Il Messaggero, 24 giugno 2017
Tre spose annegate, il delitto quasi perfetto
Il cadavere della trentottenne Margaret Loyd fu trovato il 18 Dicembre 1914 dal marito, dentro la vasca da bagno della loro casa di Highate, a Londra. Il medico legale concluse per un annegamento da malore. Un mese dopo l’Ispettore Arthur Fowler Neil di Scotland Yard lesse di un caso analogo avvenuto due anni prima: una certa Mrs Smith, sposata da poche settimane, era arrivata a Blackpool, sul mare d’Irlanda, assieme al marito. Avevano preso alloggio in una pensione, di cui l’uomo aveva accuratamente ispezionato il bagno. Pochi giorni dopo, il signor Smith aveva trovato la moglie esanime, dentro la vasca quasi piena. Il coroner aveva chiuso l’affare come dovuto a morte naturale. Entrambe le vittime avevano stipulato un’assicurazione a favore del coniuge, e lo avevano nominato erede universale.
L’ispettore Neil decise di indagare, e scoprì che Lloyd e Smith erano la stessa persona. L’uomo ammise di aver fornito false generalità, di aver sposato entrambe le donne, di averne incassato l’eredità e l’indennizzo assicurativo. La loro morte – disse – era stata una dolorosa coincidenza: del resto medici e magistrati avevano stabilito che si era trattato di asfissia da annegamento, senza responsabilità di nessuno. Ma Neil non si diede per vinto, e continuò a indagare.
La prima novità riguardò la persona del sospettato: l’uomo si chiamava George Joseph Smith; nato nel 1872, a nove anni era già in casa di correzione, e a trenta aveva collezionato condanne per truffa, furto e altri reati. Come vedovo, non era affatto sembrato inconsolabile: aveva subito litigato con le assicurazioni e con i parenti delle defunte, e dopo aver ordinato le esequie più economiche si era dato ad altre avventure. C’era di che proseguire, e l’Ispettore Neil proseguì: sequestrò le due vasche e incaricò Bernard Spilsbury di studiare il caso.
Bernard Spilsbury, a 37 anni, era già uno dei più capaci patologi del Regno Unito: ne sarebbe diventato il numero uno, e avrebbe rivoluzionato la criminologia forense.
IDEEAveva due idee fisse: arrivare quanto prima sul luogo del delitto, affiancando la polizia giudiziaria in tutte le operazioni, e parlare il più chiaro possibile, per farsi capire dai giurati popolari. Tenne sempre fede a questi principi, e con l’ispettore Neil iniziò una collaborazione quotidiana. Ma quei due casi sembravano insolubili: le vittime non recavano alcuna traccia di violenza, salvo piccole ecchimosi sui gomiti. Nei polmoni furono trovate schiuma e acqua: le poverette erano realmente morte annegate. Entrambe erano in ottima salute: le autopsie, anche a distanza di tanto tempo, erano significative: né malattie né disfunzioni. Insomma, sembrava davvero che fossero state colte da un malore, e che non ci fosse nessuno da sospettare. Ma i due non si scoraggiarono.
CLAMORE Nel frattempo il caso aveva suscitato un enorme clamore. I giornali l’avevano chiamato the brides in the bath- le spose nel bagno –, e i loro titoli oscuravano quelli, ben più drammatici, della guerra in corso. Ma fu proprio la stampa a dare l’impulso decisivo. Spilsbury e Neil si stava ancora arrovellando quando ricevettero da Herne Bay, una cittadina balneare del Kent, un rapporto su un caso di morte del maggio 1912. Un tale Henry Williams aveva affittato un appartamentino privo di bagno; un paio di settimane più tardi aveva acquistato e installato una vasca, e lì, tre giorni dopo, aveva trovato la moglie annegata.
Il vedovo, che aveva riscosso una cospicua eredità, fu subito riconosciuto come George J. Smith. Ma non c’erano abbastanza prove per processarlo e tantomeno per condannarlo. Anche qui, nessuna traccia di violenza, salvo piccole ecchimosi sulle braccia, quasi invisibili a occhio nudo. E nemmeno patologie pregresse. La vittima era apparentemente svenuta per un malore, e poi annegata. Spilsbury ripeté tutte le indagini tossicologiche sui campioni prelevati alle tre donne: nessuna traccia di narcotici o sostanze nocive. Eppure la soluzione doveva esserci.
VERBAL Il patologo passò ore e ore accanto alle tre vasche. Si distese dentro, e immaginò tutte le più bizzarre possibilità. Rilesse ancora i verbali della polizia: tutti e tre i corpi erano stati rinvenuti con le gambe allungate, e i piedi fuori dall’acqua. Allora capì.
Per esser più sicuro della propria ipotesi, chiese all’ispettore Neil di fare un esperimento. I due chiamarono alcune nuotatrici campionesse di tuffi, spiegarono che intendevano simulare un’aggressione durante il bagno, e le volontarie si prestarono eccitate a collaborare. Il primo risultato confermò la tesi dell’annegamento senza coazione. Tutte le ragazze avevano infatti opposto una resistenza estrema,anche davanti alla robusta stazza dell’ispettore. In pratica, non era possibile evitare che le mani della vittima si aggrappassero ai bordi, o afferrassero l’aggressore: in ogni caso le tracce di violenza sarebbero state evidenti, mentre, al contrario, mancavano del tutto. Allora Spilsbury provò il metodo usato, secondo lui, dall’assassino. Afferrò per i piedi una nuotatrice, e l’attrasse violentemente a sé: il busto e la testa scivolarono sott’acqua, senza reagire. La ragazza svenne, e ci volle del tempo per rianimarla. Quando le fu chiesto cosa ricordasse rispose : niente, solo l’acqua che saliva su per il naso. La prova fu ripetuta con le altre volontarie con lo stesso risultato, benché fossero tutte esperte tuffatrici.
Il 22 Giugno 1915 George Joseph Smith comparve all’Old Bailey, con l’accusa di omicidio plurimo aggravato. Spilsbury incantò i giurati spiegando in modo chiaro e accessibile la dinamica dei delitti: simulando uno scherzo affettuoso, il marito si era accostato ai piedi della vittima, e li aveva afferrati tirando improvvisamente a sé il corpo della bagnante. L’acqua era penetrata con violenza attraverso le narici, provocando uno choch e la perdita dei sensi. L’annegamento era quindi intervenuto senza violenze e quasi automaticamente. Unica traccia, le piccole ecchimosi sui gomiti.
Il 30 giugno, dopo 20 minuti di camera di consiglio, i giurati ritennero l’imputato colpevole, e il giudice Scrutton, copertosi il capo con la macabra teletta nera, lo condannò all’impiccagione.