Affari&Finanza, 26 giugno 2017
Kazakhstan, la sfida della Dubai della steppa
Camminando sotto la volta di “Nur Alem”, lo scintillante padiglione kazako, cuore dell’Esposizione internazionale di Astana, si resta affascinati dal design futuristico dell’edificio sferico, il più grande al mondo, cento metri di altezza e ottanta di diametro, costruito per presentare a potenziali investitori la visione del futuro del Kazakhstan oltre il petrolio e il gas naturale. Inaugurata lo scorso 10 giugno, l’Expo 2017, la prima ospitata in un’ex Repubblica sovietica centroasiatica, vuole mettere in mostra la transizione sostenibile del Kazakhstan verso le rinnovabili: acqua, cinetica, biomassa, sole e vento. L’ obiettivo è ambizioso: aumentare del 3 per cento ogni anno l’efficienza energetica dell’industria pesante e alimentare metà del proprio fabbisogno energetico grazie a fonti pulite entro il 2050, quando il Paese ha fissato l’appuntamento per entratre fra le trenta economie più ricche e sviluppate al mondo. Le risorse naturali Incuneato tra Russia e Cina, con quasi tre milioni di chilometri quadrati di superficie, il Kazakhstan è uno dei più grandi Stati del mondo senza sbocchi sul mare, ma ha una popolazione pari alla sola Nuova Delhi. Grazie all’abbondanza di risorse naturali, dal petrolio e gas naturale al carbone, dall’uranio alle terre rare, tra le cinque ex Repubbliche sovietiche cosiddette “Stan” è quella che più di tutte è riuscita a cementare il suo ruolo sul palcoscenico mondiale fuori dall’orbita russa fino a scalzare Ginevra come sede dei colloqui di pace sulla Siria e a conquistare un seggio come membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. I tre mesi dell’Expo 2017 dal tema non casuale “Energia futura, Esposizione internazionale” che cade in una fase intermedia tra quelle “universali” quinquennali, sono l’occasione per ricordare a un’audience mondiale la posizione geografica strategica come snodo tra Occidente e Oriente del Paese e per presentare la sua agenda aperta agli investimenti esteri nel quadro degli sforzi per trasformare la nazione in un’economia diversificata guidata dal settore privato e dallo sviluppo delle rinnovabili e dell’high-tech. Come la Russia, il Kazakhstan resta un’economia basata sugli idrocarburi: il petrolio ammonta al 20% del Pil, al 50% delle entrate di bilancio e al 60% delle esportazioni. Il crollo dei prezzi nel 2014 che ha fatto precipitare il tasso di crescita del Pil all’1% negli ultimi due anni rispetto al +6% del 2013 e al +4,2% del 2014 ha esposto i rischi di questa dipendenza dall’oil&gas e accelerato la necessità di puntare sulle rinnovabili e di portare avanti il piano di privatizzazione e riforme nel cassetto da anni. Il paladino della transizione sostenibile è Nursultan Nazarbaev, 77 anni la prossima settimana, l’ex segretario generale del Partito comunista che guida il Paese dal 1989, due anni prima che diventasse indipendente. Nata dal nulla vent’anni fa, la capitale ultramoderna dalle torri d’oro e vetro, Astana, soprannominata “Dubai della steppa” è lo specchio delle sue ambizioni. Il 31 gennaio, nel suo discorso alla nazione, Nazarbaev ha illustrato i punti della nuova trasformazione economica che ha in programma, la Modernizzazione 3.0. Un nuovo Stato Se il primo stadio negli Anni Novanta aveva puntato a realizzare un nuovo Stato sui principi dell’economia di mercato e il secondo a implementare la “Strategia 2030” e a creare la nuova capitale, il terzo invece dovrà seguire cinque priorità: la modernizzazione tecnologica dell’economia, l’aumento delle piccole e medie imprese sino a metà del Pil entro il 2050, maggiore stabilità macroeconomica, potenziamento della qualità del capitale umano e infine rafforzamento delle istituzioni e degli sforzi di lotta alla corruzione. Il programma rientra nell’ambito della cosiddetta “Strategia 2050” annunciata nel 2012 che vuole portare la nazione tra le 30 economie più sviluppate al mondo entro il 2050. Per riuscirci, il presidente ha lanciato un altro slogan: l’iniziativa “100 Passi concreti” che ha lo scopo di portare a compimento sia la privatizzazione delle principali compagnie statali sia il quadro normativo di riforme necessario a ripulire il sistema bancario, riformare il regime fiscale e ripensare il settore agricolo. A dispetto dei tratti autocratici del suo governo, dal bavaglio alla stampa alla repressione del dissenso, i piani di Nazarbaev avanzano però a fatica perché si scontrano con la burocrazia, l’inerzia amministrativa e gli interessi acquisiti che vorrebbe per l’appunto rimuovere. Progressi ci sono comunque stati. Come ha evidenziato il recente rapporto della Banca Mondiale “L’economia ha toccato il fondo: cosa avverrà dopo?”, il settore privato e il mercato del lavoro hanno meno restrizioni rispetto a dieci anni fa, ottenere un permesso per costruire è più facile e i diritti degli azionisti sono stati rafforzati. Non a caso nell’Indice “Doing Business 2017”, dove l’Italia appare solo al 50° posto, il Kazakhstan è balzato di ben sei posizioni fino al 35° ed è avanzato in sette categorie su dieci, mentre nell’Indice di competitività globale 2017 del Forum economico mondiale ha superato Turchia, Costa Rica e Colombia. Le compagnie estere che operano nel Paese nel 2016 sono aumentate del 25% portando l’afflusso di investimenti esteri diretti (Fdi) a oltre 20 miliardi di dollari, il 40% in più rispetto al 2015. Gli affari con l’Italia Anche l’Italia ha dimostrato interesse per il Paese: negli ultimi dieci anni le imprese nostrane hanno investito oltre 4,5 miliardi di euro, mentre l’anno scorso l’export italiano ha raggiunto 842,2 milioni di euro, l’8,2% in più rispetto al 2016. Per la verità, ora c’è un momento difficile. Nei primi 3 mesi del 2017 l’export italiano nel Paese ha registrato una decisa flessione (-59%) arrivando a quota 135 milioni di euro. Il calo è dovuto principalmente alla netta riduzione delle esportazioni di macchinari e di prodotti in metallo. L’import italiano dal Paese nello stesso periodo è rimasto sostanzialmente stabile e pari a circa 357 milioni di euro, composti quasi interamente da idrocarburi e prodotti minerari. Nel futuro il Paese vuole sfruttare la sua posizione geografica inseguendo due traguardi. Da un lato, costruire centrali ad energia rinnovabile sfruttando la velocità media dei venti tra quattro e sei metri al secondo in oltre metà del Paese, in particolare nel Nord, e gli alti livelli di radiazione solare nel Sud. Dall’altro, accreditarsi come snodo centrale euroasiatico della nuova Via della Seta, il progetto “One Belt One Road” lanciato da Pechino per integrare Asia e Europa via terra e via mare. In più, una volta terminato l’Expo il 10 settembre, nei padiglioni oramai svuotati inaugurerà un nuovo Centro finanziario internazionale (l’Astana International Financial Center, Aifc) che includerà un tribunale indipendente, un centro bancario e l’Astana International Exchange (Aix), Borsa che aspira a fare da ponte tra Oriente e Occidente e a far avanzare lo status del Paese da mercato di frontiera a mercato emergente a tutti gli effetti. Un’altra delle tanti ambizioni a lungo termine che distingue il Kazakhstan dal resto dell’Asia centrale.