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 2017  giugno 21 Mercoledì calendario

E i big dei carburanti sono in fuga. Esso vende la sua rete e lascia l’Italia

MILANO Chissà che il 2017 non sia l’anno del sorpasso. Con la vendita delle 1.176 stazioni di servizio a marchio Esso alla società inglese Intervias, cresce il numero degli operatori indipendenti. Mentre prosegue la “grande fuga” delle compagnie petrolifere che per decenni hanno fatto il mercato in Italia. Prima di Esso, collocata sul mercato dal colosso americano ExxonMobil, l’anno scorso era stata la volta di Shell, con il passaggio di 830 impianti ai kuwaitiani di Q8. Mentre è ormai giunto alle battute finale il processo di vendita di Total-Erg, la joint venture nata nel 2010 tra il gruppo francese e la famiglia Garrone: in questo caso, siamo di fronte al boccone più grosso, con oltre 2.700 stazioni di servizio. Se Total-Erg dovesse andare a un fondo di investimento (e non alla famiglia Brachetti Peretti che gestisce il marchio Ip), le compagnie indipendenti prenderebbero il sopravvento: degli attuali 21mila punti vendita sulla rete italiana (in calo del 6% rispetto al 2007), le grandi compagnie ne controllano “solo” 11mila. Un passaggio di consegne inevitabile visto quello che sta accadendo sul mercato dei prodotti petroliferi: dal 2005 al 2016, le vendite di benzina in Italia sono calate del 64,8% e quelle di gasolio del 27,3%. Il boom delle vendite di Gpl, pur cresciute dell’80%, non basta di certo a compensare il calo complessivo dei prodotti petroliferi, visto che si tratta ancora di un mercato di nicchia. Per quanto il mercato del gas per i trasporti (navi comprese) dovrebbe conoscere nei prossimi anni un nuovo rilancio.
Gli esperti prevedono che la tendenza che vede i gruppi petroliferi lasciare agli “indipendenti” non si invertirà. Il caso di Esso è emblematico: la rete italiana è finita in mano a due fratelli di passaporto britannico, immigrati indiani di seconda generazione: nel 2001 sono partiti dal nulla, con un distributore a Manchester. Nel 2016 sono diventati miliardari, grazie alle 370 stazioni di servizio, tra Inghilterra, Francia, Belgio e Olanda, dove alle pompe aggiungono aree di ristoro – in alleanza con catene come Starbucks e Burger King – e supermercati.
Il calo della domanda, aggiunto al peso sempre maggiore in Italia della fiscalità (negli ultimi 8 anni salito del 25% sulla benzina tra Iva e accise e del 35% per il gasolio), spingono le big oil a processi di aggregazione o addirittura a uscire dal mercato. Per concentrarsi sul loro core business, la ricerca ed estrazione di gas e petrolio. O addirittura, come i Garrone, a riconvertirsi alle energie rinnovabili. Del resto, una riorganizzazione del settore era diventata inevitabile: in Italia abbiamo il doppio dei distributori della Francia e il triplo della Gran Bretagna. Non stupisce che i sindacati, dopo la cessione di Esso abbiamo chiesto un incontro urgente al Mise, mettendo al primo punto la tutela dei posti di lavoro di tutto il settore.