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 2017  giugno 29 Giovedì calendario

L’arcivescovo Becciu e il dolore della signora Orlandi. «Il dossier non c’è, ma per lei la mia porta è aperta»

CITTÀ DEL VATICANO Eccellenza, la famiglia Orlandi è convinta che la Segreteria di Stato custodisca un dossier segreto sul caso della scomparsa di Emanuela, 34 anni fa. Esiste questo dossier?

«Guardi, non c’è nulla di segreto. Del resto dipende da cosa si intende quando si parla di “dossier”. Se si tratta di un carteggio che ricostruisce la vicenda certamente sì, è normale. Se però si crede che esista un dossier che custodisce chissà quali documenti riservati o segreti mai svelati, allora no: non c’è niente di simile».
L’arcivescovo Angelo Becciu è il Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato vaticana. A lui, in una lettera pubblicata dal Corriere, si è rivolta giorni fa la signora Maria Pezzano Orlandi, madre di Emanuela.
La signora si riferiva a una sua frase e obiettava: Emanuela non è un caso chiuso, è mia figlia.
«Mi dispiace profondamente se una mia espressione, tolta dal contesto, ha potuto aggiungere altra pena al dolore immenso della signora. Non avrei mai voluto che accadesse, di fronte a una sofferenza simile ci si inginocchia. Forse non esiste un dolore più grande, è difficile anche solo da immaginare. Non intendevo affatto spegnere le speranze di una madre che dopo tutto questo tempo vuole sapere se sua figlia sia ancora viva o cosa sia accaduto».
Lei lo sa?
«Io non lo so, cosa è accaduto. Rispondevo a una domanda precisa dei giornalisti che mi chiedevano del “caso” di Emanuela. Un articolo sul Corriere, quel giorno, parlava di una istanza della famiglia per poter visionare un dossier segreto. E io ho ripetuto ciò che abbiamo detto più volte: che quel presunto dossier segreto, semplicemente, non esiste. Che il caso sia chiuso, nel senso di archiviato, lo ha detto la magistratura italiana. E per parte nostra, purtroppo, non abbiamo segreti da svelare».
E non siete a conoscenza di possibili «piste»?
«Magari lo fossimo. Non avremmo esitato un attimo a suggerirle, e non solo adesso ma fin da subito. Non c’era e non c’è nulla da nascondere, il Vaticano ha collaborato fin dall’inizio, sospettare il contrario significherebbe negare la realtà dei fatti».
Quale realtà?
«Tutto ciò che avevamo, lo abbiamo condiviso fin da allora con gli inquirenti italiani che stavano conducendo l’indagine. Ci furono tre rogatorie delle autorità italiane che trovarono risposta, le deposizioni dei testimoni di quel tempo. Tutta la documentazione in nostro possesso è stata consegnata alla magistratura».
Si riferiva a quei documenti quando diceva che in Segreteria di Stato esiste un carteggio che ricostruisce la vicenda?
«Sì, è chiaro. Non c’è nulla che non abbiamo già condiviso con chi stava indagando».
Il cardinale Re, allora assessore agli Affari generali in Segreteria di Stato, ha detto al «Corriere»: «Avremmo desiderato rendere pubblico qualsiasi elemento, solo che non avevamo nulla di concreto».
«Appunto, conferma quello che dicevo. Non avevamo e non abbiamo alcuna pista, ci fosse stato qualcosa di concreto lo avremmo detto subito».
Incontrerà la signora Orlandi?
«La mia porta per lei rimane sempre aperta. Già alcuni mesi fa mi sono impegnato perché potesse incontrare il Santo Padre, e ha parlato con papa Francesco. Se le può essere di conforto sono pronto a riceverla».