La Gazzetta dello Sport, 24 giugno 2017
I 30 anni di Leo Messi. Bambino fenomeno, poi il Barça e la scalata alla gloria
in attesa di firmare un contratto da 30 milioni di euro netti a stagione e dopo aver vinto 30 titoli solo col Barcellona Leo Messi oggi compie 30 anni. Un decennio spensierato passato giocando per le strade di Rosario, un decennio preoccupato tra ormoni della crescita, emigrazione e scalata alla gloria, un decennio scatenato scandito da trionfi e 4 Palloni d’Oro.
QUATTRO POLI Sulla bussola di questo ragazzo con le radici nelle Marche, quattro poli. Il pallone, e in senso lato il campo e il gioco, un luogo di fantasia dove il timido Leo riesce a comunicare con tutto il mondo. La famiglia, due fratelli più grandi, una sorella più piccola, la mamma e il papà-agente: la sicurezza a circuito chiuso. L’amore, rappresentato da Antonella Roccuzzo, anche lei di origini italiane, anche lei di Rosario, amica da bambina, fidanzata da adolescente, oggi madre dei suoi due figli e promessa sposa venerdì prossimo. E ovviamente il Barça, che l’ha accolto, non senza problemi, a 13 anni e non se l’è più lasciato scappare.
ARGENTINA AGITATA Il 23 giugno del 1987, giorno in cui Celia Messi entra all’ospedale Giuseppe Garibaldi per partorire il suo terzo figlio, l’Argentina attraversa una gravissima crisi politica e il governo di Raul Alfonsin cede alle pressioni dei militari e approva la Ley de la Obediencia Debida: gli autori materiali di torture e assassinii commessi solo pochi anni prima non devono rispondere di nulla in quanto considerati meri esecutori di ordini superiori. Mentre Lionel viene al mondo lungo 47 centimetri e 3 chili di peso, a Rosario scoppiano due bombe e in Argentina l’inflazione corre più di Leo, che prima entra alla scuola calcio Grandoli e poi nel 1994 passa al Newell’s. Strabilia tutti con la sua qualità: tanti gol, pochi crucci.
CENTIMETRI E ORMONI Il 31 gennaio del 1997 il dottor Diego Schwarzstein visita Messi per la prima volta. Leo misura 125 centimetri, 10 in meno rispetto alla media dell’età, e lo specialista in problemi di crescita gli diagnostica un deficit nell’ormone della crescita e gli prescrive un trattamento di iniezioni caro e prolungato. Il secondo decennio di Leo parte dunque con i dubbi sulla crescita che presto saranno affiancati da quelli sul futuro non più solo del bimbo prodigio ma della sua intera famiglia: il 16 settembre del 2000 Leo e papà Jorge partono per Barcellona dove ad attenderli c’è il Barça e un provino prolungato. Il 15 febbraio del 2001 Leo tornerà in Catalogna con tutti i suoi cari, che legano il proprio destino a quello di un bambino di 13 anni. Vita dura: Leo si rompe subito una gamba per un’entrata eccessivamente forte, sua sorella Maria Sol non si adatta alla città e al catalano e la cosa provoca la scissione familiare, maschi a Barcellona, femmine a Rosario, problemi burocratici limitano a lungo l’impiego del bambino prodigio argentino.
PROGRESSIONE Leo non parla, si allena con dedizione straordinaria come il suo talento. Nel 2002 al Trofeo Maestrelli di Pisa inizia a familiarizzare coi compagni, nel novembre del 2003 Rijkaard lo fa debuttare con i grandi in un’amichevole a casa di Mourinho, nel 2004 la prima partita ufficiale, nel 2005 il primo gol e il primo trofeo, nel 2006 la prima Champions. La progressione è inarrestabile, i titoli col Barça già 5, e Leo non ha ancora 20 anni.
TITOLI IN SERIE Ed eccoci al decennio prodigioso, almeno col Barça: altri 25 titoli, oltre a Palloni e Scarpe d’Oro in serie. Due triplete con Guardiola e Luis Enrique, il calcio celestiale con Pep che alle 10 di sera di un Primo maggio lo chiamò in ufficio per dirgli che il giorno dopo al Bernabeu avrebbe iniziato a fare il «falso nueve»: finì 6-2 per il Barça. Tra tante gioie, una brutta grana del processo per frode fiscale e l’immenso dolore per la morte di Tito Vilanova, l’allenatore che a metà del secondo decennio di Leo lo gestiva in uno squadrone con Fabregas e Piqué.
LO SPETTRO DEL DIEGO È allora che la fama di Leo cresce e ripassa l’Atlantico: nel 2005 arriva la conquista del Mondiale Under 20 e il debutto con la Seleccion. Tempo 47 secondi e il tedesco Merk espelle Messi. Oggi con il corollario delle 3 finali perse negli ultimi 5 anni e una storia d’amore nazionale incompiuta possiamo interpretarlo come un brutto presagio. Leo si sente argentino ma gli argentini faticano a sentirlo come uno di loro. Gli chiedono crudelmente di essere Maradona, lider maximo di una nazione e non solo stella di una nazionale. Poco prima di arrivare a 30 anni Diego aveva perso la finale di Italia ‘90 (dopo aver vinto strabiliando il globo il Mondiale ‘86) e neanche 5 mesi dopo il 30° compleanno fu trovato positivo alla cocaina. In pochi mesi, tutto il variopinto mondo di Maradona. Messi chiede solo tranquillità e vittorie, come al Barça.