il Fatto Quotidiano, 21 giugno 2017
Belpietro, onore delle armi all’ultimo dei berlusconiani
In questa rubrica abbiamo sempre pensato che una delle più belle frasi mai pronunciate sia quella sulla libertà di opinione attribuita (falsamente) a Voltaire. “Non condivido quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa fare” è un concetto che ha qualcosa di giusto e poetico al tempo stesso. Per questo oggi, anche se abbiamo ben poca voglia di morire per lui, ci piace rendere l’onore delle armi all’ex ultrà berlusconiano, Maurizio Belpietro. Da due settimane il direttore de La Verità non conduce più Dalla vostra parte, il programma d’informazione preserale di Rete Quattro. Gli ascolti andavano bene. A volte Belpietro batteva anche Lilli Gruber, ma Mediaset gli ha detto “prego si accomodi” con quasi un mese di anticipo sul previsto.
La decisione è stata presa nella prima settimana di giugno quando il Pd, Forza Italia, Lega e Movimento 5 Stelle sembravano a un passo da approvare la nuova legge elettorale. Tutti, in quei giorni, davano per scontate le elezioni politiche a settembre e un possibile governo democratico-forzista. Ma i sondaggi dicevano che i numeri erano risicati. Anzi che forse proprio non c’erano. Il programma di Belpietro, che dava voce alla “pancia delle gente” parlando di immigrazione, sicurezza, vitalizi e banche, era visto come un problema dal rinascente patto del Nazareno: c’è la campagna elettorale, porta voti a Grillo e Salvini, dicevano in molti.
Il Foglio, testata termometro degli umori renzisti-berlusconiani, aveva parlato esplicitamente di “Mediaset grillina”. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Romani, su Twitter aveva fatto capire cosa ne pensasse il partito di certe trasmissioni. Poi anche Fedele Confalonieri ci aveva messo il carico da novanta. “Stiamo portando i vasi a Samo. A chi giova? A che serve?” aveva detto il vecchio amico di Silvio Berlusconi usando una frase colta e desueta (Samo era uno dei luoghi di maggior produzione di terracotte dell’antica Grecia) che segnava nei fatti un de profundis. Così oggi pure Paolo Del Debbio, con la sua populista e popolare Quinta Colonna, rischia e Belpietro non c’è più. In piccolo rivive l’esperienza di Libero da cui fu cacciato perché si rifiutò di schierare il giornale per il sì al referendum sulla Costituzione, come richiesto dall’editore Angelucci, legato a doppio filo a Denis Verdini.
Intendiamoci, chi mette i soldi in una tv o in quotidiano ha tutto il diritto di scegliere direttori e conduttori. Le regole del gioco sono queste. Noi però, anche se sappiamo che Belpietro non morirà certamente in povertà (in passato ha guadagnato tanto e ora la Verità che ideato e fondato va bene), crediamo che qualcosa in questa storia non funzioni. E speriamo che Belpietro e i suoi telespettatori comincino a riflettere sui mali del conflitto di interessi. Sostenere che è sbagliato lasciare in mano tanti canali a chi è, nei fatti, il proprietario di un partito, non è una fissa da pericolosi bolscevichi, ma un’idea da vecchi liberali.
La stessa idea che ci spinge a dire che a scegliere i vertici della Rai non deve essere Palazzo Chigi, ma una fondazione in cui non solo i partiti, ma pure il resto della società italiana deve essere rappresentata. Certo, sono semplici opinioni. Pensieri che un domani, se davvero gli azionisti di Rai e Mediaset si troveranno seduti al tavolo del medesimo governo, di spazio ne avranno poco, o forse niente. E questo chi oggi fa spallucce di fronte alla chiusura di trasmissioni che (magari a ragione) considerava troppo populiste, farebbe bene a non dimenticarlo.