Corriere della Sera, 21 giugno 2017
Fisco spagnolo all’attacco. La squadra degli ispettori ora incastra Mourinho
È un’epidemia: dopo aver decimato le fila del Barcellona, la resa dei conti con l’agenzia tributaria spagnola tocca ora a José Mourinho, accusato di aver evaso 3 milioni e 300 mila euro, nel 2011 e 2012, sugli incassi dei suoi diritti d’immagine, quando allenava il Real Madrid. La denuncia arriva pochi giorni dopo un analogo affondo nelle finanze del vincitore di quattro palloni d’oro, Cristiano Ronaldo, convocato per il prossimo 31 luglio dal magistrato Monica Gomez Ferrer, che gli chiederà conto dei 14,7 milioni di euro che, secondo gli investigatori, mancano all’appello per gli anni che vanno dal 2011 al 2014.
Per l’«Hacienda fútbol club», come il quotidiano sportivo Marca ha ribattezzato l’agguerrita squadra di ispettori del Fisco sulle tracce dei tesori nascosti dai calciatori, la partita è relativamente facile, perché lo schema per dribblare, almeno in parte, gli obblighi contributivi, sembra comune: con la cessione dei diritti di immagine a società costituite ad hoc alle Isole Vergini Britanniche o in altre oasi poco accessibili ai controllori, i compensi scorrono lordi, o quasi, fino a tornare, senza fastidiosi prelievi, nelle tasche dei loro titolari.
Il caso giudiziario del tecnico portoghese, attualmente al Manchester United, non si discosta molto da quello aperto nei confronti del suo connazionale Ronaldo: la procura gli contesta di aver creato la Kooper Services S.A., e di controllarla al 100% attraverso la neozelandese Kaitaia Trust, di cui è fondatore e socio con moglie e figli, allo scopo di mascherare al tesoro spagnolo gli introiti della sua attività di testimonial. Anche se non è stata determinata, secondo il quotidiano El País, la data precisa di costituzione di questa struttura societaria «opaca», la manovra precede, stando alle imputazioni, il 17 settembre del 2014, quando ormai Mourinho si era trasferito in Inghilterra, sulla panchina del Chelsea, ma si era visto costretto a regolare con il tesoro di Madrid una pendenza di un milione e 150 mila euro. Sembrava una questione risolta nel luglio del 2015, con una multa, per un totale di un paio di milioni. Ma il fisco spagnolo si è accorto che altri conti non quadravano e lamenta ora, per il 2011, la perdita di un milione e 611.537 euro e, per il 2012, di un altro milione e 693.133 euro.
Se lo Special One non vive più nella penisola iberica, né pare intenzionato a tornarci, Ronaldo minaccia di andarsene, dopo aver respinto tutte le accuse, assieme all’agenzia che lo rappresenta, la Gestifute, il cui manager, Jorge Mendes rappresenta anche Mourinho: «Non c’è mai stata alcuna intenzione di nascondere nulla» è la replica ufficiale. Ma CR7 non si accontenta di smentire, s’indigna per essere stato trattato come un «delinquente», sul quale pende perfino il rischio del carcere, se riconosciuto colpevole di evasione per quattro anni e per una somma così elevata. «Ma nessuno è un criminale fino a quando non c’è una condanna definitiva – ha ricordato il ministro delle Finanze spagnolo, Cristóbal Montoro —. È logico però che coloro che generano più attività siano maggiormente controllati».
Il timore, però, non sembra assillasse la stella del Barça, Leo Messi, cinque volte giocatore dell’anno, condannato l’anno scorso in appello a 21 mesi di carcere (tre meno di quelli che fanno scattare la detenzione), per l’omesso pagamento di più di 4 milioni di euro, tra il 2007 e il 2009. Ha pagato pegno in questi anni anche l’argentino Alexis Sánchez, ex del Barça, mentre altri giocatori d’importazione come Angel Di Maria, Fabio Coentrao, Adriano, Ricardo Carvalho e Samuel Eto’o sono stati marcati a uomo dagli esattori.