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 2017  giugno 20 Martedì calendario

La Grande Muraglia a mani nude

La Grande Muraglia è una delle meraviglie del mondo, simbolo della Cina. Ma si calcola che un terzo dei suoi ottomila chilometri di fortificazioni sia andato perso nel corso dei secoli. Di recente ci sono stati anche casi di restauro scellerati, affidati a manovali inadatti a mettere le mani sulle antiche pietre. Ora però, a 70 chilometri dal centro di Pechino, è in corso un lavoro straordinario, condotto da un’équipe che recupera i mattoni franati o spezzati per l’usura dei secoli, sostituisce quelli mancanti ricostruendoli uno a uno, secondo i vecchi criteri di cottura e li ricolloca con pazienza e abilità: distinguere le parti restaurate è quasi impossibile.
Ci vogliono anche grande fatica manuale, doti da scalatori ed equilibristi, perché il tratto di muraglia a Jiankou è una serpentina di 20 chilometri tra monti che facevano parte della linea difensiva, tanto erano ripidi i loro fianchi. Non si arriva in auto o in camion a Jiankou, le squadre di restauratori salgono a dorso di mulo e poi si arrampicano sui vecchi camminamenti che una volta erano presidiati dagli arcieri imperiali. Jiankou in cinese significa più o meno «coda della freccia».
A differenza di altre sezioni della Grande Muraglia intorno a Pechino, come quella molto popolare di Mutianyu, dotata anche di una modernissima funicolare per il trasporto dei turisti, Jiankou è ancora selvaggia, coperta di vegetazione quasi impenetrabile che in alcuni punti ha avvolto i bastioni, insinuandosi tra i camminamenti; impossibile portare lassù macchinari e attrezzature pesanti. Gli operai si servono solo di picconi, scalpelli e pale e si issano sulle pareti scoscese con funi.
Il materiale viene trasportato a dorso di mulo: ogni animale è caricato con 150 chili di mattoni della stessa forma e materiale di quelli risalenti al 1600 circa, quando regnava la Dinastia Ming. Gli operai-restauratori hanno prima cercato tutti i mattoni originali caduti e dispersi nella boscaglia. Poi, per sostituire quelli mancanti, li hanno prodotti in fornaci della zona secondo la vecchia tradizione imperiale.
«Impieghiamo la stessa tecnica di costruzione di un tempo, per preservare il valore storico e culturale», ha detto alla Reuters Cheng Yongmao, l’ingegnere che dirige il restauro a Jiankou. Un lavoro che dura dal 2003 e ha permesso di ripristinare 17 dei 20 km di Grande Muraglia di Jiankou. Cheng, 61 anni, discende da una famiglia di fabbricanti di mattoni cinesi, si vanta di rappresentarne la 16esima generazione.
Gli uomini della squadra di restauratori passano lunghi periodi sulla sezione della Grande Muraglia affidata alla loro cura: ci vogliono tempo, fatica e coraggio per arrivare lassù e quindi spesso si mangia e si dorme in cantiere dopo i turni di lavoro.
Il nome cinese della Grande Muraglia è «Wanli changcheng», «Lunghe mura dei diecimila li» (il «li» è un’unità di misura tra i 415 e i 500 metri). La linea di fortificazioni fu iniziata sette secoli prima di Cristo, migliorata e resa gigantesca tra il 220 e il 206 a.C. per ordine del Primo Imperatore Qin Shihuang e poi ancora raffinata sotto le dinastie Han, Jin e Ming, fino al 1640 circa.
In origine si trattava di una struttura di terra, poi si aggiunsero pietre e rocce, mattoni. Si innalzarono torri di difesa e di avvistamento, camminamenti. L’efficacia della Grande Muraglia però, nonostante lo sforzo immane per erigerla, è stata scarsa: gli invasori nel corso dei secoli sono passati aggirandola o arrivando dal mare.
I danni maggiori non sono sati fatti da armate nemiche dell’Impero, ma dal tempo, dall’incuria e dal saccheggio. E di recente ci sono stati anche tentativi di restauro che hanno sfiorato il vandalismo. Come nella provincia settentrionale di Liaoning, dove è stata stesa una colata di cemento che ha trasformato il camminamento di pietre in una specie di marciapiede metropolitano. Un altro tratto è stato dipinto di bianco dai muratori: l’inchiesta ha accertato che i lavori erano stati affidati a una ditta di costruzioni abituata a tirar su case di campagna, senza alcuna esperienza nel campo artistico. «Noi i muri e le pareti li imbianchiamo, che male c’è?», hanno detto all’agenzia Xinhua.
A Jiankou invece si lavora con lentezza e precisione, per salvare la memoria storica della Cina.