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 2017  giugno 28 Mercoledì calendario

Intervista a O’Leary, numero uno di Ryanair: «Compro Alitalia solo se prima la rivoltano come un calzino»

«Dovessi scommettere, direi che alla fine non saremo noi a comprare Alitalia. Sono forse l’ultima persona a cui i sindacati vorrebbero consegnare la vostra ex compagnia di bandiera...». In un albergo del centro di Roma, Michael O’Leary, numero uno di Ryanair, parla di Alitalia e non solo. Conferma che il nostro Paese continuerà a essere tra i principali motori di sviluppo di Ryanair che, spiega, punta a diventare una «Amazon europea dei viaggi, con un’offerta integrata in un’applicazione per smartphone».
Che offerta avete presentato per Alitalia?
«Per ora è solo una manifestazione di interesse, per dare uno sguardo ai libri della compagnia. Di eventuali offerte non si parlerà prima di settembre o ottobre».
Ma quali sono i vostri piani?
«Dipende da cosa faranno i commissari nei prossimi mesi. Non abbiamo intenzione di investire in Alitalia nelle condizioni in cui si trova oggi: chi pagherebbe per avere una compagnia dove la politica e i sindacati continuano a farla da padroni?».
In Italia a parlare così si mette nei guai...
«Sono sempre nei guai in Italia, per una ragione o per l’altra. Con i sindacati si parla, ma non è tollerabile il corto circuito con la politica in una compagnia privata».
Dunque cosa si aspetta dai commissari?
«Devono ristrutturarla radicalmente. Altrimenti non potremo offrire altro che voli di alimentazione per le tratte di lungo raggio e la nostra piattaforma per vendere i voli. I commissari, con i loro poteri, devono troncare i rapporti con Air France, ridurre significativamente la forza lavoro e rivedere i costi di aerei e scali».
Nel caso, a che quota sareste interessati?
«Almeno il 51%».
Vi accontentereste di alcuni slot, ad esempio per il Milano-Roma?
«Neanche un po’, il Linate-Fiumicino è robaccia».
Alitalia può sopravvivere come entità a sé stante?
«Credo di sì, è un grande marchio. Ma non potrà mai competere con noi nel corto raggio. Il suo futuro non passa dalle tratte nazionali, ma dai voli europei da Roma e da Milano, e da più tratte di lungo raggio».
Ne farebbe una low cost?
«Avrebbe minori costi, questo è certo, ma il valore di Alitalia emergerebbe collegando direttamente il mondo con l’Italia. In questo oggi è ostacolata dagli accordi con Air France che le impediscono di aprire più tratte dirette per il Nord America da Roma, Milano, Pisa e Venezia. Oggi per arrivare in Italia si deve spesso passare da Parigi o Francoforte».
Quanti esuberi stima per la compagnia?
«Non posso dire un numero, perché dovrei prima fare un’analisi per capire chi fa cosa. Noto però che Alitalia trasporta 24 milioni di passeggeri e ha 14 mila dipendenti, noi con 12 mila ne trasportiamo 120 milioni. Le proporzioni non tornano».
In pratica i commissari devono fare il grosso del lavoro. È così?
«Devono fermare l’emorragia di soldi di Alitalia, dopo che anche Etihad ha perso un’opportunità e l’ha ulteriormente rovinata. Quando l’ha acquisita, per prima cosa ha fatto ridisegnare le divise, come se fossero la priorità. Con noi finirebbe di buttare via soldi, ricomincerebbe a crescere e avrebbe tariffe più basse».
Al di là di Alitalia, quale sarà il futuro delle compagnie tradizionali?
«Nel giro di 5-10 anni in Europa ne rimarranno tre: Air France, Lufthansa e British Airways. Le altre saranno partner o controllate, come Klm, Swiss, Sas e, chissà, Alitalia. Ma non faranno più tutte le rotte, si occuperanno di alimentare i voli intercontinentali dagli hub di Parigi, Francoforte e Londra. Tra le compagnie a tariffe basse resteremo noi di Ryanair».
Parteciperete al consolidamento?
«Non credo, se non guardando a sporadiche opportunità, come Alitalia, ma non quella degli scioperi e dei piloti strapagati senza lavorare abbastanza».
Quando vedremo il primo volo intercontinentale di Ryanair?
«Non è nei piani. Continueremo nello sviluppo in Europa e in Italia, che per noi è importante. Faremo inoltre voli di alimentazione per le rotte di lungo raggio di compagnie piccole o medie che non hanno una rete propria, come Norwegian, Aer Lingus, Tap, lo stesso potremmo fare con Alitalia. Ma tale attività coinvolge solo un milione di passeggeri».
La preoccupa la Brexit?
«La probabilità di una “hard Brexit” è alta. Se gli inglesi non riconosceranno la giurisdizione della Corte di giustizia europea, Londra uscirà dal sistema Open Skies. Dal marzo 2019 verrebbe a mancare qualunque meccanismo legale per i voli dall’Europa alla Gran Bretagna. C’è il rischio di uno stop di chissà quanti mesi e sarà un modo interessante per gli inglesi per scoprire cosa vuol dire davvero la Brexit».
È per questo che vi state sviluppando al di qua della Manica?
«Da due anni non posizioniamo nessun nuovo aereo in Gran Bretagna».
Se le offrissero Alitalia per un euro, sul modello delle banche venete, accetterebbe?
«Non così, prima la devono rivoltare come un calzino».