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 1977  agosto 19 Venerdì calendario

Il buffo mistero di Annelise

Tiriamo un profondo sospiro di sollievo. In seguito alle prime notizie, quelle dateci dal ministro della Difesa nella sua conferenza stampa, che ci descrivevano una valigia del tutto normale, senza rotelle, tutti noi abbiamo trascorso ore ed ore di angoscia frustrante: una donna cinquantaduenne, di nazionalità tedesca, riesce a sollevare e trasportare da sola una valigia contenente un uomo di quarantotto chili; poiché il peso lordo della valigia è di almeno quattro chili, il totale ammonta a cinquantadue chilogrammi. Questa donna trasporta più di mezzo quintale (da sola) lungo tutto il corridoio dell’ospedale militare fino all’ascensore, introduce la valigia nell’ascensore, servendosi di una sola mano; giacché, se si fosse servita di tutte e due le mani avrebbe dovuto camminare tutta sbilenca dando troppo nell’occhio ai tre carabinieri di guardia nel corridoio.
Quindi (rullo di tamburo): «tutto con una mano sola» e «un braccio solo» di «una donna sola»! Annelise, così si chiama questo fenomeno di donna, raggiunge il piano terra, attraversa l’atrio, sorpassa la «portineria» dove ci sono le guardie, saluta le guardie, viene salutata a sua volta, sorride («cinquanta chili a cinquantadue anni! come li porti bene, signora Annelise!»), prosegue, le aprono il portone, scende tre gradini, attraversa il piazzale sino alla grossa macchina rossa che dista trenta metri dall’ingresso dell’ospedale: forza signora Kappler! ancora venti metri, dieci, non si fermi!... c’è la sentinella davanti al portone che la sta osservando... guai se lei dà l’impressione che la valigia sia tanto pesante... sia disinvolta, signora Annelise: canticchi, sorrida, non si scomponga... ci siamo, ce l’ha fatta!
Un ultimo piccolo sforzo: apra il capace bagagliaio... ecco così... adesso deve sollevare con ambo le mani la valigia di almeno un metro da terra, per poterla introdurre nel bagagliaio. Uno, due... sì, usi il metodo del doppio strappo... sì, quello dei sollevatori di pesi! ma no, non così... prima deve piegare le gambe tenendo le ginocchia divaricate all’esterno, sì, è un atteggiamento poco aggraziato ma non ci faccia caso, via! ora afferri la capace maniglia con ambo le mani, pieghi il tronco in avanti... inarchi il busto all’indietro, appoggiando la valigia sul ventre... perfetto!
ora scatti a forbice con le gambe: il piede sinistro in avanti, il destro indietro... hop! non stia a perder il tempo in flessioni preparatorie; ma che fa? si spalma il magnesio sui palmi delle mani? si sbrighi, il carabiniere di guardia s’è staccato dal portone e sta venendo... sta venendo verso di lei... forza! si concentri... andiamo, per mezzo quintale... tante storie! via! ecco brava: hop! ci siamo! tenga fermo così; bella figura plastica!
Ora deve sollevare la valigia di almeno altri trenta centimetri. Per riuscirci, deve staccare rapidamente la mano sinistra dalla maniglia e afferrare il fondo della valigia, sì, dal di sotto... attenta: senza mollare! inarchi di più la schiena, quasi a ponte, in modo da sostenere l’intero peso col ventre... andiamo, cosa vuole che siano cinquantadue chili! pensi che dentro c’è suo marito... un colonnello! anzi non ci pensi... mio Dio, che umiliazione! un uomo così: «tutto d’un pezzo», che non ha mai retrocesso d’un passo davanti alla morte... degli altri... specie se ebrei! un uomo di siffatta tempra costretto a starsene ripiegato in quel modo, in una valigia, ridotto ad un numero da circo equestre, anzi da avanspettacolo! forza con la marcia dei gladiatori!
No, non molli signora Kappler... in questo momento tutta la Germania dei Nibelunghi la sta guardando!
