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 2017  giugno 26 Lunedì calendario

Telefonia: lasciate ogni speranza, o voi che pagate

Vessati, bistrattati e molestati fino a subire un vero stalking da parte delle compagnie telefoniche. Più che una sensazione, la realtà che affrontano gli utenti italiani. Che, se anche superassero indenni quel paio di telefonate al giorno da parte dei call center, quasi nulla possono contro le insidie dei servizi che gli vengono appioppati. Del resto a chi non è capitato di scervellarsi davanti a un importo stratosferico di un servizio non richiesto come la chat erotica, l’oroscopo o l’abbonamento delle suonerie? E, addirittura, di non riuscire neanche a lamentarsi con il gestore, perché da mesi si attende invano l’attivazione della Fibra o dell’Adsl, che il più delle volte non raggiungerà mai la velocità sbandierata dal gestore.
Uno stress per chi subisce. E, tra chi si lancia nel vortice dei call center e raccomandate o si affida alle associazioni dei consumatori, il senso di impotenza sovrasta la normativa che regola il settore. Certo, poi però il più delle volte finisce tutto in una bolla di sapone, perché dalle parole (o meglio dalle minacce che si urlano contro i call center) non si passa mai ai fatti. Il solo pensiero del tortuoso iter burocratico da seguire per dirgli addio scoraggia anche i più battaglieri.
Un fenomeno che assomiglia a una sorta di sindrome di Stoccolma che, alla fine, ha come conseguenza quella di tenere legati per decenni il cliente allo stesso operatore nonostante gliene faccia passare di tutti i colori. Lo snodo è lo stesso da anni: la posizione di squilibrio tra l’operatore e l’utente, che non è in grado di capire integralmente e, quindi, valutare le conseguenze dei contratti che firma e di tutte le modifiche contrattuali che ci sono dietro.
Di cosa stiamo parlando? Dell’abuso da parte dei big telefonici dei cambi unilaterali (vale a dire senza alcun consenso da parte dell’utente): uno inizia e gli altri a ruota si adeguano agli aumenti delle tariffe, spacciate per modifiche contrattuali. “I gestori le chiamano rimodulazioni per indorare la pillola, tecnicamente sono modifiche economiche al contratto effettuate sempre al limite del lecito e della pazienza dei clienti, che – spiega Emmanuela Bertucci dell’Aduc – devono comunque essere informati tramite sms con un preavviso di almeno 30 giorni”.
Un diluvio di rincari che si sta abbattendo proprio in questi giorni. Tre (gestore che si è fuso con Wind) ha comunicato la sua 16ª variazione da inizio 2016: dal primo luglio la fatturazione sarà conteggiata su base mensile e le tariffe subiranno aumenti fino a 2,99 euro ogni 30 giorni. Wind, invece, dal primo rinnovo successivo al 16 luglio 2017, aumenterà di 2 euro ogni 4 settimane il costo di alcune offerte; è la 19ª variazione negli ultimi due anni. Vodafone (è la 14ª modifica dal 18 gennaio 2016) dal 23 luglio, aumenta di 1,99 euro ogni 4 settimane gli abbonamenti di alcuni clienti, che in cambio riceveranno gratis fino a 2 Giga ogni domenica. Poi c’è Tim. L’ex monopolista non riserva nessuna amara sorpresa per i suoi clienti, ma semplicemente perché già ha dato: sul fronte mobile, dallo scorso aprile, alcune opzioni della gamma Tim Special sono diventate Maxxi, facendo sborsare 2 euro in più ogni 4 settimane ai clienti in cambio di 2 Giga, mentre le fatture dei clienti con linea fissa non sono più mensili ma vengono emesse ogni 8 settimane, ma il corrispettivo delle offerte promozionali viene calcolato su 28 giorni e non più su base mensile. Stessa novità introdotta dal primo maggio da Fastweb. Un conteggio che rappresenta la mamma di tutte le beffe in tema di rincari tariffari: nell’arco di un anno invece di pagare 12 rinnovi mensili se ne pagheranno 13 quadrisettimanali, determinando un aumento per i clienti dell’8,6%. Che devono mettersi l’anima in pace, perché non sono previsti interventi per evitare il salasso sul fronte del mobile. Mentre sulla telefonia fissa pende la sentenza del Tar del Lazio che, entro il prossimo mese, potrebbe vietarne l’applicazione. I big telefonici continuano a dare la colpa di questi rincari “alle condizioni strutturali di mercato”, che altro non sono i profitti sempre più bassi a causa della messaggistica istantanea gratuita (WhatsApp, Skype, Messanger) che ha ridotto notevolmente la spesa degli utenti. L’Espresso lo scorso anno parlava di 2 miliardi di euro di ricavi generati dalle chat, contro i 100 miliardi di euro dei vecchi sms.
