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 2017  giugno 26 Lunedì calendario

Erdogan minaccia l’Arabia. In Qatar si rischia la guerra

Sempre più critica la situazione nel Golfo Persico, dove si teme il peggio in vista della scadenza, il 3 luglio, dell’ultimatum dell’Arabia Saudita al Qatar. Ieri la presa di posizione ufficiale della Turchia in favore dell’emirato ha incoraggiato Doha a non cedere ai diktat di Riad e dei suoi alleati. I sauditi hanno inoltrato ai qatarioti 13 richieste, fra cui la chiusura di una base militare turca aperta di recente in quel territorio. Lo stesso presidente turco Recep Tayyp Erdogan ci ha messo la faccia dicendo: «Noi sosteniamo la posizione del Qatar perché consideriamo che la lista delle 13 richieste sia contraria al diritto internazionale. La richiesta specifica sulla nostra base è inoltre una mancanza di rispetto. Dobbiamo ottenere un permesso quando raggiungiamo un accordo di cooperazione nella difesa con un paese?». 
Erdogan condivide l’atteggiamento del Qatar, che sostiene di non volersi piegare ai diktat di Riad «perché non si può attaccare o intervenire contro la sovranità di un paese». Lo stesso Qatar, poche ore prima aveva definito «illegali e irragionevoli» le richieste. 
I turchi al momento hanno in Qatar una forza militare simbolica, poco più di un centinaio di soldati con 5 carri armati, ma Ankara ha già fatto sapere che con un ponte aereo, questa potrebbe aumentare rapidamente fino a 1000 soldati, tenendo conto che l’obiettivo finale di capienza della base, come era stata concepita dagli accordi preliminari col Qatar, sarebbe di almeno 3000 uomini. 
È ormai da tre settimane che Arabia Saudita e vari altri stati suoi alleati, in primis Egitto, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti, hanno rotto le relazioni diplomatiche col Qatar accusandolo di sostegno al terrorismo, soprattutto della Fratellanza Musulmana, e delle sue aperture verso l’Iran, di fatto rompendo il fronte sunnita contro Teheran. Fra i punti dell’ultimatum, considerato irricevibile da Doha, c’è anche la chiusura di quella vera e propria «Cnn araba» che da molti anni è la tv Al Jazeera, con sede proprio nell’emirato. Finora si è dimostrata vana l’opera di mediazione del Kuwait, mentre gli stessi americani, che in Qatar detengono l’importante base aerea di Al Udeid, da cui partono numerose missioni di bombardamento contro l’Isis in Iraq e Siria, si sono chiamati fuori, sostenendo, con le parole del portavoce della Casa Bianca Sean Spicer che «è una questione di famiglia fra di loro». Il presidente Usa Donald Trump, insomma, non si immischierà, almeno per il momento. 
Di certo, se i sauditi tentassero di invadere il Qatar creerebbero un enorme focolaio di crisi nel Golfo e nello Stretto di Hormuz, da cui passa oltre il 20 per cento del petrolio mondiale, con tutto quel che ne conseguirà sui mercati. Sarebbe un evento paragonabile per certi aspetti all’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq di Saddam Hussein il 2 agosto 1990, che portò il 17 gennaio 1991 alla conseguente guerra di coalizione. Non solo, un conflitto porterebbe definitivamente Turchia e Iran dalla stessa parte della barricata per via della comune amicizia con l’emirato, confermando un’intesa già delineata, per il tramite della Russia, sugli equilibri in Siria. Tutto complicato dal fatto che la Turchia resta uno dei membri chiave della Nato.