Hop! perfetto... sistemato! Che donna, che forza! chiuda... ma no, non si preoccupi, suo marito non soffoca, già si è dimenticata che nella valigia ha sistemato una bombola di tre litri d’ossigeno. Basterà che lui, il colonnello, schiacci l’apposito pulsante... ecco, sente quello sfrigolio, come di una gomma che perde? È lui, suo marito che respira bocca a bocca col cannello dell’ossigeno. Accidenti, il carabiniere è qui... vuoi vedere che gli è preso il sospetto? Ma no, calma, e di che dovrebbe sospettare... andiamo, se si trattasse di un hippy che transita con chitarra a tracolla, magari cingendo moroso una ragazza di quelle tutte ricciolini e treccine... beh, un arresto con mitra puntato fra gli occhi non glielo toglierebbe nessuno... ma per una signora che trasporta all’una di notte una valigia di mezzo quintale, perché dovrebbe sospettare... è del tutto normale!
Infatti, lui, il carabiniere, dopo aver portato la mano tesa alla visiera del berretto come da regolamento, chiede: «Serve aiuto signora?». Ah, ah... spiritoso... adesso arriva questo... adesso che è tutto sistemato... furbacchione di un italiano! Questi mediterranei gentili sono sempre pigri; quando si tratta di far fatica, scantonano sempre. Vergogna, lasciare che una signora tutta sola si trascini un simile peso senza intervenire e darle una mano. Mah, meglio così... gli sarebbe venuta l’ernia bilaterale, povero ragazzo. E sarebbero stati guai, la signora Annelise, materna com’è, avrebbe dovuto piantare lì la valigia e caricarsi in spalla anche il carabiniere; si sa che, di Ferragosto, a Roma non trovi in giro un cane che ti dia una mano.
Ma non divaghiamo... è andata meglio così. La signora Kappler entra in macchina e sorride amabile... è una donna che riesce a sorridere anche sotto sforzo: «No, grazie», risponde, «anzi, già che c’è, signora guardia, mi faccia un piacere; mi sono dimenticata di lasciare in portineria una missiva per il monsignor Monterò o Manterrà, faccia lei a suo piacimento». Porge una busta: «Ho scritto così male che non capisco neanch’io... ah, ah». Il carabiniere non afferra la battuta di spirito ma, prima di afferrare una lettera indirizzata a così alto prelato, scatta sull’attenti, saluta la lettera, l’afferra, dietro front, e si allontana di gran carriera.
La signora Kappler, intanto, ha messo in moto la macchina e scatta come un razzo col marito che sobbalza dentro il bagagliaio come un burattino. Ad ogni scossone tira bestemmie in dialetto bavarese. Ma la signora Annelise non sente: tutta presa com’è a cantare a squarciagola da sola, ma a tre voci, il coro del trionfo delle Walkirie!
Per fortuna, non è andata così. I fatti si sono svolti in ben altro modo. Ché, altrimenti, ci sentiremmo noi tutti, maschi latini, umiliati e ridotti a scamorze. Guardiamoci in faccia, nessuno di noi sarebbe riuscito a portare a termine, da solo, una simile impresa di sollevamento e trasporto peso di quel livello. Per fortuna c’erano le rotelle! E che rotelle! Sicuramente si trattava di rotelle speciali con doppio cuscinetto a sfera... forse un brevetto germanogiapponese segreto... con volàno interno, che basta dare una spintarella alla valigia, e quella, via che se ne va da sola, che pare scivoli sull’olio. E poi, la valigia aveva certamente le sospensioni interne... ma che scherziamo? Figurati se i tedeschi, coi mezzi che hanno...! Sennò, come avrebbe potuto fare, ’sta donna così dolce, a evitare i sobbalzi e le scosse al mezzo di trasporto, con tutte quelle piastrelle sconnesse del pavimento dell’ospedale, l’ospedale più vetusto d’Italia... Ma certo che ce le aveva le sospensioni, e anche gli ammortizzatori, ad olio compresso...e perché no, anche un piccolo ma potentissimo motore elettrico a batteria (forse all’uranio) installato nell’interno.
