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 2017  giugno 23 Venerdì calendario

Le Lettere a Lucilio ci esortano alla vita autentica. A proposito della versione di latino della Maturità

È stato una bella sorpresa quel branetto di Seneca all’esame di maturità classica. Chi l’ha scelto al ministero, pescando dalle Lettere a Lucilio, ha puntato sulla profondità, sull’intensità e sulla lucidità. Che cosa sono gli eventi? E io che posto vi occupo? E quanto posso influenzarli? Dove sta la mia libertà? Il destino esiste? Come faccio a essere la persona che voglio essere? Quei valori – la profondità, l’intensità e la lucidità – lo studio del latino li deve coltivare più della grammatica, insegnando i grandi discorsi in cui l’individuo umano ha costruito se stesso e il mondo circostante e i complessi rapporti che legano i due. I programmi scolastici si ispirino alla giornata di ieri, e mettano davanti ai giovani passi e citazioni che riflettono sui fondamenti dell’esistenza e sulla via della felicità, individuale e sociale. Si smetterà di domandare a che cosa serva il latino. I maturandi, traducendo, si saranno accorti dell’esattezza di ogni parola: fatum, fortuna, consilium etc. Il vocabolario di Seneca è carico di responsabilità, in ogni momento. Prendiamo esempio. Significare, per lui, è impegno, ragionamento, dedizione all’autenticità e alla chiarezza. Quando prende la penna in mano, il pensiero è già perfetto. Ecco perché Seneca è il maestro della brevità, e lo citano un po’ tutti, anche i capi d’azienda. Non per questo Seneca ci suona prescrittivo e supponente. Degli antichi è il più affabile e il più immediato. La sua scrittura «parla», e ci si sente la voce di uno che ne ha passate tante (non dimentichiamoci che lavorava per quel tiranno di Nerone) e non si aspetta niente da nessuno, e ha solo voglia di vivere all’altezza della propria intelligenza. Due sono le sue preoccupazioni principali: lo spreco del tempo e l’attaccamento alle cose sbagliate. Noi uomini, secondo lui, non facciamo che non vivere, dividendoci tra speranza e rimpianto, senza vedere la pienezza dell’ora presente. E poi – altrettanto grave – non siamo capaci di riconoscere l’essenziale. Seneca ci esorta a costruirci un sistema di valori che ci salvi dalla provvisorietà della nostra stessa condizione naturale, dandoci una coscienza sempre vigile e giusta. Ascoltiamolo, traduciamo le sue parole nella nostra lingua ma soprattutto nelle nostre azioni.