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 2017  giugno 23 Venerdì calendario

Cari politici, giù le mani dal Liceo Classico

«È ridicolo interpretare, come sembra costume di molti presidi, la politica del “successo formativo” come il diritto di tutti ad avere un diploma liceale». Non potrebbe essere pubblicato in un periodo migliore, quello degli esami di maturità, il pamphlet di Miska Ruggeri, per anni animatore e firma delle pagine culturali di questo giornale, Giù le mani dal Liceo Classico Un manifesto reazionario (6 euro, ed. BookTime, 2017, 56pp.). Perché davvero si è arrivati al punto di dover difendere il più grande patrimonio scolastico italiano, dopo i continui attacchi subiti nel corso degli ultimi anni a livello istituzionale. 
C’è da interrogarsi in questo senso sui motivi che abbiano spinto il Ministero di Istruzione, Università e Ricerca a scegliere, come seconda prova dell’esame di maturità per il Liceo Classico, Il valore della filosofia, tratto dalle Lettere a Lucilio di Seneca: non certo tra i brani più complessi della letteratura latina. E neppure del solo Seneca. “Quid mihi prodest philosophia?”. Che giovamento mi dà la filosofia? chiede al suo amico Lucilio il filosofo latino. È una domanda retorica, naturalmente. Lo sa Seneca. Lo sa Lucilio. E lo sa il lettore. O, meglio, lo sapeva. Perché davvero bisognerebbe chiedersi se lo sappiano anche i lettori di oggi a cosa serva la filosofia e, ancor più, a cosa serva studiarla e comprenderla sui testi originali latini e greci, da Seneca a Platone, da Spinoza ad Aristotele. E questo spinge a un ulteriore interrogativo: da quid prodest? a cui prodest? Non più che cosa sia il giovamento ma chi ne benefici. E non è questa una domanda retorica. 
Perché nell’operazione, ben spiegata da Ruggeri, di smantellamento del Liceo Classico è questa una delle domande più rilevanti: chi trae beneficio da questo tentativo maldestro di eliminare le peculiarità di una scuola d’eccellenza? E viene davvero da chiederselo dopo due prove tanto semplici in due anni consecutivi: non saranno d’accordo con noi gli studenti, per i quali nulla è mai troppo facile. Ma quando si guarderanno indietro, se si guarderanno indietro, tra qualche anno, forse si renderanno conto che la versione di Isocrate del 2016 e la versione di Seneca del 2017 non saranno stati i più ostici ostacoli della loro maturità. E allora ripetiamo: cui prodest? a chi giova che gli studenti affrontino prove tutto sommato semplici? 
La risposta si trova, chiara, nel saggio di Ruggeri. Ne è anzi il punto di partenza. «Questa scuola iperdemocratica», scrive l’autore, «rischia di essere più classista di quella di un tempo, perché nell’ignoranza generale, tutti uguali e tutti asini, la possibilità di trovare comunque un lavoro dipenderà sempre più dalle conoscenze e dalle raccomandazioni dei genitori». 
Una scuola che è il risultato di 50 anni di “sbando": dal 1968 a oggi «di riforma in riforma», ricorda Ruggeri, «il livello dell’istruzione è calato drammaticamente». Dal 3+2 di Luigi Berlinguer alla Buona Scuola di Matteo Renzi, passando per Letizia Moratti e Mariastella Gelmini, non c’è una riforma di scuola o università che si salvi. Lungi però dall’essere una mera critica distruttiva, l’obiettivo di questo pamphlet è anzi costruire, o meglio ri-costruire. Ecco perché la proposta dell’autore suona talmente provocatoria e reazionaria da poter essere realmente rivoluzionaria: «per salvare la scuola italiana e il Liceo Classico basterebbe, sic et simpliciter, tornare a Giovanni Gentile». 
Miska Ruggeri si limita a fare quello che un giornalista dovrebbe sempre fare: fornire strumenti al lettore per interpretare la realtà. Senza per giunta mascherare il proprio pensiero dietro alla scrittura, come accade in troppi altri casi. Al contrario, è proprio la dichiarazione di intenti e la presa di posizione che consente al lettore di farsi un’ idea autonoma. Come a dire: «Io la penso così. E vi spiego il perché. Non dovete credermi per forza, ma provate a seguire il mio ragionamento». Si chiama fiducia: del lettore per il giornalista, abile retoricamente ma onesto nel rivelare le proprie, nobili, intenzioni; del giornalista per il lettore, essere senziente non da raggirare, ma da convincere. Ed è il regalo più grande che si possa avere nel leggere un libro. O, in questo caso, il più classico dei pamphlet.