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 2017  giugno 24 Sabato calendario

Quelli che godono a darle o a prenderle

È capitato a tutti noi di vivere una relazione in cui siamo stati o la parte debole o quella forte. In ogni rapporto c’è, da un lato, chi riveste un ruolo decisionale e, dall’altro, chi lo subisce; chi è più amato e chi ama di più, almeno apparentemente; chi fa soffrire e chi soffre; chi lascia e chi viene lasciato; chi piange al telefono con l’amico e chi si diverte; chi manda cuoricini su Whatsapp e chi non risponde. 
Ecco perché, per capire qualcosa di più sulla coppia che ci troviamo davanti, spesso usiamo chiedere: «Chi porta i pantaloni tra i due?». Chi li indossa di solito è la parte dominante. Abbattuto ormai lo stereotipo che vuole le donne soggetti fragili e bisognosi all’interno della coppia e gli uomini nel ruolo dei “bastardi” che tradiscono e non mostrano i propri sentimenti, oggi a portare i pantaloni sono sempre di più le prime. Ma le donne mica si accontentano di portare le brache. A queste aggiungono spesso anche tacchi a spillo e frustino, per infliggere al proprio uomo sia sofferenza fisica che psicologica. 
L’amore fa male, sì. Ma il dolore piace da matti. Piacere e dolore si toccano fino a mescolarsi. 
Sono in costante aumento gli uomini che si fanno picchiare ed umiliare per puro piacere. Molti di questi sono persino disposti a pagare cifre consistenti pur di essere torturati. E, di contro, aumenta anche il numero delle donne sadiche, le dominatrici, quelle che non anelano ad un uomo che faccia loro le serenate sotto casa, che regali fiori, cioccolatini, che scriva struggenti lettere d’amore. Le dom, come si chiamano nel gergo tecnico, non vogliono un uomo da sposare, bensì da seviziare. 
Lasciate perdere “Cinquanta sfumature di grigio” o robaccia simile. Tutto questo ha poco a che fare con il sesso. L’accoppiamento non è l’obiettivo fondamentale nella relazione tra la sadica ed il masochista. Il loro fine non è il raggiungimento dell’orgasmo, ma di quel benessere, di quella pace interiore e dei sensi, che derivano loro o dall’esercitare il proprio potere sull’altro o dal sottomettersi. 
«Provare per credere» mi dice con un sorriso Elaisa Page Johnson (pseudonimo), 29 anni, che pratica BDSM (Bondage, Dominazione, Sadismo e Masochismo) da circa sette anni. «Molti schiavi, o vermi, così si chiamano, vogliono essere indirizzati dalla loro mistress (dominatrice) verso uno stile di vita e non solo essere umiliati, cercano una sorta di life coach che impartisca ordini», spiega la ragazza. 
Il rapporto tra schiavo e dominatrice viene sempre più di frequente regolato mediante un ac-
cordo scritto. Il contratto è una forma di tutela di entrambe le parti, dal momento che in alcuni casi si possono creare situazioni pericolose o persino letali. 
«Non si inizia a farlo per una sorta di rivalsa sugli uomini, è un’indole naturale alla sottomissione e al comando. Mi piace infliggere sofferenza», dichiara Elise Vesper (pseudonimo), 35 anni, affermata professionista milanese, molto conosciuta anche all’estero nel suo settore, che, dopo una dura giornata di lavoro, si rilassa facendo soffrire il suo schiavo di turno, con immenso piacere di quest’ultimo. 
La vera dominazione è quella di tipo mentale. E gli uomini sottomessi, che spesso sono personaggi di successo e di potere, colti e brillanti, sono alla ricerca di donne dalla personalità forte ed intelligenti, che li sappiano gestire, che si sappiano imporre anche solo con uno sguardo. Forse perché dopo una giornata trascorsa impartendo ordini e direttive, schiacciati dal peso di infinite responsabilità, si ha bisogno di dare sfogo anche all’altra parte che c’è in ognuno di noi: quella che vuole essere guidata, dominata, assoggettata. 
A confermarci il numero copioso di professionisti affermati in ogni genere di settore, dallo spettacolo alla politica, che adorano essere schiavizzati è Diego, in arte Bad Choice, 42 anni, organizzatore di eventi Bdsm e gestore del locale milanese Sadika, il quale tuttavia mantiene il massimo riserbo circa l’identità dei suoi clienti famosi. 
Schiacciamento dei genitali, dei capezzoli, abrasioni, privazione dell’orgasmo, calpestamenti, frustate, schiaffi, sospensioni. Sono migliaia e migliaia le torture che si possono infliggere. «Nel corso di un viaggio di lavoro a Stoccolma ho rinchiuso il mio ex in uno sgabuzzino per diverse ore dopo averlo torturato con le candele», racconta Elise, che non nega il fatto che in alcuni casi il gioco possa diventare davvero pericoloso. Ecco perché è importante stabilire una parola di sicurezza, la safeword, che, pronunciata dallo schiavo, mette fine al supplizio. 
Tra un pestaggio e l’altro è anche possibile innamorarsi, come è successo ad Alessia, 39 anni, felicemente fidanzata con il suo “schiavo”. «Il rapporto tra me ed il mio compagno è più vero rispetto a quelli che ho costruito in passato. Noi parliamo dei nostri reali desideri senza vergogna e questo ci rende uniti e complici in un modo che non credevo possibile», ci confida la donna. 
Ciò che non manca tra schiavo e mistress è proprio l’onestà, che spesso è assente in altre relazioni considerate però “sane”. In fondo, dopo un breve viaggio in questo universo parallelo, mi accorgo che i veri pervertiti non sono coloro che si prendono a botte per darsi piacere, bensì quelli che hanno bisogno di tradire il proprio partner perché incapaci di fare con lui o lei ciò che li farebbe stare bene, o quelli che picchiano ed umiliano il partner sapendo che questo non gli procurerà piacere, ma solo dolore. 
In una società ossessionata dal sesso tanto da trasformalo in un prodotto di largo consumo, pubblicizzato ed esposto ovunque ed in ogni maniera, il sadomasochismo, a differenza della pornografia imperante, consente a chi lo sperimenta il recupero di qualcosa che ormai è quasi estinto: l’erotismo. Il piacere non consiste più nel mero atto sessuale, della durata di pochi minuti, ma nei rituali che lo precedono e che non sempre sfociano in esso. Accarezzare una mano, baciare un piede (per i più molto più eccitante di un bel fondoschiena), nutrire il dubbio, mostrarsi disposti a fare qualsiasi cosa per il soggetto desiderato, manifestare adorazione, diluire i tempi del piacere fino a renderli infiniti, quasi fosse una tortura, in fondo, non sono una novità, semmai un ritorno al passato. Ai tempi in cui il sesso non ci aveva ancora annoiati.