Corriere della Sera, 29 giugno 2017
Garlasco, caso chiuso. La Cassazione: «Sedici anni a Stasi»
Roma Finisce qui, non ci saranno ulteriori puntate nell’infinito caso giudiziario di Chiara Poggi e del suo assassino, nonché fidanzato all’epoca del delitto, Alberto Stasi. La Cassazione ha detto no al nuovo processo d’appello chiesto dai legali dell’imputato. Stasi resta dunque in carcere, a Bollate, dove terminerà di scontare la condanna a 16 anni (18 mesi trascorsi finora).
«Siamo soddisfatti perché è stata confermata una sentenza giusta. E ora speriamo che sia davvero finita. Stasi abbia l’umiltà di dire basta e smetterla», commenta Rita Preda, la mamma di Chiara con i consueti toni pacati. La famiglia Poggi attende ancora, tra l’altro, che le venga corrisposto un milione e 200 mila euro tra risarcimento danni e spese legali dall’ex studente della Bocconi. Stasi si dichiara però nullatenente, ha alienato tutto ciò che aveva, rinunciando anche all’eredità del padre morto a processo ancora aperto.
Nel caso in cui il ricorso straordinario della difesa fosse stato accolto, si sarebbe aperto il terzo processo d’appello. Due volte Stasi era stato assolto e poi rinviato nuovamente a giudizio proprio dalla Suprema Corte (il pg Roberto Aniello che ottenne l’annullamento dell’assoluzione è lo stesso di ora). Angelo Giarda, l’avvocato di Stasi chiedeva di sospendere la pena e riascoltare i testi già sentiti in primo grado proprio in virtù di questo annullamento e per le presunte violazioni dei diritti della difesa fissati dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo. Un passaggio ritenuto invece superfluo dagli ermellini, dato che non era sulle testimonianze, bensì sul riesame di altre prove (i pedali sostituiti alla bici, tra gli altri) che Stasi era stato condannato di nuovo. Nelle more delle sentenze opposte, l’ex comandante della stazione dei carabinieri, Francesco Marchetto, è stato condannato nel 2016 a 2 anni e 6 mesi di reclusione in primo grado per falsa testimonianza sul mancato sequestro della bici dell’imputato.
«Il rigetto di questo ulteriore ricorso conferma come la sentenza di condanna sia stata emessa all’esito di un giusto processo, grazie alle prove schiaccianti con fatica acquisite dalla Corte di Assise di Appello di Milano», commentano Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, legali della famiglia Poggi. Il 7 agosto prossimo saranno dieci anni dal delitto.