Libero, 25 giugno 2017
La confessione di Marita, moglie del muratore accusato di avere ucciso Yara Gambirasio. «Non chiederò mai il divorzio da mio marito»
«Non divorzierò mai da mio marito». Non dice: «Non divorzierò mai da lui». Lo chiama «mio marito», senza dubbi, senza vergogna. In passato mille volte il tarlo del sospetto le ha rosicchiato la mente e sporcato i ricordi, ma adesso Marita Comi, la signora Bossetti, ha scacciato per sempre quel demonio. Non c’è sentenza di condanna che possa farle cambiare idea, non c’è test del dna che possa convincerla del contrario. È sicura dell’innocenza di suo marito. In una lunga intervista pubblicata dal settimanale Gente racconta della sua vita da sola con tre figli, di come col tempo abbia maturato la certezza che non può essere stato suo marito a uccidere Yara Gambirasio, la ragazzina di Brembate di Sopra che la sera del 26 novembre 2010 non è più tornata a casa. E se anche un nuovo test del Dna qualora venisse concessa la ripetizione confermasse che la traccia biologica sugli slip di Yara è di Massimo Bossetti, lei non si sposterebbe di un millimetro: «Vorrebbe dire che lo sbaglio è altrove». «Signora Bossetti non ha mai pensato: Ho vissuto con un mostro?», le chiede il giornalista. E lei risponde: «No, assolutamente. Ho ripercorso più volte la nostra vita, so quello che dico. Solo all’inizio della sua detenzione questo pensiero mi ha sfiorato, ma poi ho chiarito tutto. Se fosse un mostro non staremmo insieme». Ora è tornata al suo posto, Marita. «Massi è descritto come un sadico, lui non è così. Chi lo conosce può dire lo stesso. Ci sono state 45 udienze, sono uscite tante storie, fatti, molte cose, ci volevano migliaia di pagine per raccontare bene tutto e invece.... Nelle motivazioni della sentenza parecchi fatti non ci sono. Non c’è un movente chiaro e non si spiega come è avvenuto l’omicidio. E l’arma qual è?».
Non si tira indietro e parla dei suoi tradimenti, delle lettere del marito a una detenuta, delle ricerche sui siti porno e pure della suocera Ester Azzuffi con cui non ha più rapporti. «Nel momento del bisogno più acuto né io né i miei figli abbiamo potuto contare su di lei». Questa volta non dice «su mia suocera», ma «su di lei». Le parole hanno un peso e lei, con gli anni, ha dovuto imparare anche questo. Il tempo ha domato la sua emotività e le ha regalato la distanza necessaria per giudicare i fatti senza farsi travolgere dal mare burrascoso dei sentimenti. Questa donna ha visto la sua vita vivisezionata come in un laboratorio di esperimenti. Tutto di sé, di Massimo, di loro due, è finito sui giornali, in televisione e sulla bocca di tutti. Ha sopportato gli sguardi di condanna della gente, arrivati ben prima della sentenza di primo grado. Ha dovuto rispondere alle domande dei figli, molto più difficili di quelle degli inquirenti. Ma adesso ha le certezze granitiche che prima le mancavano. All’inizio era come stordita, come se avesse perso il baricentro e fosse alla ricerca di nuovi punti d’appoggio. Per questo un giorno, durante un colloquio in carcere con suo marito quel tarlo maledetto che si insinuava nella mente ha preso il sopravvento. «Tu quella sera eri lì. Non puoi girare tre quarti d’ora a meno che non aspettavi qualcuno. Dimmi che cosa ci facevi davanti alla palestra di Yara il giorno in cui è scomparsa». Lui le ha risposto: «Non so come spiegarlo». Ma queste parole, ovviamente, sono state intercettate e sono diventate per tutti la prova che perfino la moglie non credeva nell’innocenza di Bossetti.
Ora è sicura che suo marito non ha ucciso Yara. E con questa certezza affronterà il processo di appello che comincia il 30 giugno prossimo. E gli sguardi della gente le scivoleranno addosso come pioggia leggera. Non ha più nulla da temere. «Neppure se la pena dell’ergastolo dovesse essere confermata dalla Cassazione».
Marita chiede che venga rifatto il test del dna. E dice: «Penso che Massi uscirà, penso a rifarmi una vita con lui». E non vuole scappare da Bergamo, andare in un posto dove nessuno la riconosce per strada, lontano da un passato così pesante. «Ho in mente solo una vita con lui. Qui sto bene. Domani poi potrei andare da qualsiasi parte, ma con lui». E se Bossetti dovesse restare in carcere, se prima la Corte d’appello e poi la Cassazione dovessero confermare l’ergastolo, per lei si tratterebbe solo di un errore giudiziario. Quell’uomo condannato al carcere a per l’omicidio di Yara per lei resterà sempre e solo suo marito.