Corriere della Sera, 25 giugno 2017
«Noi, ultimi custodi dei muretti a secco»
VERNAZZA (LA SPEZIA) Anselmo e Margherita sembrano due coetanei. Quando s’incontrano hanno le stesse idee, gli stessi progetti. Anselmo Crovara ha 82 anni, Margherita Ermirio 50 di meno. Anselmo aveva l’età di Margherita quando ha iniziato a raccogliere frammenti della storia delle Cinque Terre, soprattutto della sua anima contadina, trasformando la sua casa a tre piani nella parte alta di Manarola nell’Archivio della memoria. «È stata mia madre Annunziata a insegnarmi a fare i muretti a secco – racconta —. Erano sopratutto le donne a occuparsene, mentre i mariti lavoravano fuori, a La Spezia o in mare».
Le «cinque perle» della Liguria sono diventate 20 anni fa Patrimonio dell’Unesco proprio grazie ai terrazzamenti, «all’armoniosa interazione tra l’uomo e la natura». Opere d’arte sicuramente, ma anche d’ingegno. Per secoli hanno garantito la tenuta dei terreni, ora che stanno scomparendo le colline scivolano a mare. Come nel 2011: 7 morti e un territorio lacerato. «Allora vivevo a Londra, tutti parlavano di muretti ma nessuno faceva qualcosa. Così ho imparato a farli, poi è nata l’idea dell’associazione Tu quoque per insegnare a tutti le tecniche di una volta» racconta Margherita Ermirio, architetto e artista che ha girato l’Europa interrogandosi sul concetto d’identità, fino a quando ha trovato la risposta che cercava sopra la terrazza della sua casa a Vernazza.
L’associazione di Margherita prende in comodato gratuito i terreni che i proprietari, perché troppo anziani o semplicemente perché non gli conviene più, lasciano perdere. «Qui c’erano solo rovi, sotto le vigne stavano soffocando» mostra Margherita quello che ora è un filare ordinato di uva Bosco, base della doc delle Cinque Terre. Anche questa mattina è salita a sistemare muretti, non rinunciando alla sua ossessione artistica per i travestimenti, oggi l’omaggio è a un gruppo coreano, i Bts, capelli dalle tinte fluo e camicione sgargiante. Con lei c’è il padre Vittorio, che la guarda orgoglioso. «A me ha insegnato mia madre – dice —. Si chiamava Margherita». Un ciclo che riprende. La figlia non perde tempo: «Passami un recauso» chiede, che sarebbe una pietra che sta in una mano, ideale per riempire il vespaio, quel misto di sassi e terra che alle spalle del muro permette il drenaggio dell’acqua. «Lo vedete quel muretto là in fondo? – indica Margherita —. È falso, riempito con il cemento, non reggerà».
Costruire i muretti come faceva sua nonna non è solo un’operazione nostalgica, ma una scelta consapevole, la sapienza antica è l’unica che può garantire un futuro. Margherita con la sua associazione negli ultimi due anni ha organizzato 8 campi di volontariato, uno con l’Unesco, 80 persone hanno imparato i segreti di come impilare i sasci, come li chiamano da queste parti. «È venuto un ragazzo austriaco. Mi ha detto: a me piace solo il computer. Bene, ho risposto: fare i muretti è come il Tetris».
La casa di Anselmo Crovara è proprio dove finisce il sentiero che da Riomaggiore arriva a Manarola. «Quando ero giovane mi arrampicavo con la cesta sulle spalle, portavo anche 40 chili» ricorda. Mostra la piccola frana proprio davanti al portone. «Tutta colpa dei turisti». Sul sentiero scosceso è una processione ininterrotta, c’è chi si avventura in ciabatte. I muretti per loro sono solo passamani, si aggrappano per non cadere, passaggio dopo passaggio sbriciolano tutto.
Il paradosso delle Cinque Terre sta proprio qui. Gli stranieri restano incantati dai borghi e dal mare turchese. I locali trovano più vantaggioso affittare camere che curare i terreni strappati agli strapiombi. E così il Patrimonio Unesco rischia di diventare solo un villaggio commerciale, se pochi daranno retta a Margherita e Anselmo. Il Parco nazionale prova a dare sostegno a chi vuole ripristinare gli antichi muri, alla Regione si possono chiedere i fondi dei Piani di sviluppo rurale. I soldi non bastano mai, ma serve una svolta culturale non un salvadanaio pieno. Margherita e Anselmo non si danno per vinti, figli di una natura aspra e generosa. «Dai terrazzamenti capisci la resilienza di noi liguri».