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 2017  giugno 25 Domenica calendario

Guai per l’orso Yoghi: il grizzly di Yellowstone non è più specie protetta

L’orso grizzly di Yellowstone (e dintorni) non è più una specie a rischio. Per il segretario degli Interni Usa, Ryan Zinke, la popolazione che abita il parco e le zone limitrofe – a cavallo fra Montana, Wyoming e Idaho – è sufficientemente forte per cavarsela da sola. «Sono cresciuto anch’io da quelle parti e vi assicuro che questo è uno dei più grandi successi delle politiche di conservazione animale degli Stati Uniti», ha detto giovedì scorso, annunciando che dopo oltre quarant’anni il gigante bruno – pesa in media dai 90 ai 300 chili – non godrà più della protezione federale.
Già sotto Obama, il Fish and Wildlife Service aveva proposto di togliere la tutela; con la presidenza Trump è ufficiale: il mitico orso Yoghi sarà al sicuro solo se resterà ben all’interno dei confini del parco. Senza il controllo federale, saranno i singoli Stati a decidere la sua sorte nel Greater Yellowstone Ecosystem, ben oltre i limiti della riserva naturale. Ed è probabile che, per venire incontro agli allevatori di bestiame, ripartirà la caccia o almeno il «diritto alla difesa». I cowboys si lamentano degli sconfinamenti dei grizzly. Peccato che i plantigradi, che hanno un raggio d’azione fino a 5 mila km2, non sappiano leggere le mappe e lo Yellowstone non abbia fili spinati.
L’Ursus arctos horribilis e il suo «fratello» orso nero erano i padroni del selvaggio West americano, gli indiani ancora oggi li rispettano e contestano la scelta di Washington. «È un ritorno alla mentalità della frontiera», sostiene Ben Nuvamsa, della tribù Hopi. La storia sembra dargli ragione. Con l’arrivo dell’«uomo bianco», i grizzly furono sterminati: ce n’erano oltre 50 mila all’inizio del XIX secolo, nel 1975 ne restavano appena 136. Per questo finirono tra le specie a rischio. Oggi sono 700 nell’area di Yellowstone (1.000 in tutti gli Usa continentali, esclusa cioè l’Alaska).
Sparare ad un grizzly non è difficile. Come ha spiegato Kerry Gunther, biologo del Parco nazionale di Yellowstone, «l’orso non si spaventa, non si arrampica su un albero, non scappa». Se l’uomo che lo incontra è disarmato, il rischio è alto. Per questo gli opuscoli del parco raccomandano di tenere una distanza di almeno 91 metri. Con un fucile, il discorso cambia. Per gli ambientalisti è un regalo agli allevatori dal grilletto facile, che hanno votato in massa per i repubblicani. I pochi grizzly presenti nel resto degli Usa, invece, godranno ancora della protezione federale. Non in Alaska, dove sono circa 30 mila e ogni primavera ed autunno si apre la caccia.
L’ambiguo rapporto fra uomo e orso è una storia che il cinema ha raccontato in modo spettacolare, da «L’urlo» dell’odio con Anthony Hopkins a «Revenant», premio Oscar a Leonardo DiCaprio. Per gli amanti del genere, è un must il docu-film «Grizzly Man» di Werner Herzog sulla storia di Timothy Treadwell, che si isolò tredici anni in Alaska per proteggere i grizzly. E finì sbranato.