Focus, 20 giugno 2017
Al gelo per stare meglio
Per stare meglio in salute, salireste sul Kilimangiaro in costume da bagno? Lo ha fatto il giornalista investigativo statunitense Scott Carney, convertito ai benefici della terapia del freddo estremo per potenziare le difese naturali del corpo. Dopo essersi allenato con camminate nella neve indossando solo calzoncini e scarponi e tuffi in acqua ghiacciata, Carney ha finito appunto per scalare il Kilimangiaro (che, pur essendo in Africa, arriva a 5.895 m e ha la sommità coperta da un ghiacciaio) in braghe da mare.
Ma quella del freddo non è l’unica terapia estrema. Al polo (calorico) opposto, ci sono per esempio cure che prevedono di mettere asciugamani in fiamme sul paziente. Né mancano metodi che fanno francamente un po’ impressione, tipo infilarsi in una vasca piena di animaletti antropofagi... Abbiamo fatto un viaggio tra i trattamenti più estremi e curiosi, passando dalle pratiche di medicina tradizionale alle attrezzature hi-tech.
SALITE IN CALZONCINI. Cominciamo dalle terapie sottozero, tornando appunto all’esperienza di Scott Carney. Che era iniziata seguendo il corso di un guru del freddo, l’olandese Wim Hof: 58 anni, tra le sue imprese vanta una permanenza di quasi due ore in una vasca piena di cubetti di ghiaccio, una maratona a -20 °C in shorts, la salita sull’Everest fino a 6.700 m sempre a petto nudo.
Wim Hof sostiene che il suo metodo, basato su esposizione al freddo estremo e tecniche di respirazione, gli permette di controllare la temperatura corporea e di influire sul sistema immunitario. Carney era partito per smascherarlo, invece ne è stato letteralmente conquistato e – oltre appunto a seguirlo sul Kilimangiaro – ha scritto il libro What Doesn’t Kill Us (Rodale), che possiamo tradurre come “Quel che non ammazza...”. Dove analizza la base delle teorie di Hof: avere a che fare con le condizioni ambientali estreme a cui erano abituati i nostri antenati – che senza vestiti hi-tech affrontavano il freddo, le montagne o i deserti – ci aiuterebbe a recuperare le potenzialità del nostro corpo e ne rafforzerebbe le difese. Per ora, il metodo estremo di Hof è stato studiato dal team di Peter Pickkers, dell’olandese Radboud Universiteit. In uno studio, pubblicato su Proceedirtgs of the National Academy of Sciences, i ricercatori hanno somministrato una tossina batterica a due gruppi di volontari: quelli che praticavano esercizi di respirazione e immersioni in acqua gelida avevano una diversa risposta immunitaria e meno sintomi.
Anche la tradizione buddista tibetana include una pratica piuttosto estrema: il Tummo, una tecnica di yoga che prevede momenti di raccoglimento a temperature polari, coperti da abiti bagnati che sono asciugati dal calore del corpo. Maria Kozhevnikov, neuroscienziata alla National University di Singapore, ha analizzato la tecnica di monaci e monache in un remoto monastero del Tibet, dove in una cerimonia i religiosi restano per ore a -25 °C, meditando con panni bagnati addosso. Ha scoperto che in effetti durante la meditazione Tummo i monaci sono in grado di aumentare la temperatura corporea fino a 38,3 °C, sia grazie a strategie corporee, come tenere i muscoli contratti e respirare vigorosamente, sia grazie alla visualizzazione di un fuoco in punti come la colonna vertebrale. E ha documentato effetti analoghi (anche se minori) involontari occidentali istruiti a seguire la pratica. Nello studio pubblicato su PlosOne, Kozhevnikov sottolinea come la pratica potrebbe essere utile per adattarsi ad ambienti freddi, o «aumentare la resistenza alle infezioni».
BRR, COME SI STA BENE A -160 °C.
Ad affrontare il freddo non sono solo i monaci sull’Himalaya, però, ma anche molti sportivi. Immergersi nell’acqua con cubetti di ghiaccio è diventata una pratica post attività sportiva diffusa dal rugby al calcio, ad altri sport. Il freddo, infatti, aiuta il recupero dopo sforzi intensi e ha un noto effetto antidolorifico e antiinfiammatorio.
Forse meno virili della vasca con acqua e ghiaccio, ma decisamente più hi-tech, sono le nuove macchine per il freddo estremo. Una è la criosauna: un cilindro in cui infilarsi con tutto il corpo, testa esclusa, raffreddato con vapori di azoto a -120 °C / -160 °C (è un freddo “secco”, più sopportabile di un’immersione in acqua gelida). Si sta dentro circa tre minuti, solo con calzini, guanti, intimo. C’è anche la versione più spaziosa, la criocamera: una stanza del freddo in cui si entra con tutto il corpo, sempre in intimo e calze ma con in più la testa coperta. La usano per esempio i giocatori di alcune squadre di calcio, come il Milan. Ma anche negli Usa questa pratica – la “crioterapia a corpo intero” – è diventata di moda non solo tra atleti d’élite, ma anche nelle spa.