Cosa possono fare, allora, i clienti alle prese con questa giungla delle telefonia? “Dallo scorso mese possono sfruttare una nuova speciale tutela introdotta dall’Agcom che non prevede nessun tipo di penale quando si lascia il proprio operatore, dopo aver subito il cambio di contratto”.
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la sòla. E gli esempi non mancano. Basta un tocco di troppo sullo schermo del cellulare, magari solo un po’ più di pressione, per chiudere un’applicazione, e dal proprio credito spariscono minimo 5 euro, che diventano 10 euro dopo una settimana. Ci si è ritrovati abbonati a servizi di suonerie, screensaver, oroscopi o giochi, dove non servono consensi né carte di credito. Difficile non credere alla signora Lucia, 83 anni a settembre, che quasi ha rischiato un infarto quando si è accorta che sulla bolletta del telefono le erano stati addebitati oltre 725 euro perché aveva navigato su una chat erotica. Poco importa che la nonnina usi il cellulare solo per parlare con la figlia e i nipoti. Purtroppo è solo una delle migliaia di vittime di questi servizi premium (secondo l’Agcom le attivazioni nel 2016 sono state oltre 500mila) che vengono pubblicizzati attraverso banner e pop up. Poco importa che nel 2015 l’Antitrust abbia punito con una maxi sanzione di 5 milioni di euro gli operatori: si giustificano dicendo di non c’entrare nulla mentre, però, ricevono una percentuale per ogni cliente che attiva il servizio premium.
Capitolo a parte per l’incubo numero dei clienti telefonici: la chiamata del call center che propone di cambiare gestore. Offerta resa allettante dalla possibilità di risparmiare sulla bolletta, grazie alle numerose tariffe presenti sul mercato che fanno delle promozioni un paradiso per i consumatori. Ma i guai iniziano quando, per un qualsiasi cavillo, viene rallentato il passaggio da una compagnia. Un escamotage usato per scoraggiare il cliente. E per quanti, comunque, osassero cambiare gestore l’espiazione è nota: essere subissati di telefonate nei mesi successivi da parte della vecchia compagnia.
Proprio come ha fatto Tim lo scorso inverno trattando in modo illecito i dati di due milioni di suoi ex clienti di rete fissa: li ha provati a richiamare con le cosiddette offerte winback. Una procedura illecita che viola la privacy e che ha portato Tim a pagare un milione di euro di multa.
Se si tratta di inganni, malafede o errori amministrativi, poco importa quando milioni di utenti si ritrovano a combattere contro i mulini a venti tra trappole e cavilli giuridici. Tanto la storia non sembra insegnare niente ai big telefonici. Anche se nel 2015 Telecom e Vodafone furono sanzionate per 900 mila euro per aver imposto ai clienti l’acquisizione implicita dei servizi di reperibilità, vale a dire il “Ti ho cercato” – che da allora sono diventati a pagamento –, i nuovi clienti Tre sono tutt’ora costretti per il primo mese a sborsare 1,5 euro per questo servizio che viene attivato di default.
Dulcis in fundo, il roaming. Dal 15 giugno gli operatori non possono più addebitare costi aggiuntivi per le chiamate dai telefoni cellulari e per il traffico dati degli utenti in viaggio nei Paesi europei. “Ma il fatto che all’estero non siano più applicabili sovrapprezzi – sottolinea Rita Sabelli dell’Aduc – non vuol dire che si può pensare di poter utilizzare i servizi per un tempo illimitato; tutto dipende in realtà dal tipo di contratto che si è stipulato col gestore nel proprio Paese. Mentre – prosegue – agli operatori, di solito quelli piccoli, che non fossero in grado di recuperare i propri effettivi costi relativi al servizio di roaming le normative consentono di chiedere all’Autorità garante l’autorizzazione ad applicare sovrapprezzi che devono essere ovviamente comunicati agli utenti”. Per ora, però, gli unici aumenti sarebbero arrivati solo da quelli grandi: proprio la sfilza di aumenti annunciati da Wind e Tre sono finiti sotto la lente dell’Agcom che dovrà verificare che non si siano compiuti degli abusi.