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 2017  giugno 20 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO CONSIP AL SENATOWWW.REPUBBLICA.ITROMA -  Sul caso Consip la maggioranza ha tenuto

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO CONSIP AL SENATO

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ROMA -  Sul caso Consip la maggioranza ha tenuto. L’aula del Senato ha approvato la mozione presentata dal capogruppo Pd Luigi Zanda, in cui si impegna il governo "a procedere in tempi celeri e solleciti al rinnovo dei vertici della Consip". I sì sono stati 185, 76 i no e 5 gli astenuti. La mozione aveva il parere favorevole del governo. L’assemblea ha approvato anche gli impegni 1 e 3 di un’altra mozione delle molte presentate a palazzo Madama sulla vicenda: si tratta del documento a prima firma Andrea Augello (Idea-fl) sottoscritto da altri senatori del centrodestra. E qui i sì sono stati 244, i no 17 e 11 gli astenuti. Anche su questi due impegni c’era il parere favorevole del governo. Respinta con votazione separata la restante parte della mozione. Sono state poi bocciate le mozioni di Mdp (con 69 sì, 182 no e 16 astenuti), che verteva sul ruolo nella vicenda Consip del ministro renziano Luca Lotti, e quelle del Si e della Lega. Sulle tre mozioni c’era il parere contrario del governo. Condividi   Una lunga giornata nell’aula del Senato che si è aperta con dibattito sulle diverse posizioni per il caso Consip. In avvio di seduta il presidente di Palazzo Madama, Piero Grasso, ha letto una lettera del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, con cui il responsabile di via XX settembre ha sottolineato che il cda di Consip è ormai dimissionario. Con le "dimissioni da parte due consiglieri", era il contentuto della missiva, "si intende dimissionario l’intero cda". Subito dopo il capogruppo del Pd Luigi Zanda ha ipotizzato un rinvio del dibattito a dopo il 27 giugno, data in cui l’assemblea dei soci nominerà il nuovo consiglio, ma senza avanzare una richiesta ufficiale in questo senso. Le opposizioni si sono però dette favorevoli a procedere oggi stesso, come previsto dal calendario. "Non vedo le ragioni per non votare", così il capogruppo di FI Paolo Romani - per cui non votare le mozioni in esame". E Grasso, preso atto che la maggioranza dei gruppi si sono detti contrari alla proposta del Pd, ha avviato il dibattito.

Il Pd, assieme al resto della maggioranza, ha presentato una mozione unitaria che invitava l’esecutivo a procedere al più presto all’individuazione di un nuovo cda. Le opposizioni, viceversa, chiedevano l’azzeramento dei vertici muovendo pesanti critiche alla gestione della vicenda che vede coinvolti sia il ministro Lotti, renziano di ferro, indagato nella vicenda Consip per rivelazione di segreto d’ufficio, sia Tiziano Renzi, padre dell’ex premier. Con l’opposizione, anche Mpd: i bersaniani si sono sfilati dal votare con la maggioranza e hanno presentato una loro mozione per chiedere le dimissioni di Lotti, con l’invito a Gentiloni di ritirargli le deleghe. Grasso ha però dichiarato inammissibile la parte della mozione sulle deleghe da ministro. Mdp, attraverso il senatore Miguel Gotor, ha quindi presentato un nuovo testo per chiedere al governo di valutare comunque la posizione di Lotti: "E’ una vicenda spia delle caratteristiche del potere renziano", così ha arringato da sinistra. E, con loro, anche i cinquestelle: "Lotti non solo ha avuto le dita nella marmellata, era dentro la tinozza dello scandalo Consip. E’ coinvolto. Come si può pensare che non c’entri nulla?".

Cinque in tutto, tra quella di maggioranza e degli altri, le mozioni che erano state presentate e che sono state votate. La più "rumorosa", proporio quella di Mpd, che ha fatto dire al dem Marcucci: "Preoccupante questa presa di distanza dal governo, serve una verifica politica

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L’Aula del Senato presieduta da Pietro Grasso ha approvato la mozione presentata dalla maggioranza, a prima firma del capogruppo Pd Luigi Zanda, in cui si impegna il Governo «a procedere in tempi celeri e solleciti al rinnovo dei vertici della Consip». I sì sono stati 185, con 76 no e cinque gli astenuti. La mozione aveva il parere favorevole del Governo. L’Assemblea ha approvato anche gli impegni 1 e 3 della prima mozione che era stata presentata a Palazzo Madama sulla vicenda, il documento a prima firma Andrea Augello (Idea-Fl) sottoscritto da senatori di diversi gruppi. I sì sono stati 244, i no 17 e 11 gli astenuti. Anche su questi due impegni c’era il parere favorevole del Governo. Respinta con votazione separata la restante parte della mozione. Sono state respinte altresì le mozioni di Mdp (con 69 sì, 182 no e 16 astenuti) che chiedeva il governo di “valutare la sospensione delle deleghe” al ministro dello Sport Luca Lotti «fino al chiarimento della vicenda», di Si e della Lega. Su i tre documenti c’era il parere contrario del Governo.