E anche la guida era all’interno, ma certo, perché non averci pensato prima? Era lui, dal di dentro, il colonnello Kappler in persona che manovrava la valigia semovente a tre marce con retromarcia annessa. Un piccolo volante e il gioco è fatto! Ma come ci vedeva? Volo cieco? Col radar? Beh, non esageriamo, è tutto più semplice: la parete frontale della valigia era truccata a specchio nero... lui, il colonnello delle SS, attraverso lo specchio dall’interno ci vedeva benissimo, chiaro come se fosse giorno! E per la notte? Sì, dico, quando si sono trovati nel piazzale con quel buio. Ah ah... come si vede che non sapete nulla del miniaturismo tecnologico avanzato: aveva i fari, no? certo, bastava schiacciare un pulsante e: trac! gli spigoli della valigia si spalancavano all’istante per lasciar posto a due piccoli ma potenti fari al quarzo che illuminavano la notte!
Sì, forse ’sta storia della valigia semovente autocomandata non sta in piedi del tutto. Ma allora, è ancora più difficile far stare in piedi la storia (ufficiale) che ci ha raccontato il ministro Lattanzio... (1) un ministro che è apparso a tutti gli italiani, nella sua conferenza, il ministro più sprovveduto della già folle storia dei nostri ministeri. Sprovveduto di logica, di senso comune, sprovveduto di informazioni, sprovveduto di pronuncia, (non riesce a pronunciare la erre ed è completamente privo della esse), ma soprattutto un ministro completamente sprovveduto di senso del grottesco e dell’umorismo. Ci ha raccontato che i dodici carabinieri di guardia (tre piantonavano la stanza del Kappler) hanno notato che la signora trasportava una valigia piuttosto voluminosa e pesante, ma a nessuno è venuto in mente di avvicinarsi a chiedere: «Cosa trasporta, signora?».
Andiamo, certe domande così intime non si fanno mai a una donna... la buona educazione ci insegna che, ad una signora, non si chiede mai né l’età né cosa ha dentro una valigia! E se poi quella valigia avesse contenuto indumenti intimi? E che, facciamo i guardoni feticisti morbosi? Un po’ di dignità, andiamo! È per questo che i tre carabinieri hanno voltato la testa dall’altra parte... Ma non hanno potuto fare a meno di notare che la signora Annelise, prima di allontanarsi, ha appiccicato alla porta della camera del consorte un biglietto (forse stampato?) con la preghiera di non disturbare il colonnello fino alle dieci del mattino dopo. «Come in un albergo di prima categoria?». Sì, che c’è di strano? Dal momento che i clienti al Celio hanno libero transito, che state a fare dello spirito fuori luogo? Ma il ministro Sprovveduto-Lattanzio ha detto, o meglio recitato tutta la sua «versione ufficiale dei fatti» senza minimamente accorgersi delle spiritosissime e gustose facezie che andava snocciolando! Ha raccontato che i carabinieri, ogni tanto, nella notte, andavano a buttare l’occhio nella stanza del Kappler attraverso lo spioncino apposito inserito nella porta. Ma come potevano i carabinieri guardare attraverso lo spioncino, se risulta che la porta suddetta è priva di spioncino? Del resto, come poteva esserci? Adesso salta fuori che in un albergo di prima categoria le porte hanno lo spioncino?
In verità, uno spioncino pare ci fosse nell’albergo del Celio: uno di «Ordine Nero», amico e braccio destro della nota spia Delle Chiaie (2): costui, per la sua bassa statura, è detto appunto «lo spioncino». Forse è attraverso quest’ultimo che i piantoni verificavano la presenza del Kappler? Ad ogni modo, fedeli all’ordine impartito dalla signora Annelise di non disturbare il marito, i dodici piantoni che si sono alternati per tutta la notte davanti alla porta, si sono guardati bene dall’andare a curiosare. Forse, qualcuno di loro, un maleducato, ha contravvenuto agli ordini, e ha buttato dentro un’occhiata. Così ha notato che il colonnello stava dormendo nel suo letto... come un bambino, anzi come un bamboccio, meglio: un pupazzo! E sì, era un pupazzo quello che stava nel letto, fatto alla bell’e meglio, con delle coperte annodate e, sul cuscino, c’era una testa di pezza con un parrucchino! «Come nei fumetti?» - Risposta: «Sì, come nelle favole a fumetti!» «Che c’è da ridere?» Il ministro Lattanzio senza ERRE-ESSE non ha riso. E nessuno dei presenti gli ha riso in faccia. Tossivano per non sbottargli addosso in un irrefrenabile sghignazzo... specie quando il ministro ha tentato di spiccicare la notizia dell’evasione: «Il colonnello Kapplev delle Ette-Ette è ’cappato ’enza pavvucchino!».
Certo non è molto fine ridere dei difetti, delle disgrazie altrui... ma certi ministri tipo il Lattanzio-Sprovveduto, se permettete, sono disgrazie nostre... e vorrei vedere che uno non può manco ridere delle proprie disgrazie! E allora di che ridiamo, del fatto che prima di dare l’allarme, i carabinieri, meglio il Comando, ha lasciato trascorrere un’altra ora e mezza? Qualche maligno, in vena di fare dello spirito fuori luogo, ha raccontato che forse qualcuno ha telefonato da Trento, dando la triste notizia che la macchina rossa aveva fuso il motore... e che la comitiva, per raggiungere il confine in treno, aveva bisogno di qualche ora in più del previsto. Ma sono basse insinuazioni! La verità è che, prima di dare l’allarme, sempre a detta del ministro, si è voluto verificare se, per caso, il Kappler non se ne fosse andato a spasso per l’ospedale. Era un girandolone, quello! Non gli restano che pochi mesi di vita, eppure non stava mai fermo... bisognava proprio chiuderlo in una valigia!
Ultime notizie: sui giornali tedeschi si assicura che il colonnello, per passare la frontiera, si sarebbe travestito da prete. Ecco spiegato chiaramente il mistero del contenuto della missiva che la signora Kappler ha fatto avere al carabiniere perché fosse recapitata al monsignore dal nome esotico e incomprensibile: conteneva il ringraziamento per l’abito talare gentilmente imprestato per coronare la fuga... Meglio: «lo scherzo da prete» giocato a tutta una nazione. Così, di grottesco in grottesco, la grande farsa è terminata con la dichiarazione della magistratura e del governo tedesco: «Kappler è nostro, è libero... e guai a chi ce lo tocca! Volete spiccare un mandato di cattura contro qualcuno? E arrestatevi la Krause (3), che già ce l’avete in galera. Sempre di origine tedesca, è! Voi vi tenete in galera la Krause, e noi ci teniamo libero il Kappler! E così siamo pari! Evviva l’Europa libera e democratica!».

Note:
(1) Ministro della Difesa. Vedi la sua intervista più sotto. (2) Stefano Delle Chiaie, fascista notissimo, soprannominato «Caccola». Dalla strage di piazza Fontana in poi il suo nome compare in tutte le vicende in qualche modo connesse col terrorismo. All’epoca era colpito da quattro mandati di cattura per la strage di piazza Fontana, per il golpe Borghese, per l’omicidio Occorsio, per ricostituzione del partito fascista. (3) Il caso di Petra Krause era stato sollevato proprio da Dario Fo e Franca Rame con una lettera alla Repubblica. Gli svizzeri, che consideravano la donna una terrorista molto pericolosa, l’avevano sottoposta a una carcerazione durissima: Petra Krause, dopo due anni di cella d’isolamento, pesava 36 chili, aveva perso tutti i capelli, soffriva di sindrome di sdoppiamento, era coperta di noduli linfatici. Dopo l’ondata di proteste, gli svizzeri la consegnarono agli italiani (la Krause è cittadina italiana avendo sposato un medico italiano) che la liberarono alla fine di agosto.