la Repubblica, 23 giugno 2017
Consip, quelle veline di Scafarto ai servizi segreti
ROMA In una storia di cui si fatica ormai a immaginare il fondo, le mosse storte del capitano del Noe Giampaolo Scafarto nell’inchiesta Consip prendono l’ennesimo giro. Dopo le contestazioni di falso, il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi indagano ora l’ufficiale anche per rivelazione di segreto di ufficio. E questo perché – sempre sulla base delle evidenze documentali emerse dall’analisi del traffico telefonico e mail del carabiniere – si scopre ora che Scafarto, mentre con la mano destra manipolava l’informativa finale consegnata alle procure di Napoli e Roma nel gennaio scorso per aggiustare e rendere compatibile con l’ipotesi accusatoria circostanze oggettivamente neutre o di segno opposto, con la sinistra aggiornava in modo circostanziato ex militari del Noe transitati all’Aise (la nostra Agenzia di Intelligence all’estero) sugli sviluppi dell’inchiesta.
Un’altra mossa abusiva. Consumata, per quel che se ne sa, tra la primavera e l’autunno del 2016. Priva – come ora contesta la Procura di Roma – di alcuna giustificazione formale e sostanziale. Perché nessuna delle circostanze emerse nell’inchiesta Consip avevano qualcosa a che fare con questioni legate alla sicurezza nazionale. E perché il codice di procedura penale indica in modo tassativo nel solo pubblico ministero la figura legittimata a valutare se e in che forma delle informazioni raccolte in un’inchiesta penale possano essere comunicate all’Intelligence.
Dunque, cosa aveva in animo di fare, Scafarto? E di quel travaso di notizie coperte da segreto a uomini dell’Aise, informò o meno il pm napoletano Woodcock? Ammesso e non concesso che l’ufficiale del Noe abbia intenzione di rispondere a queste domande (sarà interrogato lunedì), ci sono due dati obiettivi che possono essere registrati. Il primo: destinatario delle notizie trasmesse da Scafarto all’Aise sarebbe stato almeno un maresciallo (o forse due) del Noe che aveva avuto parte nell’indagine ed era stato da poco trasferito all’Intelligence. Il secondo: all’Aise, nel tempo, sono stati destinati due ufficiali che avevano ricoperto ruoli di vertice al Noe: il maggiore Pietro Rajola Pescarini e il colonnello Sergio Di Caprio, (meglio conosciuto come il capitano del Ros “Ultimo” che aveva arrestato Totò Riina), che del Noe è stato a lungo il vicecomandante.
Se fossero o meno proprio Di Caprio e Rajola i destinatari finali delle informazioni trasmesse da Scafarto (e dunque il maresciallo ne fosse stato solo un collettore) è una delle circostanze che la Procura intende accertare. Non fosse altro per venire a capo di un altro degli spifferi che, da quando l’inchiesta Consip è stata trasferita da Napoli a Roma, accompagnano questa storia. E cioè che sul lavoro della Procura di Napoli e del Noe su Consip continuasse a pesare l’influenza proprio di quel Di Caprio cui, nell’agosto del 2015, il comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette (indagato nell’inchiesta Consip per fuga di notizie e oggetto delle attenzioni di Scafarto che ragionava dell’opportunità di intercettarlo e pedinarlo) aveva tolto ogni incarico operativo e di polizia giudiziaria. Formalizzando un conflitto di cui entrambi non avrebbero per altro mai fatto mistero.