Il Messaggero, 20 giugno 2017
Le ricette di Caterina De’ Medici, pilastri del gusto francese
Non fu una donna bellissima ma possedeva occhi così lucidi da impressionare chiunque avesse la ventura di avvicinarla. E fin da bambina amò le raffinatezze della cucina. Caterina dei Medici aveva quattordici anni quando Papa Clemente VII, suo parente, la dette in sposa al principe Enrico d’Orléans. La duchessina, però, oltre alla propria governante volle con sé a Parigi alcuni pasticcieri, tre cuoche provenienti dal Mugello e un gelataio di Urbino.
Quando la nave salpata da Portovenere nel settembre 1553 approdò a Marsiglia – racconta Leo Codacci in Caterina de’ Medici. Le ricette di una regina (Maria Pacini Fazzi editore, pp. 64, euro 4) – con la fanciulla dal sangue blu sbarcò anche la piccola corte di tavola, portando in Francia gli aromi del Casentino e di altre zone della Toscana. Caterina, con tutto il peso della sua influenza culturale, portò così alla corte francese i suoi cuochi dal Mugello i quali, secondo Pierre de Brantôme, «sapevano molto bene accoppiare le leccornie alla lubricità e a quanto e più la scienza medica conoscesse») portando nella gastronomia locale un’influenza profonda e duratura.
I PIATTI
Le donne di cucina avevano nella mente tutti i piatti che Caterina amava: la salsa colla, la zuppa di cipolle, la lingua in dolce e forte, il fegato farcito e altre specialità, tra cui l’anitra con il melangolo (o papero al melarancio), pietanza che fu subito declinata alla francese. Resa più bella nella presentazione, con un bicchiere di Cognac prese il nome di canard à l’orange, diventando il piatto dei piatti alla Corte dei Re di Francia. E così la salsa colla si chiamò béchamelle: così perlomeno se si compara questa preparazione rinascimentale con quella inventata dal cuoco di Louis Béchameil, maestro di casa di Luigi XIV. Conosciuta nel rinascimento come bianco mangiare, codificata come roux da Pierre de la Varenne (1651), questa salsa medicea (diventata balsamella nella nostra tradizione ottocentesca) divenne insomma una base per tutta la grande cuisine di Francia. Allo stesso modo la zuppa di cipolle diventò soupe d’oignons e le pezzole della nonna crepes alla fiorentina. Anche le modeste frittate presero il nome di omelettes.
Caterina, che da abile donna politica che raccomandava di discutere sempre con i piedi sotto la tavola, ci ha lasciato tante ricette e consigli di cucina: si va dai crostini di beccaccia alle braciole ripiene di frittata e mirtilli, passando per la minestra di cerfoglio, salmì di cacciagione, sformato all’antica e pasta margherita. Non perdetevi le dritte per preparare la garmugia, piatto segreto usato allorché si usciva da una malattia oppure quando si voleva consolare un povero, per la salvezza dell’anima. La zuppa primaverile che anche oggi fa gola ai buongustai consiste in erbe aromatiche e carni tritate, il tutto cotto a fuoco lento sulla brace. La carne di manzo macinata insieme a carciofi, fave, piselli, asparagi e al brodo, va servita in scodelle con dadolini di pane casalingo tostato.
Quando il Re fece eseguire l’assassinio del Duca di Guisa, Caterina tentò ancora di portare pace ma le febbri la portarono alla morte, il 5 gennaio 1589. La salma fu portata nella chiesa di San Donigi. Nel Diario dell’Etoile si legge: «La Regina che qui giace fu un diavolo e un angelo. Diede alla luce tre re e cinque guerre civili, fece costruire castelli e atterrare città. O passeggero, augurale Inferno e Paradiso». Ma per la bellezza della tavola la sua storia disse solo Gloria.