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 2017  giugno 21 Mercoledì calendario

Manraj Singh: «Sono italiano e sono indiano da carabiniere servirò il Paese»

REGGIO CALABRIA «È stata l’emozione più grande della mia vita». Ventiquattro anni, alto, robusto, il carabiniere allievo Manraj Singh ha un volto giovane, che quasi stride con la divisa austera che indossa. Qualche giorno fa ha giurato ufficialmente alla scuola allievi di Reggio Calabria e del suo corso è stato il più bravo. Per questo ad appuntargli gli alamari sulla giubba è stato il comandante generale dell’Arma, il generale Tullio Del Sette, alla presenza del ministro dell’Interno Marco Minniti. «Non me lo aspettavo» dice Manraj mentre gli occhi enormi ancora gli si illuminano, «è stata la realizzazione di un sogno per cui ho dato il massimo, la concretizzazione dei valori che mi sono cucito addosso».
Figlio di genitori indiani, Manraj è diventato italiano a 18 anni. «I miei sono del Punjab, la parte Nord Ovest dell’India. Mio papà è qui da una trentina d’anni. In India faceva l’agricoltore ma voleva una vita diversa, migliore, per questo ha deciso di emigrare. È stato per otto anni in Libano, dopo ha deciso di venire qui. E cinque anni dopo l’ha raggiunto mia madre». All’epoca, stavano ad Anzio. «Ed è lì che sono nato io. Poi, quando avevo dieci anni ci siamo trasferiti in Veneto». Una regione che riecheggia nelle parole e nella cadenza del ragazzo e in cui – sottolinea – vivere non è mai stato difficile. Nessuno, dice, gli ha mai fatto pesare le sue origini o il diverso colore della pelle. «Solo una volta, giocando a calcio a scuola – ricorda, rabbuiandosi un po’ – c’è stato un avversario che mi ha rivolto un commento poco carino, ma nulla di grave. Un episodio spiacevole e basta. Per il resto, con gli insegnanti, i compagni di scuola, non ho mai avuto alcun problema».
Per Manraj il Veneto è diventato casa. Insieme all’Arma in cui è appena entrato ufficialmente. «Noi, al nord – racconta – abbiamo sempre visto i carabinieri come l’istituzione più vicina. L’Arma la si trova dappertutto e questo per me è il modo migliore per tutelare i cittadini». Ecco perché – afferma fiero mentre tortura i bottoni della giubba – «cercherò di dare tutto quello che ho per il bene dell’Arma e per il bene dell’Italia». In che campo? La tutela dell’alimentare made in Italy. «A me piacerebbe far parte dei Nas, mi appassiona il lavoro di contrasto alle contraffazioni, ai malfunzionamenti all’interno delle aziende, nei luoghi di stoccaggio delle merci. Ho lavorato in un’azienda che si occupava di imbottigliamento di vini, già conosco le normative hcccp e quelle che riguardano il trattamento dei generi alimentari e mi piacerebbe approfondire e specializzarmi in questo campo».
Ma questo non è l’unico bagaglio che Manraj può mettere a disposizione. «Ho origini indiane, la cultura della mia famiglia è indiana, ma sono cresciuto in Italia. Ho fatto mie tutte le culture cui appartengo. Questo mi ha permesso di apprezzare e valorizzare le differenze, mi ha aiutato a vedere le cose da diversi punti di vista. Non mi sento né italiano, né indiano. Sono entrambe le cose. Sono Manraj».