I benefici? Oltre al recupero dopo lo sport, la terapia del super-freddo, secondo i promotori dei dispositivi freezer, stimolerebbe il sistema immunitario, accelererebbe il metabolismo, migliorerebbe il microcircolo, combatterebbe i dolori muscolari e articolari. Ma cosa dicono gli scienziati? Gli studi sono pochissimi e finora i ricercatori ne hanno confermato l’efficacia solo per dolori da malattie reumatiche (in uno studio dell’Università di York, Uk). Ma mancano altre conferme e la Food and Drug Administration (Fda), l’agenzia Usa che vigila su farmaci e terapie, non riconosce ancora alcun beneficio alle macchine freezer – né ha approvato questi apparecchi per trattamenti medici specifici – e mette in guardia dai rischi potenziali. «L’informazione disponibile è insufficiente», ha concluso per ora Anna Ghambaryan della Fda.
AL FUOCO, AL FUOCO! Se il ghiacciofarmaco ha i suoi sostenitori, anche il fuoco accende speranze di guarigione. In Cina, per esempio, operano terapeuti che propongono la tradizionale “terapia del fuoco”, che con un po’ di alcol e un accendino promette la remissione da molti mali, dallo stress fino a diabete o cancro.
Il sistema è semplice: si applica sulla pelle un cataplasma di erbe mediche, si ricopre con un asciugamano impregnato di alcol a cui si dà fuoco, per poi spegnere le fiamme prima che il calore diventi ustionante. Evidenze scientifiche che il trattamento funzioni: nessuna.
Anche la sabbia infuocata ha un utilizzo terapeutico. Avete presenti le sabbiature fai-da-te in spiaggia? Ecco, nell’oas di Siwa, in Egitto, è diffusa una pratici simile ma un po’ più estrema, se non altro, per le temperature locali... Seconde la gente del posto, farsi seppellire nella sabbia del deserto sarebbe in grado di guarire un ampio spettro di disturbi, dai dolori reumatici all’impotenza (ma non c’è verifica scientifica). I pazienti, senza vestiti, vengono ricoperti di sabbia per un quarto d’ora durante il momento più caldo della giornata, quando si sfiorano i 45 °C. Poi, niente doccia: si sta sotto una tenda al sole che funziona come sauna.
CURE BESTIALI. A volte però non è questione di temperatura. E a noi possono sembrare “estremi” trattamenti tradizionali come il Sutra Neti, una antica tecnica yoga per pulire le cavità nasali, soprattutto se si soffre di sinusiti. Basta prendere una stringa di cotone cerato, infilarla nel naso, farla scendere nella gola, tirarla fuori dalla bocca, afferrare le due estremità e fare scorrere avanti e indietro. In alternativa si può usare una stringa di gomma venduta in farmacia. Estremo, per qualcuno, può essere anche farsi mangiare la pelle morta da un pesce. L’animaletto in questione risponde al nome scientifico di Garra rufa ed è un piccolo pesce diffuso nelle acque dolci del Medio Oriente, ma il suo soprannome non lascia dubbi: pesce dottore. Adora le alghe e i piccoli organismi del plancton, ma non disdegna la pelle umana. Questi pesciolini, quindi, vengono usati per rimuovere porzioni di pelle ormai morta, non solo per il pedicure ma anche per ablazioni di tipo paramedico, in caso di dermatiti e psoriasi.
Chi vuole provare, può prenotare una vacanza nella località turca di Kangal, specializzata nel trattamento della psoriasi, malattia caratterizzata dalla comparsa di chiazze rosse coperte da placche. I pazienti si immergono in acqua termale e i pesciolini mangiano la pelle colpita. Non è comunque una cura, ma un trattamento per migliorare l’aspetto della pelle. Uno studio austriaco guidato da Martin Grassberger ha valutato 67 pazienti con psoriasi sottoposti a “ittioterapia” con Garra rufa e ha giudicato il trattamento efficace.
CHE COS’HO IN FACCIA? E se già non vi tranquillizzano i famelici pesciolini, lasciate perdere il massaggio con le chiocciole, comparse nei saloni di bellezza per trattamenti del viso. E in qualche caso non parliamo di chioccioline, ma di Achatina fulica, bestioni di origine africana che arrivano a pesare anche un chilo, piazzati sulla faccia... Si pensa che le chiocciole, lasciate libere di scorrazzare sul volto depositando la loro scia di muco, distendano e siano efficaci contro le rughe. Prove scientifiche a suffragio? Restiamo in attesa.