Il nuovo quadro dopo le dimissioni del cda

«Il gruppo del Pd ha votato la mozione presentata dalla maggioranza e il dispositivo come riformulato dal senatore Augello perché, come ha detto il presidente Zanda, riteniamo che questa discussione sia nata in un quadro molto diverso da quello che si è determinato ora, dopo le dimissioni del Cda di Consip. Pensiamo che le mozioni che mettono in discussione i vertici di Consip non abbiano più molta ragione di essere, siano state superate dai fatti. Abbiamo votato invece la mozione Zanda-Mancuso- Zeller e il dispositivo della mozione Augello perché tengono conto del quadro nuovo che si è determinato, che guarda ai compiti della politica, del Parlamento e del Governo. Impegniamo il governo a rinnovare rapidamente il Cda di Consip, dopo le dimissioni dei consiglieri. Sollecitiamo un intervento sul management che produca un rafforzamento dell’attività e della funzione di Consip». Lo dice il senatore Franco Mirabelli, che parlando in dichiarazione di voto per il gruppo Pd nell’Aula del Senato, ha aggiunto: «i fatti dimostrano che non c’è stata mai la volontà di insabbiamento, abbiamo già discusso su Consip e votato a marzo, respingendo le mozioni sul ministro Lotti».

L’inchiesta

La società è controllata al 100% del Tesoro. Stamani in avvio di seduta il presidente di Palazzo Madama, Piero Grasso, ha letto una lettera del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in cui si sostiene che le mozioni sono di fatto superate, essendo «dimissionario l’intero consiglio». Il 17 giugno, infatti, i due consiglieri del Tesoro (il presidente Luigi Ferrara e Marialaura Ferrigno) si sono dimessi, facendo decadere anche il terzo, l’amministratore delegato Luigi Marroni che non si è formalmente dimesso. Il Partito democratico, tramite il capogruppo Luigi Zanda, aveva provato a rinviare il confronto a dopo il 27 giugno, data nella quale si riunirà l’assemblea della società. Grasso però ha tirato dritto e in serata è arrivato il voto. Lotti è indagato dalla Procura di Roma per rivelazione di segreto d’ufficio mentre l’imprenditore Tiziano Renzi per traffico di influenze. L’indagine, partita dalla Procura di Napoli e poi trasferita nella Capitale per competenza, riguarda un appalto del 2014 per un valore complessivo di 2,7 miliardi di euro. I magistrati indagano su una presunta mazzetta da 100.000 euro che sarebbe andata a un dirigente Consip.



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FABIO MARTINI

Con un’abile operazione a tenaglia il Pd è riuscito per qualche ora a spegnere i riflettori che stavano per riaccendersi sul filone «Consip-fuga di notizie» che chiama in causa l’entourage di Matteo Renzi, ma nei prossimi giorni il leader democratico sarà egualmente chiamato a gestire una vicenda che rischia di creargli nuovi grattacapi in termini di immagine. Per tre motivi. Il primo: una volta decaduti i vertici della Consip, teoricamente dovrebbe cadere qualsiasi ulteriore discussione parlamentare su tutta la vicenda, ma le opposizioni non sono di questo avviso e domani al Senato ci sarà bagarre sul caso.  

 

Secondo: l’oscurissima vicenda della quasi certa falsificazione di prove a carico del padre di Matteo Renzi sembrava avesse distolto centralità a un altro filone dell’inchiesta Consip, quella sulla fuga di notizie sull’indagine a suo tempo avviata da parte della magistratura. Un’attenzione che invece si è ora riaccesa, in particolare attorno all’enigma più insidioso: qualcuno dentro il governo sapeva dell’indagine sulla Consip e come ha fatto a saperlo? Oppure si è inventato tutto l’ad di Consip Luigi Marroni, che lo ha rivelato? E il terzo grattacapo che incombe sul Pd riguarda proprio Marroni, super-manager un tempo vicino a Renzi e ora costretto a dimettersi dall’azione concentrica del Pd e del ministero dell’Economia: prima o poi potrebbe rendere pubblico, almeno in parte, ciò che ha detto in un interrogatorio ai magistrati – di Napoli e di Roma - come persona informata dei fatti? 

