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 2017  giugno 29 Giovedì calendario

D’Alema silurato dal Pse. «Una vendetta»

BRUXELLES Massimo D’Alema scuro in volto si alza, raccoglie le sue cose, le infila nella borsa, lascia il banco della presidenza e lentamente prende posto in platea. L’ex premier è appena stato silurato dal Feps, l’associazione delle fondazioni del Partito socialista europeo che dirigeva dal 2010. Tutto si è consumato in una giornata, nella sede della Foundation for European Progressive Studies di Rue Montoyer 40, nel cuore del quartiere comunitario di Bruxelles. D’Alema ha provato a resistere fino all’ultimo, ma la votazione è stata chiara: delle 45 fondazioni del Pse 15 si sono schierate con lui, 22 gli hanno votato contro. Una vendetta politica orchestrata da Renzi, diranno poi i suoi compagni di partito di Mdp. Che una tela politica sia stata tessuta nelle ultime settimane è fuori di dubbio, anche se a guidare l’operazione che ha portato alla guida del Feps la portoghese Maria Joao Rodrigues sono stati i tedeschi della Spd, gli spagnoli del Psoe e i socialisti svedesi.
D’Alema era entrato in rotta di collisione con il Pse già ai tempi della campagna elettorale per il referendum dello scorso dicembre. I socialisti europei avevano criticato la sua scelta di schierarsi per il No e la risposta del Lider Maximo era stata netta: si facciano gli affari loro. Nelle scorse settimane sette grandi fondazioni, guidate appunto dai tedeschi, avevano chiesto all’ex premier di fare un passo indietro causa scissione del Pd. D’Alema ha raccolto le forze, sfruttando anche l’appoggio delle fondazioni che lui stesso aveva fatto entrare nella Feps, e ha organizzato la controffensiva che ha preso corpo in una lettera in cui chiedeva che il suo mandato fosse allungato fino a dicembre, in modo da terminare i progetti che aveva lanciato. Infine accusando: «La decisione è legata alla situazione politica italiana, non alle attività della Feps».
Ieri mattina però il bureau non ha appoggiato la richiesta di prolungare il mandato avanzata dal presidente e così, nel pomeriggio, D’Alema ha portato la proposta all’assemblea a titolo personale. Se in sala nessuno lo ha appoggiato apertamente, l’ex capo del governo è riuscito a ottenere il voto segreto, confidando di poter far saltar fuori una maggioranza a lui favorevole dal chiuso dell’urna. Ma è andato sotto lo stesso. Oltre a spagnoli, tedeschi e nordici contro di lui si è schierata anche Eyu, la fondazione del Partito democratico. Per lui avrebbero invece votato i socialisti francesi, l’Istituto Gramsci e le fondazioni Nenni e Giuseppe Di Vittorio della Cgil. Da Roma Roberto Speranza, coordinatore di Mdp, ha attaccato: «Oggi si è scritta una pagina nera della storia del Pse che rappresenta limpidamente la crisi drammatica del socialismo europeo. Si consuma una vendetta politica ordinata dall’Italia». Ma ormai era finita, D’Alema aveva già lasciato, non senza una certa dose di teatralità, il banco della presidenza e l’assemblea aveva già eletto per acclamazione la Rodrigues, ex ministro portoghese e attuale vicecapogruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo.