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 2017  giugno 26 Lunedì calendario

La scalata dei fratelli Issa da benzinai di Halifax all’impero Esso in Italia

Il ribaltamento dei ruoli è avvenuto una ventina d’anni fa. Ancora nel 1995, Mohsin e Zuber Issa, due fratelli di Halifax, nel nord dell’Inghilterra, figli di genitori emigrati dall’India, lavoravano come inservienti in una stazione di servizio della loro città. Dove si occupavano di tutto, dal fare i commessi fino alle pulizie dei bagni. Nel 1995, la decisione di diventare proprietari di sé stessi e di un piccolo garage sull’orlo del fallimento, investendo tutti i loro risparmi, per non più di 5mila sterline. Da quel momento, la vicenda si trasforma nella classica storia dei self made men di successo: la piccola attività è diventata un impero, il singolo garage si è trasformato una catena con oltre 350 punti vendita, le sterline si sono moltiplicate fino a diventare un giro d’affari per 1,3 miliardi di sterline. E i fratelli Issa sono appena stati inseriti nella lista dei nuovi billioners inglesi redatta dal Times. Una crescita che va oltre i confini dell’isola e che – sfidando anche la Brexit – è arrivata oltre la Manica e, dall’altra settimana anche in Italia. Sono stati loro a sbaragliare la concorrenza e ad aggiudicarsi la gestione delle 1.176 stazioni di servizio a marchio Esso, poste in vendita dagli americani di ExxonMobil, diventando così i primi operatori indipendenti del nostro paese.
«Un esempio che dovrebbe guidare tutti coloro i quali hanno una ispirazione», hanno scritto i quotidiani britannici, con evidente riferimento sia al fatto di essere partiti da zero sia alle loro origini familiari. In realtà, lo spirito del negozio ce l’hanno nel sangue e la scelta del settore in cui investire non è stata poi così dettata dal caso. Intanto, le origini indiane: i genitori di Moshin e Zuber, di cultura musulmana, provengono dal Gujarat, una regione al confine con il Pakistan, famosa per i tessuti, per aver dato i natali al Mahatma Ghandi e per avere una popolazione molto portata nelle attività economiche. Le guide turistiche li definiscono senza mezzi termini «abilissimi nel commercio». La famiglia Issa non é da meno: il padre ha gestito un piccolo garage e i figli tutti i fine settimana lo andavano a trovare al lavoro: «Passavamo il tempo a guardare come si muoveva e come si dava da fare».
Guardare per imparare. Ma anche per migliorare. Dopo l’esperienza da tuttofare sotto padrone, i fratelli Issa nel 1995 aprono la loro prima stazione di servizio a Bury, nell’area della Great Manchester. Ma il salto di qualita’ arriva sei anni dopo, quando danno il via a Euro Garages, una società con base a Blackburn, con l’idea di creare una catena di aree di rifornimento nel nord del paese. Una scelta controcorrente rispetto ai flussi economici: la crisi economica comincia a farsi già sentire, per poi esplodere qualche anno dopo con il crollo di Lehman Brothers e anche gli inglesi cominciano a usare meno l’automobile. Con inevitabile ricaduta sui consumi: negli ultimi vent’anni la quantità di benzina venduta in Gran Bretagna è calata di oltre un terzo. Provocando la ristrutturazione del settore: a inizio secolo, le aree di servizio sull’isola erano oltre 19mila, ora sono crollate a 8mila.
Mentre tutti attorno a loro vendono (o peggio, chiudono proprio), i fratelli Issa comprano. Ma non si limitano a questo, sarebbe stato un errore. Come hanno avuto modo di spiegare in una intervista, vanno incontro alle nuove esigenze dei consumatori colpiti dalla recessione. Offrendo, accanto alla benzina, servizi commerciali a costi contenuti. Inserendosi nel solco della tradizione dei paesi del nord, dove la stazione di servizio non si limita solo al pieno di benzina, spostano il peso dei ricavi. Invece, di limitarsi alla vendita di carburanti, puntano sulla ristorazione e sui piccoli supermercati. Ci arrivano a tappe, ovviamente, comprando un distributore dopo l’altro; anche se la scelta si rivela da subito vincente. Mano a mano che crescono, stringono accordi con le grandi catene popolari che aprono spazi commerciali nelle loro stazioni: Starbucks, Burger King, Subway (specializzata nella vendita di sandwich), Greggs (forno e pasticceria) e Spar (minimarket).
Nel 2011, le loro aree di servizio in Inghilterra diventano 73, una crescita che si riflette nel conto economico. Il giro d’affari è di 300 milioni di sterline nel 2011, diventa di 646 milioni tre anni dopo, fino ad arrivare agli attuali 1,3 miliardi di sterline. Il raddoppio del fatturato arriva grazie a una doppia operazione. Nel 2015 Euro Garages acquisisce la gestione di altre 172 stazioni di servizio a marchio Bp, Shell ed Esso, mentre due anni dopo si allea con il gruppo European Forecourt Reatail Group, attivo in Francia e nel Benelux. il successo sul piano industriale va a braccetto con quello finanziario: per sostenere la crescita, viene venduta una quota di minoranza al fondo Tdr Capital, a dimostrazione di come i fratelli Issa siano diventati un sinonimo di successo commerciale. Sanno anche sfruttare le possibilità offerte dall’odierna società della comunicazione globale per far parlare della loro attività: da qualche anno non vendono più alcolici nelle loro aree di servizio. C’è chi ha avanzato l’ipotesi che la loro scelta possa avere ragioni di tipo confessionale, visto la loro origine musulmana. Mohsin e Zuber hanno invece spiegato che la loro iniziativa si basa su presupposti di carattere etico: non è giusto vendere birra o gin a chi poi deve mettersi al volante. Inserendosi così nel dibattito che si è aperto in Inghilterra dopo la decisione del governo che ha liberalizzato la vendita di alcolici.
Sarà interessante ora capire se il modello che si è rivelato vincente potrà essere replicato in un paese di tradizioni completamente diverso come l’Italia. L’operazione che ha portato i due fratelli Issa a diventare i titolari delle 1.176 stazioni di servizio a marchio Esso, li proietta ai vertici del mercato nel nostro paese. In una realtà, tra l’altro, in grande movimento. Dove i grandi marchi cedono il passo, almeno nella vendita al dettaglio, ai gruppi indipendenti o sono costretti ad alleanze. È il caso di Shell che ha ceduto la sua rete ai kuwaitiani di Q8 soltanto un anno fa: o alla stessa TotalErg che a breve dovrebbe chiudere il processo di vendita cui è interessata, tra gli altri, la Ip della famiglia marchigiana Brachetti Peretti.
Un processo di ristrutturazione del settore che da un lato preoccupa il sindacato (che non a caso ha chiesto un incontro urgente al ministero dello Sviluppo economico proprio all’indomani della cessione delle stazioni Esso), perché teme ricadute pesanti sulle condizioni e sui posti di lavoro. Ma dall’altra appare come inevitabile: l’Italia ha oltre 21mila stazioni di servizio, il doppio della Francia e quasi il triplo della stessa Gran Bretagna. Un primo ridimensionamento c’è stato, ma non come si sarebbe aspettato il governo che nelle varie revisioni delle regole sulla concorrenza ha cercato di favorire l’apertura ai gestori indipendendenti, avendo come obiettivo di scendere a non più di 16mila punti vendita. Come dire: se i fratelli Issa cercano nuove occasioni per crescere, il mercato italiano potrebbe presto offrirne loro di nuove.