui ha sempre ammesso di avere delle riserve, i matrimoni gay, la Spd ha annunciato di voler presentare una legge al Bundestag per consentire agli omosessuali di sposarsi. Ma quando gliel’hanno chiesto, Merkel ha stoppato il contropiede dei socialdemocratici. Ha concesso libertà di coscienza al suo partito. Una bomba.
Certo, sui matrimoni gay Merkel non è la prima leader conservatrice a rompere le righe rispetto alla storia dei partiti di matrice cristiana o tradizionalista: David Cameron lo ha fatto prima di lei. Ma l’ultima apertura della capa dei cristianodemocratici tedeschi è l’ennesimo tassello di una “socialdemocratizzazione” della Cdu che i suoi avversari denunciano da anni perché temono che possa lasciare un’eredità avvelenata.
Consola poco, per i maggiorenti del partito, pensare che in questi dodici anni da cancelliera, Merkel abbia cannibalizzato la Spd e spazzato via i liberali: dopo di lei, senza un timoniere forte, la Cdu rischia il diluvio. Raramente il partito di Adenauer è stato ritagliato così tanto attorno alla sua leader, e raramente l’identità dei conservatori tedeschi è cambiata così tanto in un decennio.
Dal 2005, attraverso tre governi, la “ragazza” di Helmut Kohl cresciuta nella Germania comunista si è dimostrata la leader post-ideologica per eccellenza. Ha fatto riforme e ha adottato misure che messe in fila farebbero la felicità di qualsiasi partito progressista. E i tedeschi sembrano molto meno preoccupati dell’identità cristianodemocratica dei suoi compagni di partito: l’ultimo sondaggio è di ieri e dà la Cdu al 40%. A sedici punti dalla Spd.
Le riflessioni sui giornali girano ormai soltanto attorno alla questione: stavolta con chi governerà? Ma la storia insegna che la coabitazione con Merkel non è semplice per nessuno, soprattutto per la Spd. La cancelliera non ha complessi a sinistra e ne ha sempre inglobato le idee migliori.
Nell’intervista in cui annunciava la svolta sui matrimoni gay, la leader Cdu ne ha ricordato una che le è costata l’ostilità del partito: l’uscita dal nucleare. La cancelliera stessa era nuclearista, ma dopo l’incidente di Fukushima del 2011 prese la decisione di rinunciare all’energia atomica. Una decisione anche gravida di conseguenze per il futuro del Paese – non a caso si parla di “svolta energetica” della Germania.
Negli anni precedenti, il primo governo Merkel aveva già preso decisioni progressiste, in parte grazie alla attuale ministra Cdu della Difesa Ursula von der Leyen, che da responsabile per la Famiglia ha introdotto il congedo parentale, moltiplicato gli aiuti per le donne che lavorano, promosso un piano per gli asili nido. In quegli anni, Merkel ha tentato anche di mantenere fede alla sua nomea di “cancelliera dell’ambiente” – Klimakanzlerin – convincendo persino gli Stati Uniti di Bush junior a riconoscere la necessità della lotta ai cambiamenti climatici (salvo poi difendere con le unghie e con i denti le big dell’auto tedesche dinanzi alle richieste europee di regole più dure sulle emissioni – ma tant’è). Infine, a cavallo tra quel governo e il successivo coi liberali nel 2011, Merkel ha abolito la leva militare obbligatoria.
Negli anni successivi di dirompente crisi finanziaria ed economica, molti si sono concentrati sul suo braccio di ferro in Europa sull’austerità, sulla Grecia e sui salvataggi gestiti con nordico rigore. Pochi hanno visto gli ulteriori progressi che Merkel ha garantito alla base sociale del suo Paese. I suoi governi hanno introdotto il salario minimo, aumentato le pensioni per le donne, modificato l’Agenda 2010 in una direzione più solidale e tentato di imporre una maggiore presenza femminile dei consigli di amministrazione delle aziende. Certo, le diseguaglianze sono aumentate, si dirà. Ma è un fenomeno generalizzato che ha investito tutto l’occidente.
Se anche non bastasse a convincere della “socialdemocratizzazione” lamentata dalla Cdu, è sufficiente pensare a un unico, dirompente episodio. Estate del 2015: centinaia di migliaia di profughi si mettono in cammino per l’Europa attraverso i Balcani. Nelle cancellerie di mezzo continente l’ansia stringe alla gola i governi di ogni colore. E Merkel cosa fa? Dice una sola frase: «Ce la faremo». Il partito le si rivolta contro. Ma lei insiste. Quasi unica, in Europa. Anche a sinistra.