 

A riaccendere i riflettori sulla vicenda Consip-fuga di notizie è stato un ordine del giorno presentato al Senato su iniziativa di Gaetano Quagliariello, il «dottor Sottile» del centrodestra, col quale si chiedeva il rinnovo dei vertici della centrale degli acquisti della Pa. Con una domanda di fondo: il governo crede all’ad Consip Marroni, che ha raccontato di essere stato informato dell’indagine tra gli altri dal sottosegretario Luca Lotti, braccio destro di Renzi? Oppure crede a Lotti, che nega? Un’ambivalenza sulla quale il governo è riuscito a galleggiare per mesi: da una parte il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che ha rinnovato due volte la fiducia a Marroni e dall’altro Luca Lotti, che ha fornito ai magistrati un versione opposta a quella dell’ad di Consip. Davanti all’iniziativa di Quagliariello, il gruppo Pd del Senato ha subito presentato una mozione dal contenuto simile. Come ha spiegato il senatore del Pd, il renziano Andrea Marcucci, «Consip ha bisogno di una governance rinnovata, autorevole».  

 

Ma sotto la guida di Marroni, Consip ha risparmiato in un anno la cifra ragguardevole di 3 miliardi e mezzo (l’entità dell’ultima manovrina) e dunque la mozione Pd equivaleva ad un messaggio: caro Marroni, non hai più la nostra fiducia, dimettiti prima di martedì, quando si discutono le mozioni parlamentari. Poiché Marroni non si dimetteva, le contestuali dimissioni del presidente Ferrara e della funzionaria del Tesoro hanno di fatto sciolto il Cda, costringendo Marroni a lasciare prima del fatidico martedì. Dice Gaetano Quagliariello: «Noi chiederemo che la questione sia discussa egualmente dall’aula del Senato».  

 

Il presidente dell’assemblea, Pietro Grasso, interpellato, ha risposto: «Ne discuteremo martedì alle 11…». Dal Pd trapela l’orientamento: le mozioni, una volta decaduti i vertici di Consip, non potranno essere votate. È questo il vero obiettivo del Pd, evitare qualsiasi votazione che chiami in causa indirettamente Matteo Renzi. Per i suoi avversari la battaglia regolamentare si concentrerà su questo punto: votare qualsiasi cosa pur di mettere in difficoltà l’ex premier. Ma Renzi lo sa e proverà a disinnescare la mina.

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(Aggiornamento delle 19:00. L’Aula del Senato ha approvato la mozione di maggioranza sulla vicenda Consip. Al testo Pd- Ap- Autonomie i sì sono stati 185, i no 76 e 5 gli astenuti. Non è passata la mozione di Mdp che in premessa chiedeva al Governo di valutare il ritiro delle deleghe al ministro per lo sport, Luca Lotti. I no sono stati 152 mentre i sì sono stati 69).  

 

Con un’abile ed efficace contro-manovra Matteo Renzi e il Pd in queste ore stanno riuscendo a contenere nell’aula del Senato il mini-processo che una parte delle opposizioni immaginava di imbastire nei confronti del ministro Luca Lotti sulla vicenda-Consip. Una vicenda nella quale, da mesi, si contrappongono due diverse versioni sulla presunta fuga di notizie relative ad una indagine a suo tempo avviata dalla magistratura. 

 

L’amministratore delegato della Consip Luigi Marroni ha sostenuto, davanti ai magistrati, di essere stato avvisato dell’inchiesta, tra gli altri, dall’allora sottosegretario Lotti, il quale a sua volta nega invece questa versione dei fatti. La lettera del ministro Padoan letta in aula, con la quale si dà conto della conclusione della vita attiva del Cda Consip e l’intreccio delle mozioni parlamentari attualmente in discussione nell’aula del Senato stanno portando ad un risultato gradito al Pd e alla maggioranza: l’approvazione di mozioni che chiedono nuovi vertici alla Consip, ma senza investire Lotti. 

 

Certo, se tutte le opposizioni voteranno la mozione riscritta del Mdp (che chiama in causa il ministro Lotti) lo scenario potrebbe cambiare, ma il clima rilassato della discussione sembra portare verso un risultato gradito al governo e in parte paradossale: la “condanna” del Senato per Marroni, l’ad che ha portato a risparmi enormi (3 miliardi e mezzo), unico personaggio non indagato dalla magistratura. Quello che si chiama il capro espiatorio.